2. Discesa All'inferno (Pt. 2)

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Cominciò tutto con un lieve tremore del terreno, un brontolio sordo che sembrava lo stomaco di un gigante affamato. Le capre si sparsero in ogni direzione belando terrorizzate, ed ogni tentativo da parte dei bambini di calmarle fu vano; dalle chiome degli alberi nel bosco di sollevarono nugoli di uccelli, in un turbinio di piume e cinguettii isterici.

"Ma che succede?!" gridò Eren, che aveva afferrato un caprone per il collo più per avere un appiglio a cui reggersi che per riportarlo effettivamente verso il gregge.

"N-non lo so!" balbettò Armin, che, raggomitolato a terra, si reggeva la testa con le mani e aveva già gli occhi umidi di pianto.

Poi, così come era cominciato, tutto finì: la terra smise di tremare ed intorno ai due bambini, ormai vicini all'ingresso del villaggio, cadde un silenzio innaturale; persino il vento pareva aver smesso di soffiare.

"Torniamo a casa ora" disse Armin, con le gambe che ancora tremavano.

Eren riuscì soltanto ad annuire prima di cominciare a radunare le bestie sparse per la pianura, ma poi, di colpo, una forte esplosione squassò cielo e terra, facendo crollare i due bambini al suolo.

La testa di Eren pulsava fortemente quando rialzò lo sguardo dall'erba, ma a quel punto ogni traccia di colore scomparve dal suo viso pieno, lasciando il posto ad un colorito cinereo: dal villaggio a pochi metri di distanza si alzavano colonne di fumo e si udivano le grida disperate delle persone.

Sopra le teste dei bambini sfrecciò un drago dalle scaglie dorate e le ali immense.

Le capre fuggirono impazzite, ma né Eren né Armin se ne curarono: ciò che fecero fu invece correre verso le porte del villaggio, perché il fumo si alzava proprio nei pressi delle loro case.

Pochi fortunati erano già riusciti a dirigersi all'esterno, e nel panico urtarono i bambini senza nemmeno guardarli, mentre quelli lanciavano occhiate tutt'intorno sperando di scorgere il nonno o la mamma.

Tuttavia, fu solo quando ebbero superato lo steccato esterno che Eren ed Armin si resero conto di essere discesi all'inferno: demoni, c'erano demoni ovunque; volavano sui tetti delle case e piombavano addosso alla gente che usciva in strada, spuntavano fuoco o acido, graffiavano, mordevano, laceravano, sbranavano... Dove passavano, quei mostri si lasciavano dietro sangue e cadaveri; non uccidevano solo gli uomini, ma anche le donne e i bambini, e le loro fattezze erano tutte diverse: alcuni avevano le ali, altri le corna o la coda, altri ancora lunghi artigli affilati tanto da poter squarciare la carne come fosse burro.

Eren era sempre stato affascinato da quelle creature, perché rappresentavano l'ignoto, tutto quello che lui non conosceva, e la frontiera di un nuovo mondo da esplorare, ma adesso, mentre assisteva a quella strage, non riusciva a provare altro che terrore puro.

Un uomo gli venne addosso nella foga della fuga, mandandolo lungo disteso a terra; qualcuno gli pestò una mano e qualcun altro in polpaccio, prima che il bambino riuscisse a risollevarsi in piedi e a sgusciare all'angolo della strada.

Di Armin non c'era più traccia da nessuna parte, ma al momento la priorità di Eren era raggiungere casa sua e sperare che la mamma fosse sana e salva. Conosceva bene la strada: si infilò tra due case, svoltò una volta a destra ed una a sinistra, e poi, finalmente, eccola là: la sua casa con le pareti di mattoni ed il tetto di paglia era intonsa, sfuggita come per miracolo alle fiamme, anche se le patate nel campo erano tutte bruciate o calpestate.

Carla Jeager corse incontro al figlio quando lo vide arrivare: "Dammi la mano Eren! Dobbiamo andarcene subito!"

"Prendo i soldi in casa!" disse lui.

Sangue di demoni (Ereri) Where stories live. Discover now