Capitolo 3

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Il villaggio

"L'aria era ravvivata dal continuo chiacchiericcio del villaggio.

Solo due cuori parevano straziati in quella cornice gioiosa:

quello di Apollo* sofferente,

e quello di Artemide**, straziata dal pianto del fratello."

Il silenzio era calato tra i due giovani dopo quel profondo discorso. Il suono delle foglie calpestate ed il cinguettio degli uccelli li accompagnavano, mentre la meta si faceva sempre più vicina.

Jeongguk si lasciava guidare dal gitano, senza protestare, senza neanche osare guardarlo.
Taehyung, intanto, si martoriava le labbra, al pensiero di come presentare il moro al suo villaggio, non destando sospetti o pareri contrastanti: se anche una sola persona non avesse accettato quel ragazzo, avrebbe dovuto allontanarlo e non poteva permetterselo in alcun modo.
Era necessario.

La famiglia prima di tutto
Era la regola fondamentale su cui si basavano la pace e l'equilibrio della comunità, sostenuta dalle tradizioni e dai riti. Nessuno aveva mai osato infrangerla, nonostante ciò attirasse l'antipatia dei più giovani e rivoluzionari vogliosi di cambiamento.

Dopo una buona mezz'ora di camminata, Taehyung dovette affrontare la realtà: Jeongguk.
Si fermò poco prima di uscire dalla foresta, affinché nessuno li potesse notare, mentre lo educava.

"Jeongguk" chiamò e lui sussultò, alzando subito lo sguardo, pronto ad ascoltarlo con attenzione. L'espressione di Taehyung era talmente seria da intimorirlo. Deglutì.
"Siamo arrivati: il mio villaggio è oltre questi arbusti. Devi sapere alcune cose, prima di presentarti alla comunità e al capo villaggio"

Taehyung ammiccò a due rocce, abbastanza alte da fungere da sedute.
L'invito fu chiaro e il moro si accomodò, senza distogliere lo sguardo dal viso contratto del gitano.

"Devi essere accettato da tutti per rimanere al villaggio, altrimenti sarò costretto ad allontanarti e lasciarti solo nel bosco, e hai potuto constatare quanto sia pericoloso"
Jeongguk accennò una risposta positiva con il capo, rabbrividendo mentre Taehyung riprendeva a parlare: "Non mostrarti preoccupato, sorridi sinceramente, né troppo, né troppo poco. Inchinati profondamente in saluto: è segno di rispetto. Mostra sempre le mani, in modo che tu possa apparire indifeso e puoi dire anche di avermi aiutato con il lupo. Reggimi il gioco e andrà tutto bene, l'importante è non mostrarsi troppo agitati."

Per lui poteva parere qualcosa di semplice, ma un grande mal di testa aveva afflitto il cervello di Jeongguk che, nel sentire tutte quelle raccomandazioni, aveva sgranato gli occhi e schiuso le labbra in un'espressione sconvolta, quasi terrorizzata.
Si morse il labbro inferiore, guardando Taehyung con preoccupazione, per trasmettergli involontariamente le sue incertezze e le sue paure con gli occhi.

"Esattamente il contrario di questo, Jeongguk"
Il gitano sospirò, comprendendo perfettamente ciò che quella reazione significava.
Si avvicinò maggiormente al ragazzo, abbassandosi sulle ginocchia per incontrare i suoi occhi ed infondergli sicurezza, mentre la sua mano gli scompigliava i morbidi capelli d'ossidiana.

"Stai tranquillo. All'inizio ti starò accanto, poi ti lascerò nelle mani del mio migliore amico; è una brava persona e saprà metterti a tuo agio. Farò in modo che nessuno ti dia fastidio."
Taehyung sorrise, rimettendosi in piedi e rilassandosi, leggendo un po' più di tranquillità sul volto del moro.

"Dove andrai?" chiese rassicurato, ma ancora intimorito di affrontare i gitani.
Taehyung lo aveva salvato, iniziava a sentirsi al sicuro con lui e l'idea di separarsi da lui lo terrorizzava.
Il suo tono risultò ansioso e il castano lo guardò con apprensione, preoccupato che l'altro non potesse affrontare la situazione da solo.
Doveva credere in lui, non aveva altra scelta.

The Moonchild ballad|| vkookWhere stories live. Discover now