Capitolo 6

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Mattina.

"Il tenero cerbiatto annusava l'aria,
innocente ed ingenuo,
godeva dei raggi di Apollo,
si guardava attorno,
si crogiolava nell'erba fresca.

Il leone era a caccia.
Quale fosse la sua preda
era un mistero,
persino per il predatore."

L'odore di fumo era quasi soffocante, mentre una fitta nebbia appannava la sua vista. Assottigliava gli occhi, cercava di capire cosa stesse accadendo, da dove provenisse quell'eccessiva nube grigia.

Avanzava a tentoni, con una mano a coprirsi la bocca, il braccio alzato e l'avambraccio sulla fronte, in un vano tentativo di riconoscere le ombre che lo circondavano. Gli occhi iniziavano a bruciare, erano decisamente lucidi e qualche lacrima sarebbe ben presto scivolata lungo le sue guance, se non avesse trovato una via di fuga.

Si guardava attorno, eppure tutto pareva essere sommerso e nascosto da quella coltre. Non sapeva dove si trovasse, non riusciva ad orientarsi e l'ossigeno scarseggiava. Portò una mano sul petto, sentendolo dolere a causa del troppo fumo inalato. Un intenso male si espanse nei polmoni, tanto da farlo piegare in due.

Iniziò a tossire con violenza; era convinto che avrebbe sputato fuori il cuore, se avesse continuato in quel modo. Doveva essere solo, non poteva cercare aiuto. Non c'era nessuno a parte lui. Gocce salate iniziarono a scorrere lungo il volto, contratto dal dolore, mentre la bocca di spalancava, tentando di emettere anche il minimo suono.

Silenzio.

Avrebbe voluto urlare, chiamare dei soccorsi, salvarsi da quell'inferno asfissiante e caldo. Sentiva il sudore bagnargli la pelle ambrata, mentre il calore -proveniente da un probabile incendio- sembrava ustionarlo.

Le gambe non ressero per più di qualche altro minuto. Debole ed in carenza d'ossigeno, si accasciò su quello che pareva essere terriccio, battendo leggermente la testa e percependo una forte fitta sulla nuca. Le palpebre si facevano sempre più pesanti, il respiro ormai era corto, quasi del tutto assente.

Sarebbe morto, ne era consapevole, eppure non era stato neanche in grado di capire chi o cosa fosse il suo assassino. Si sarebbe spento lì, da solo, in una coltre di fumo omicida; eppure l'ultima sensazione che percepì fu una carezza fresca, accompagnata da un sussurro.

"Salva tuo figlio"

Gli occhi da cerbiatto del dolce Jeongguk si aprirono pigramente, incuriositi dal lieve rumore che animava la capanna. Portò un pugno sulla palpebra, massaggiandola, mentre metteva a fuoco la vista. Un lieve mugolio uscì dalle sue labbra e fu inevitabile l'allungarsi, per cercare di svegliare i suoi muscoli ben poco reattivi. Per qualche istante, prese in considerazione l'idea di tornare a dormicchiare beatamente, cullato dalla comoda branda di Taehyung, ma proprio l'immagine del gitano l'aveva spinto a sbarrare gli occhi e a mettersi seduto in un movimento veloce e scoordinato, ottenendo solo un giramento di testa in cambio.

Una roca e bassa risata giunse alle sue orecchie e lo sguardo cadde proprio sull'uomo dei suoi sogni, letteralmente. Un sorriso ebete ancora dipingeva le sue labbra, se ripensava a quella scena rivissuta tra le braccia di Morfeo: lui ed il castano circondati da centinaia di bolle di sapone, mentre si scambiavano un tenero abbraccio.

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⏰ Last updated: Apr 28 ⏰

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The Moonchild ballad|| vkookWhere stories live. Discover now