4| Piccole certezze

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L'amore fugge come un'ombra l'amore reale che l'insegue,

inseguendo chi lo fugge, fuggendo chi l'insegue.

-William Shakespeare


Marilla si piegò per aggiungere un po' di farina sul tavolo, poi cominciò ad impastare nuovamente con forza il miscuglio di elementi. Sapeva che non doveva lavorare troppo la farina o il dolce non sarebbe venuto buono, ma duro.
Glielo aveva insegnato sua madre. Come tanti altri piccoli segreti che Marilla custodiva.

Guardò Anne che sembrava aver visto la morte in faccia, con il volto appoggiato sul braccio mentre con l'altro gesticolava in aria.

«E così mi ha chiesto se volevo essere la sua compagna di ballo! Io! E Gilbert! Ci riesci a credere Marilla?»

Lei alzò lievemente gli occhi al cielo, sicura che Anne non la potesse vedere. Questo era uno di quei momenti in cui pensava che la ragazza avesse un'attrazione incontenibile per il dramma.

«Suvvia Anne, non ti ha chiesto nulla di strano. E' solo un ballo»

«Solo un ballo?» ripeté lei alzandosi di scatto. «Gilbert sa come la penso sulla questione e me l'ha chiesto comunque. E poi, non credo che a Ruby farebbe piacere»

«Oh andiamo» disse Marilla stendendo la pasta frolla con il mattarello. «ormai Ruby non ha occhi che per quel ragazzo, Moody»

Anne arrossì lievemente. Si scordava delle volte che nel suo parlare a vanvera, raccontava a Marilla particolari che poi le avrebbe fatto comodo non farle sapere.

«Va bene, resta comunque il fatto che non doveva farlo»

Marilla sistemò la frolla sul tegame tondo, picchiettando con le dita i bordi. Pensò a John Blythe, il suo grande amore. Aveva passato la vita ad amarlo da lontano e questo cosa le aveva portato?

«Credo che dovresti scusarti con lui Anne, non ha fatto niente di male se non essere un perfetto gentiluomo e tu sei stata scortese e rude.»

Anne la guardò e poi con un sonoro lamento si accasciò sulla sedia, la testa sulle braccia. «E' così, non è vero? Sono stata tremenda. Lui voleva solo essere gentile»

Marilla sorrise sotto i baffi. Poi iniziò a spalmare la marmellata di ciliegie. «Anne, niente paura. Puoi scusarti subito. Bash mi ha chiesto se puoi andare a guardare Delphine, questo pomeriggio.»

Ed lei emise un altro lamento sonoro.

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Restò con la mano sospesa per qualche secondo e poi prese un lungo respiro. Ma non riuscì a battere le nocche sul legno perchè Bash aprì di scatto la porta.

«Ah Anne, sei qui. Vieni dentro. Delphine è con Gilbert ma dobbiamo uscire entrambi»

Entrò nella casa come le venne detto e posò il giaccone beandosi del caldo del caminetto. Si sentì sollevata e al tempo stesso triste a quell'esclamazione.

«Io devo scappare, Delly ha appena mangiato per cui non serve che le dai nulla per adesso. Ci sono dei biscotti sul tavolo, ho provato a seguire la ricetta di Mary, mangiane pure quanti vuoi»

Poi con un saluto, sparì.

Anne si scaldò un attimo le mani davanti al fuoco e poi andò alla ricerca di Delphine. Entrò nella sua stanza con il passo leggero ma dall'espressione tesa di Gilbert capì che l'aveva sentita arrivare.

Nonostante il fastidio, Gilbert teneva la bambina tra le braccia con amore. Lei sembrava contenta e sgambettava con i piedini paffuti. Poi si allungò per posare una manina sulla sua guancia. Fu allora che Gilbert sorrise.

«Ciao Gilbert»

Lui si voltò e mise Delphine nella culla.
«Ciao Anna»

La piccola emise un lamento e poi cominciò a rialzarsi nella speranza di essere presa di nuovo.

«Senti Gilbert io ti volevo...» cominciò a dire, ma lui senza degnarla di uno sguardo la superò.

«Devo andare»

Anne si permise di sospirare solo quando sentì il portone sbattere. Poi prese Delphine e la fece addormentare.

Certo, era stata crudele e anche maleducata, come le aveva fatto notare Marilla. Ma Gilbert Blythe sembrava tirare fuori la parte peggiore di lei. Era come se una forza misteriosa la inabitasse quando lo vedeva.

Rimasta sola con i suoi pensieri, cominciò a far vagare un po' la fantasia. Tendenzialmente per distrarsi dall'andare nella sua stanza e frugare tra le sue cose. Era terribilmente curiosa, soprattutto quando si trattava di lui.

Si avvicinò al tavolo in cucina e mise in bocca un biscotto fatto da Bash, per poi sputarlo subito dopo.
Pensò a Mary, che sicuramente avrebbe riso e poi lo avrebbe rimproverato, e con un sospirò gettò i biscotti nel secchio e li cominciò a fare da capo.

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Gilbert passò tutto il viaggio in treno in silenzio, convinto che la sua nuvola di malumore -che aveva sempre una sfumatura rossastra, non sapeva spiegarsi perché- lo avrebbe seguito ovunque.

Anche quando entrò nell'ufficio del dottore e poi si accomodò accanto a lui per studiare alcuni casi di routine, restò chiuso nel suo silenzio selettivo.

Si alzò solo per andare a prendere un té e incrociò Winnie, che stava canticchiando un motivetto da sola. Fu allora che, come illuminato, ebbe l'idea.

«Ciao Winnie»

«Oh ciao a te, Gilbert» disse lei sorridendogli da sotto le lunghe ciglia nere.

«Tu frequenti la scuola a Roseville, non è così?»

Lei sembrò lievemente incuriosita dalla domanda ma annuì, poi si allungò per poggiare il mento sulle mani. «Certo. Perchè?»

Gilbert tentennò un solo secondo, prima di chiederglielo.
Pensò ancora ad Anne e al suo bruto rifiuto.
Poi domandò a Winnie se volesse essere la sua compagna al ballo, certo che almeno lei gli avrebbe detto sì.

La resilienza del cuoreWhere stories live. Discover now