Capitolo 9

273 16 2
                                    

-Penelope-

#FLASHBACK

-Penelope sbrigati o farai tardi alla gara- grida mia sorella Rachel dalla cucina 

 -ARRIVOOOO-  ribatto io facendo rimbombare la mia voce in tutta la casa. Quel giorno avevo la gara di pattinaggio artistico: mi ero classificata per le regionali, mi bastava solamente arrivare secondo posto e sarei passata alle nazionali. Avevo solo 12 anni , mentre mia sorella ne aveva 19. La mia vita era perfetta... e i miei sogni erano più "normali". Sognavo di entrare a far parte della squadra di pattinaggio artistico di Chicago, per poi potermi classificare per le Olimpiadi. Ero ambiziosa, e molto determinata. 

- Hai preso tutto piccola peste?- mi domandò -Si- -Anche i pattini?- -Certo, mammina- le risposi io sogghignando -Dai smettila, sai quanto mi dia fastidio quel soprannome- mia mamma e lei non avevano un bellissimo rapporto... fin da sempre mia mamma è sempre stata molto protettiva nei suoi confronti e lei, beh una ragazza ribelle che non stava alle regole imposte dalla sua mamma. -Beh tu mi hai chiamata Penelope, odio quel nome- -OK, OK PHOBE, forza andiamo-

Aveva una cabriolet rossa, Rachel se ne intendeva di auto; quella macchina fu un regalo di nostro padre per i suoi 18 anni. Ormai Rachel ne è ossessionata!

Arrivammo alla palestra del ghiaccio poco prima che la gara iniziasse. -ehi piccola peste... ho qualcosa per te- mi disse lei nascondendo qualcosa dietro la schiena -chiudi gli occhi e apri la mano destra- feci come mi aveva detto e pochi istanti dopo sentii la sua morbida mano poggiare sul mio palmo una catenella, un portafortuna, o meglio il suo portafortuna - Ma Rachel, è il tuo...- -Ora non più sorellina, adesso appartiene a te: non importa quanto saremo distanti, io sarò sempre qui con te, accanto a te, nel bene e nel male. - disse facendo cadere una lacrima di emozione. Quel ciondolo era una sorta di gioiello di famiglia: tutte le donne della mia dinastia se lo sono passato, è il simbolo delle Duncan, una mezzaluna racchiusa in una sorta di albero spoglio, non ne conosco il significato ma mia mamma mi ha detto che lo scoprirò quando sarà il momento. -Rachel, perché piangi?- -Perché sono fiera della mia piccola Phobe- disse lei asciugandosi nella manica della sua felpa viola preferita. Mentiva, ma allora non lo avevo capito. -Ti voglio bene sorellina...- -ti voglio bene Rachel...- -DALL'ARRIVO DI IMBOLC FINO A SAMHAIN- dicemmo insieme tenendoci per mano. La abbracciai. Lei mi strinse forte a me, come se quella fosse l'ultima volta. Sapeva di lavanda mista al sapore del giglio. Quel profumo lo adoravo. 

-Addio sorellina- sussurrò lei. Finsi di non sentirla, o meglio al tempo non ci avevo dato peso. 

-Penelope- sentì di nuovo quella voce. Apro gli occhi e mi ritrovai nel mio letto d'ospedale, con il mio solito quaderno degli schizzi, dei miei disegni. Controllo l'ora sul mio telefono: erano le 2.15 della notte. Avevo appena fatto un altro dei miei soliti incubi, ma stavolta sembrava così reale, capita talvolta che mi svegli dai miei incubi e abbia in mano il mio quaderno con il disegno di ciò che ho appena sognato, ma mai ricordo di averlo disegnato, proprio come ora. Sul mio disegno noto una ragazza distesa a terra, con la mano tesa verso la porta per chiedere aiuto, quel disegno sembra parlare, sento il fiato della ragazza sparire, il suo cuore battere lentamente, noto che sulla porta della stanza c'è scritto 283D... la stanza di Stacy. Ho sognato la sua morte. Sono ancora in tempo per impedire che accada. 

corro verso la stanza di Stacy, non mi importa di nulla, solo impedire che lei muoia. 

Apro la porta con tutta la forza che mi è rimasta in corpo. Davanti a me vedo il letto di Stacy e davanti al suo letto un'infermiera che sta per iniettarle in corpo un liquido trasparente: una voce dentro di me dice che quello è veleno, un veleno che ti impedisce di respirare

- Allontanati da lei- grido io all'infermiera -Phobe Turner... che sorpresa- ridacchia lei mostrandomi i suoi occhi neri come la pece. -sei un... demone- -Esatto cara, sai i miei fratelli, hanno fallito la loro missione, ma io non fallirò- dice scaraventandomi contro il muro del corridoio senza neppure toccarmi. 

Ero bloccata, volevo urlare ma quel demone mi stava impedendo di parlare, non so come, ma sembrava che io non  avessi più un filo di voce in gola, stavolta quella parte di me che mi faceva paura ma mi aveva sempre salvato non venne fuori, ed io sapevo che sarei morta. 

Cominciò a soffocarmi con il pensiero, non avevo più aria nei polmoni e sentivo tutte le mie forze abbandonare il mio corpo, forse quella del disegno ero io...

- Hei demone figlio di puttana, perchè non te la prendi con quelli come me- Urla una voce maschile dal fondo del corridoio.

-Dean Winchester, che piacere vederti- -Il piacere è tutto mio stronzo- disse quest'ultimo tirando fuori una pistola. 

- Pensi che quel giocattolo da 4 soldi mi possa uccidere?- domanda il demone ridendo. -Questa no, ma quello si- ribatte il ragazzo indicando qualcuno di familiare dietro al mostro: il demone si volta, venendo infilzato dal... il signor Thompson? Iniziò ad ansimare e ad emettere una luce rossa dagli occhi dalla bocca, finché morì del tutto. Sento i miei polmoni riempirsi di nuovo di aria e la forza che mi teneva al muro sparire, facendomi cadere al suolo. 

Mi risveglio, di nuovo in quel letto d'ospedale: mi ci potrei abituare! Accanto a me trovo due figure che mi stanno osservando, una sta seduta alla mia sinistra, l'altra si trova ai piedi del letto con le braccia incrociate e gli occhi fissi su di me. Sono il mio supplente di letteratura e il ragazzo della pistola. -Sei sveglia- dice il secondo. Non so se fidarmi o meno, potrei urlare aiuto... ma che dico! ti hanno appena salvato la vita. penso tra me e me... -Voi chi siete?- -Io sono Sam Winchester e lui è mio fratello maggiore Dean; non sono un supplente ... vedi noi siamo cacciatori- -Cacciatori? non capisco- avevo già sentito quella parola prima, e forse era arrivato il momento giusto per darle un significato -Io e mio fratello Sam cacciamo demoni, mostri: lupi mannari, vampiri, streghe, mutaforma, wendigo... beh la lista è lunga ma penso che tu lo sappia bene, anzi forse meglio di noi due- risponde acidamente il ragazzo dall'aria attenta... Dean aveva capelli biondi scuro, spettinati, due grandi occhi verdi come il fratello, verdi come le praterie dell'Irlanda, quel verde in cui fatichi a non perdertici dentro... - Che cosa vorresti insinuare?- ribatto io temendo la sua risposta, ma viene subito zittito dal fratello. 

-Mio fratello intendeva dire che sei ricercata da dei demoni, sai perché potrebbero volerti morta?- -no... ma so che accadono cose strane qui, e non so nemmeno più distinguere la realtà dall'immaginazione, sto impazzendo. Ho sempre pensato di essere strana ma non ho mai pensato che dei demoni desiderassero la mia morte, so solo che rivoglio la mia vita normale!- esplodo io tutto d'un fiato. -Non stai impazzendo, questa è la realtà... vedi tu non sei umana,insomma l'altro giorno ti ho visto trasformare una rosa rossa in una rosa blu, ho visto come hai ridotto il demone che ti aveva rapito portandoti nel seminterrato, ho visto i tuoi occhi...- mi disse dolcemente con aria tranquilla il ragazzo che aveva vegliato su di me in quei giorni in ospedale. -i miei occhi?- -si, i tuoi occhi viola- a sentire quella frase mi gelò il sangue... avevo sempre saputo di essere strana, diversa, ma non avrei mai pensato di essere una di loro, un mostro. 

rimango un attimo in silenzio

-Che cosa sono io?- domando io ai due sconosciuti

- Non lo sappiamo- risponde Dean Winchester incollando i suoi occhi su di me, quegli occhi che avevano visto tanta cattiveria nel mondo, tanto terrore, quegli occhi mi giudicavano un mostro. 

ANOTHER ME  // SupernaturalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora