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Blinding Lights •

Mio zio mi ha messo in un'altra suite al piano superiore a dove ero prima, ma più vicina a lui.
Dire che non ho chiuso occhio per tutta notte è un eufemismo. Sono stata con gli occhi spalancati, impaurita che qualche altro drone possa tentare di uccidermi, ma non si è presentato nessuno. Crollo in un sonno profondo verso le cinque di mattina con in mente le parole non dette di Pietro.

«Non andrò da nessuna parte senza di te e mia sorella, piccolo fiore selvatico.»

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Mi risveglio alle due del pomeriggio, in pieno giorno. Schiudo le palpebre ma la luce accecante del sole mi fa strizzare gli occhi dal fastidio. Mi alzo dal letto e raggiungo l'open space che collega salotto e cucina dove trovo seduti sul divano mio zio, che sta dormendo in piedi. Neanche lui avrà dormito per niente, troppo preoccupato che potesse succedermi qualcosa.

«Buongiorno zio.» mormoro all'uomo, facendolo sussultare dallo spavento prima di rivolgermi uno sguardo.

«Devi smettere di farmi venire infarti, devo ancora scrivere il testamento!» prova a scherzare l'uomo, prima di sbadigliare.

«Zio, sei rimasto sveglio tutta la notte, non è vero?» chiedo, avvicinandomi all'uomo che scrolla le spalle.

«Dovevo essere vigile se qualcuno tentasse di nuovo di ucciderti. Anzi, adesso che mi ci fai pensare, devo trovare una soluzione a questa brutta situazione e anche al più presto.» risponde, deviando poi l'argomento.

«Ti faccio un caffè.» dico, preparando la moka del caffè, anche se ormai è ora di pranzo.

«Grazie, sei proprio un tesoro!» ringrazia l'uomo, raggiungendomi in cucina, sedendomi su uno sgabello.

Regna per un attimo il silenzio, ma nella mente di mio zio c'è il caos più totale e io purtroppo riesco a scorgere gran parte dei suoi pensieri e delle sue preoccupazioni.

«Qualcuno degli Avengers deve badare a mia nipote, non posso perdere anche lei dopo mia sorella... so già chi può, si è già dimostrato valoroso e pronto ad aiutarla ieri.»
«Pietro Maximoff, è lui che guarderà le spalle alla mia bella nipotina, anche se qualcosa tra i due sta già nascendo... so che posso fidarmi di lui, quindi glielo dirò.»

Colgo l'ansia nei suoi occhi nonostante faccia finta di essere tranquillo e naturale. Da quando riesco anche io a leggere i pensieri e le emozioni, sono piuttosto frastornata e rifletto spesso a dove posso aver ereditato questi poteri.

«Zio, che ti sei fatto al braccio?» chiedo, appoggiando una mano sul suo arto leso dalla battaglia col drone di ieri.

«Oh, non è niente, è solo un graffio fatt-» ma si interrompe quando nota che gli ho rimarginato la ferita. Mi fissa, sbalordito e io gli rivolgo un sorriso imbarazzato.

«È pronto il caffè.» annuncio prima che possa dirmi qualcosa. Faccio colazione in silenzio, sentendo i monologhi mentali che sta facendo mio zio.

«Meriti anche tu un po' di felicità, piccola mia.»

Senza farmi vedere dall'uomo, mi lascio sfuggire un sorriso, capendo quanto sia preziosa per lui.

«E da quello che ho visto, qualcuno lo è già.»





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Raggiungo la palestra dove ieri si allenavano gli Avengers trovandola stranamente vuota. Mi guardo attorno, confusa per dirigermi verso gli spogliatoi. Sulla soglia della porta, analizzo la stanza, notando un paio di scarpe di ginnastica e una maglietta.

𝙒𝙞𝙡𝙙𝙛𝙡𝙤𝙬𝙚𝙧  ❃ 𝙋𝙞𝙚𝙩𝙧𝙤 𝙈𝙖𝙭𝙞𝙢𝙤𝙛𝙛 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora