Capitolo 9: Sento qualcosa

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I raggi del sole entravano deboli dai vetri della finestra appena socchiusi di Baker Street.
Erano circa le 8 e mezza di mattina.
Il dottore aprì con difficoltà gli occhi, sbatte leggermente le palpebre un paio di volte e girò il busto, facendo sprofondare il viso nel candido cuscino. Sentiva la testa pesante, la gola secca e uno strano senso di nausea.

"Mi sa che ho esagerato con gli alcolici ieri sera"

Mentre stava prendendo piano piano coscienza dell'ambiente attorno a lui, si accorse di qualcosa sotto il suo collo. Si alzò leggermente con il busto e notò il braccio del detective, che terminava verso destra con una debole stretta di mano fra i due. Il dottore ritrasse immediatamente la mano, sciogliendo quel debole tocco e girò la testa verso sinistra dove vide il corpo del detective girato verso di lui, ancora con i vestiti della sera precedente.

"Cosa diamine-"

«Ah sei sveglio John, buongiorno~» Esordí sereno il più giovane sorridendo, interrompendo i pensieri del dottore.

«G-Giorno Sherlock» rispose l'altro ancora intontito, fregandosi gli occhi «Tutto bene il braccio? Da quanto tempo sei in questa posizione?»

«Circa da un'ora» rispose con tranquillità e, dopo aver notato lo sguardo allibito e preoccupato del più grande continuò «Lo sai che generalmente dormo poco. E poi tu dormivi così profondamente che avevo paura di svegliati. Il braccio è ok.»

Il dottore si mise seduto scrutando la figura interrogativa dell'amico.

«Allora abbiamo dormito insieme, eh?» esclamò ridendo e diventando leggermente rosso fino alle orecchie «Abbiamo bevuto così tanto ieri sera per finire in questo modo?» e continuò a ridacchiare, portandosi una mano in volto e sfregandolo appena appena.

«Bè tu eri più ubriaco di me, praticamente hai bevuto l'immaginabile! Se siamo finiti nello stesso letto è perché quando ti ho trascinato nella tua stanza era molto tardi, quindi mi sono subito addormentato -a contrario tuo che invece eri già morto» continuò ironico «Avendo bevuto di meno oggi sto bene. Stai ancora un po' nel letto e riprenditi, ti porto su la colazione»

Il biondo non ebbe neanche il tempo di ribattere che il moro aveva già chiuso la porta dietro di lui, pronto a portare a termine la gentilezza appena affermata.

Si lasciò andare nel letto con il viso verso il soffitto cercando di ricordare qualcosa di quella serata ma nulla. Non ricordava niente.

Dopo alcuni minuti di ponderazione sulla serata, sentì il dovere di alzarsi; non era da lui farsi portare la colazione a letto.
Sceso di sotto trovò il moro all'interno della cucina, come accennato, che oltre a preparare il solito tè si stava dilettando con la preparazione di uova e pancetta.

«Perché sei sceso? Ti avrei portato di sopra la colazione» domandò il più piccolo notando la presenza dell'ex soldato.

«Tranquillo, posso anche mangiare qui, sto bene»

A quella frase si formò un'espressione interrogativa da saputello nel volto del detective che venne notata dal dottore a cui però non ci diede molto peso. Sherlock aveva sempre ragione, non si poteva competere con lui.

«Non fare quella faccia! Sono un dottore io, so quando sto bene!»

L'amico -dopo aver rigorosamente alzato gli occhi al cielo- porse il piatto con la colazione e la tazza di tè caldo al dottore, che intanto aveva trovato posto nel tavolo al centro della sala. Stava accendendo il suo computer, per controllare le mail come ogni mattina.

«Nulla di nuovo?» Esordì Sherlock prendendo posto al tavolino con una mano sotto al mento.

«Niente»

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