La luce attraversava pigramente le veneziane in legno chiaro infastidendo il figlio di Ade che, sbuffando, si rigirò e infilò la testa sotto il cuscino.
Aveva caldo, si sentiva tutto appiccicoso e sentiva gli occhi ancora molto pesanti e gonfi.
L'odore di alcol, disinfettante e di qualcosa di non definito penetrò nel suo naso facendolo mugugnare.
Lentamente aprí gli occhi; ci mise un po' a mettere a fuoco la stanza in cui si trovava poiché tutto girava ancora un po'.
Diverse tende erano tirate per separare i letti da ospedale. Era in infermeria.
Si mise seduto; la testa gli girò ulteriormente e l'odore di ospedale non fece altro che aumentare la sua nausea.
Si chiese come fosse finito lì.
L'ultima cosa che ricordava era la morte di Ottaviano o forse la conversazione con un figlio di Apollo. Cosa gli aveva detto? Di passare in infermeria per riposare. E poi? Poi non si ricordava più nulla. Solo nero e voci soffuse in lontananza.
Il suo stomaco brontolò e gli venne una fitta. Da quanti giorni non mangiava?
Osservo l'ambiente circostante sedendosi comodo a gambe incrociate, poggiando la schiena contro il poggiatesta.
Le pareti erano di un giallo pallido, che lo facevano solo sentire più malato, e il pavimento era di un parquet di legno scuro che lo incupiva.
Alla sua destra, oltre la tenda, Nico udì dei respiri profondi e dedusse che qualcuno stava ancora riposando.
Il suo stomaco brontolò nuovamente. Nico si chiese dove finissero tutti i figli di Apollo quando c'era bisogno di loro.
Si girò e vide una cassa in legno e pelle, più simile ad un piccolo forziere, che probabilmente aveva lo scopo di sostituire un comodino. La aprí cercando di non perdere l'equilibrio e di non cadere dal letto, facendo meno rumore possibile per evitare di svegliare l'altro semidio, e vide all'interno la sua spada in Ferro dello Stige.
Si chinò per raccoglierla, ma fu bloccato immediatamente.
- Cosa abbiamo detto?
Un ragazzo biondo si pose tra la sua mano e la cassa, chiudendola con forza. E addio ai buoni propositi di fare silenzio, pensò il ragazzo.
- Niente.
Nico si mise ad osservarlo. Il figlio di Apollo aveva i capelli di un bel dorato, gli occhi di un azzurro così chiaro da ricordargli il cielo e un fisico abbronzato e scolpito. In quel momento aveva anche due grandi occhiaie che denotavano la sua mancanza di sonno.
- Spiritoso, Di Angelo.
Lo stomaco del figlio di Ade brontolò per la terza volta, proprio un attimo prima che lui potesse rispondere.
- Ti porto subito da magiare.
Il biondino si voltò da dove era venuto senza togliere alcun dubbio all'infortunato.Al quinto hamburger, Nico stabilì di essere sazio.
Si sentiva un po' a disagio. Aveva passato tutto il pranzo con gli occhi del biondino puntati addosso.
- Che ci faccio qui?
- Ti avevo ordinato di riposarti. - Rispose lui bonariamente, sorridendogli.
Il figlio di Ade alzò gli occhi al cielo. Troppa gentilezza gli dava il voltastomaco. O forse erano i cinque panini.
- Di mia spontanea volontà non sarei mai venuto. Che è successo?
Nico notò il suo infermiere giocare con l'orlo della maglietta arancione, palesemente imbarazzato. Notò anche che in volto, sotto l'abbronzatura perfetta, stava leggermente arrossendo. Si chiese il perché.
- Mi sei svenuto addosso mentre parlavamo.
Nico provò a ripensare alla scena, ma non gli venne in mente nulla.
- Quando?
- Subito dopo il combattimento contro Gea.
Il figlio di Ade osservò nuovamente l'ambiente circostante. Per essersi appena conclusa una battaglia contro un gigante, si disse, c'erano davvero pochi infortunati.
- Quanto tempo fa?
- Tre settimane.
Il corvino lo fissò per sbigottito un istante, poi si ricompose, si alzò in piedi, aprí la cesta, prese la sua spada e si diresse verso la porta.
- Dove vai?
Il ragazzo non gli rispose e proseguí dritto.
Will gli si parò davanti. - Dove diamine stai andando?
- Nella mia cabina.
Il biondino lo fissò accigliato. - Di Angelo, torna immediatamente al tuo posto.
- Non mi serve un medico.
Un giovane ragazzo, sui tredici anni, li raggiunse.
- Austin, non ora. - Lo rimbeccò Will.
Lui, intimorito, si mise in disparte ad osservare la conversazione.
- Solace, ti ringrazio, ma non ho bisogno di niente.
Il ragazzo, però, non si mosse di un passo.
- Sono il tuo dottore e ti ordino di tornare immediatamente al tuo posto.
- Altrimenti?
Il viso del figlio di Apollo stava nuovamente diventando rosso e stavolta non era a causa dell'imbarazzo.
- Altrimenti ti ci porto di peso.
Nico sperò che stesse scherzando. Odiava il contatto fisico e tendeva a diventare violento se qualcuno provava a toccarlo. Mise la mano sulla sua spada, ma al figlio di Apollo bastò un lieve calcio ben piazzato per disarmarlo. Sapeva che non poteva toccare il Ferro dello Stige, perciò spostò la spada con la suola delle sue infradito e tenne la spada bloccata col piede.
- Sei debole.
Nico la prese come un offesa personale. Chi era quello stupido figlio di Apollo per dire a lui, figlio di Ade, che era debole?
- Non è vero. - Continuò serrando i pugni e digrignando i denti.
- Beh - a parlare fu qualcuno alle loro spalle. - Ti ha disarmato con un calcio. Neanche tanto forte.
A parlare era stata Piper McLean, la figlia di Afrodite.
Nico pensò fosse strano che, dopo tre settimane, fosse ancora ricoverata.
- Pip, sto benissimo.
Will fece una smorfia che il corvino notò immediatamente.
- Niccoló Di Angelo, non costringermi ad usare la lingua ammaliatrice.
Piper l'aveva chiamato con il suo nome completo. Questo, per lui, era davvero un colpo basso. L'ultima persona ad averlo chiamato per nome e cognome era stata sua madre, Maria Di Angelo, più o meno settanta anni prima e nessuno sapeva il suo nome completo oltre a lei e a Bianca. Si domandò come Piper conoscesse quel dettaglio della sua vita tanto personale.
Silenzioso, raccolse la spada, si girò, lanciò l'arma all'interno della cassa e si sdraiò nel suo letto.
Alle sue spalle, Nico udì un flebile "grazie".
- Will.
A parlare era stato un impaurito figlio di Apollo che aveva osservato la scena in silenzio.
- Si, Austin? - Il biondino si diresse verso il corvino e aprí la tenda separatrice.
- È sveglio. Dovresti proprio prenderti una pausa.
- Ma...
- Vai a dormire. Ci penso io.
Will annuì e, senza neanche salutare, si allontanò dalla stanza.
- Potevi essere più gentile con lui. - Disse Austin, un po' seccato, avvicinandosi. Era chiaro che fosse infastidito dagli insulti che il figlio di Ade aveva rivolto a suo fratello.
- Non. Mi. Toccare.
Il tono di Nico era carico di rabbia, era pronto a scattare come una molla.
- Ma devo controllare...
A prendere parola fu Piper, che salvò nuovamente la situazione.
- Austin, lascialo stare, si è appena svegliato. Ci penserà Will.
Il ragazzo annuì intuendo qualcosa che a Nico sfuggi e si allontanò dalla stanza.

KAMU SEDANG MEMBACA
Un po' di sole nella morte - Solangelo
Fiksi PenggemarSi è appena conclusa la battaglia contro Gea e Nico di Angelo si ritrova in infermeria. Non ricorda nulla di quello che è successo dopo la morte di Ottaviano, ma sa di per certo che odia essere al centro dell'attenzione. Odia pure il fatto di esse...