16.

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ANNE

Rimasi seduta su quella scogliera fiabesca per non so quanto tempo. Avevo scoperto questo magnifico e pacifico posto lo stesso giorno dell'assurda litigata con Can. Avevo bisogno di staccare, di stare lontano da tutti e da tutto e nulla mi calmava ormai più del mare. Il rumore delle onde che si infrangeva contro gli scogli, la leggera brezza fresca e il profumo del mare mi trasportavano in una dimensione lontana e diversa.

Vivevo in Turchia da più di tre mesi ormai e di questo bellissimo Paese non avevo ancora potuto ammirare nulla, oltre al mare e allo scorcio di vita lontanissimo che potevo vedere da qui. Con Erkan non avevo mai ben capito dove vivesse, in quale città, ma ora sapevo di vivere a Istanbul. Istanbul era anche conosciuta in passato come, oltre a Bisanzio e Costantinopoli, la Nuova Roma e questo mi sembrava quasi l'ennesimo scherzo del destino. Il clima mi ricordava molto quello di Roma, anche se era leggermente più mite; infatti, nonostante fosse novembre vestivo non troppo pesante.

Osservando con occhi socchiusi il panorama che mi abbracciava, pensavo a come era cambiata tragicamente la mia vita.

Ero sola. Ormai sicuramente ero considerata morta nel mio Paese, dato che nessuno avrebbe denunciato la mia scomparsa. Coop era morto, quindi non avrebbe potuto e Fabrizio forse sarebbe tornato a casa in questi giorni o forse tra due mesi; poco importava. Quando sarebbe arrivato sarebbe stato troppo tardi per avviare delle ricerche e così sarebbe stato solo anche lui: suo padre era ancora vivo ma da dopo l'incidente i rapporti si erano incrinati parecchio ed eravamo rimasti solo io e lui contro il mondo.

A volte mi chiedevo se forse meritavo tutto questo. In una vita passata o forse in questa avevo compiuto delle cattive azioni e questa era stata la mia punizione. Pensavo che aver visto i miei genitori morire potesse anche bastare, dato il dolore che provo ogni giorno dal quel maledetto giugno di sette anni fa, invece a quanto pare dovevo subire anche tutto questo.

Mi alzai, mi pulii i pantaloni e mi avviai verso "casa", facendo attenzione a non inciampare o scivolare sulle grandi pietre. Passai attraverso il bosco incantato che circondava la dimora, inginocchiandomi ogni tanto a raccogliere alcuni fiori per i miei profumi e le mie creme.

Giunsi alla terrazza illuminata dal sole che rifletteva sull'acqua della grande piscina. Rubino era intento ad apparecchiare la tavola, sempre attento come me a mettere le cose nel modo più ordinato e perfetto. Mi piaceva il fatto che si mangiasse quasi tutti i giorni fuori, grazie al buon clima di cui parlavo prima

Quando si accorse del mio arrivo, smise di fare quello che stava facendo e mi accolse con il suo piccolo inchino. Glielo avevo già detto in tutte le salse che non volevo che mi salutasse in quel modo ma niente, gli entrava da una parte e gli usciva dall'altra.

"Tutto bene Milady?" Chiese con premura, osservandomi dritta negli occhi.

Annuii e gli arrivai vicino, dandogli alcuni dei boccioli che non mi servivano. "Posso chiederti di metterli in acqua, mi piacciono molto ed hanno un buon profumo." Gli domandai con un sorriso.

"Certamente Milady. Intanto porto anche il pranzo." Mi informò, avviandosi verso l'ingresso.

"Posso andare a prenderlo io. Così ti do una mano..." Proposi, incrociando i suoi occhi grigi.

Mi guardò come se dovessi sapere già la risposta, che effettivamente conoscevo. "Milady sa che Sua Grazia mi ha caldamente invitato a tenerla a debita distanza di sicurezza dalla cucina o da tutto quello che riguarda il cibo." Mi ricordò, con un'aria leggermente divertita.

"E dai, lütfen. Siamo solo io e te, potrei mai avvelenarti il pranzo? Tu sei gentile con me a differenza sua." Cercai di intavolare un argomento, sperando di riuscire poi ad arrivare a chiedergli ciò che veramente volevo.

𝗦𝗔𝗕𝗕𝗜𝗘 𝗠𝗢𝗕𝗜𝗟𝗜 {𝙲𝚊𝚗𝚎𝚖}Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin