112. Solo mio

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Abbiamo vinto!

Sto urlando? Sto urlando. 

Ivan mi sta ancora abbracciando, steso su di me, e lo stringo anch'io. 

Si flette verso l'alto con le mani, mi guarda. Per un attimo ricordo San Pietroburgo, e l'ultima notte a casa sua. È solo un attimo, un'immagine fugace. Ivan parla. «Doveva finire così» mi dice, «con un punto ultrabellissimo.» 

Sono euforico. Ci rialziamo in piedi, stringiamo le mani agli avversari, e non riesco a descrivere come mi sento. Euforico. Forse è l'aggettivo giusto, ma mi sembra troppo poco. Mi trema il diaframma dall'emozione, mi sembra che tutto sia possibile, che tutto avrà un lieto fine, che io e Ivan, in questo momento, siamo la cosa più bella che esiste al mondo, e tutti si girano per guardarci, quando passiamo, com'era quella canzone?

Anche l'angolo è caloroso. Ci abbracciano, ci danno pacche sulle spalle, il solito, è tutto confuso nella mia testa, confuso e immerso nella felicità. Vorrei che questo momento non finisse mai. Oppure vorrei che si ripetesse, altre migliaia di volte, nel mio futuro. Vorrei provare sempre questa gioia, quando vinco, è come ho sempre sognato di sentirmi da quando ero piccolo, come ho sempre sognato di essere e non sono mai stato.

«C'è intervista», mi dice Ivan, indicando la cronista che ci attende in mezzo al campo, in compagnia della mia interprete.

«Aspetta, d-d-devo mettere l'orologio. Altrimenti la Rolex mi multa.»

«Ah! Anch'io!» E cosa tira fuori dal borsone se non l'orologio Lego che gli ho regalato due anni fa? Rido, vedendolo. Ivan è l'unico tennista top ten a non avere una casa di orologeria che lo sponsorizza, e il motivo è che vuole indossare a tutte le conferenze quello stupido orologio Lego. «Mi ha offerto contratto Rolex, Tag Heuer e Omega, grandi soldi, ma io ho detto no! Non voglio togliere orologio Lego» mi ha detto una volta. «Mamager ha provato a chiedere soldi a Lego, ma a Lego non frega niente di fare sponsor tennis. Allora faccio sponsor io a loro, gratis.»

Mi sono sentito un po' in colpa, perché le aziende di orologeria pagano molto bene, ma a lui non sembrava importare: «Peugeot, Adidas e Yonex pagano già molto buono!»

È proprio la prima cosa di cui parla all'intervistatrice, appena arriviamo da lei. «Hai visto che bell'orologio?» le dice, in inglese. «Indovina chi me l'ha regalato?» 

«È l'orologio che indossi in tutte le conferenze stampa» commenta lei. «Non lo so... tua madre? Quando eri piccolo?» 

«No» risponde Ivan, e sembra quasi scandalizzato. «Me l'ha regalato Misha.» 

Ivan mi indica, e la cronista sorride. «E qual era l'occasione del regalo?» mi chiede. 

E mette il microfono sotto al mio naso. 

È un gesto che non fa mai nessuno, tutti sanno che parlo solo la lingua dei segni. Chissà perché l'ha fatto? Abitudine ad avere a che fare con altri tennisti? O forse ha letto le mie intenzioni prima ancora che le leggessi io? Perché sì, ho intenzione di parlare, stasera. Di usare la mia voce. Non mi importa della mia balbettanza, sono felice, sono con Ivan e non mi vergogno di niente.

«Ivan si lamentava di non avere ancora un orologio che lo sponsorizzava, e io gli ho regalato questa cosa per prenderlo in giro. E lui l'ha presa sul serio!»

Ci impiego un po' a dirlo, e mi sento arrossire, come spesso mi capita quando parlo per la prima volta in pubblico, ma arrivo in fondo. La giornalista ride, e ride anche Ivan: «Certo che l'ho preso sul serio! È il miglior orologio della mia vita!»

«Sembrate andare molto d'accordo» dice la giornalista, «e sul campo sembravate una coppia che gioca insieme da anni. Come avete trovato questa affinità?»

Play (BoyxBoy)Where stories live. Discover now