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-b.m

La Parsons affacciava su una delle strade più trafficate di NYC, la 5th Avenue, e contava mezzo miglio dalla metropolitana. Quando calava la sera, il blu scuro del cielo era perfettamente in contrasto con luci ancora accese delle aule. Mettendo piede fuori, sul marciapiede, Elizabeth si sentiva fece pervadere dalla folla di persone che camminava, dall'aria fredda e dal rumore delle auto che correvano veloci sulla strada.

Fece un bel respiro, sorridendo alla vista di quel pezzo di città in cui era inglobata. Risistemò lo zaino sulle spalle e s'incamminò verso la metro. Ma nemmeno il tempo di voltarsi, che una mano le si poggiò sulla spalla, facendola sussultare. Si tolse subito le cuffiette, girandosi.

"Hai finito le lezione almeno 50 minuti fa, come mai sei uscita così tardi?" Kamio si trovava a meno di un metro da lei, con la mano adesso in tasca. La guardava con un mezzo sorriso, per niente felice, di quelli che si fanno per circostanza.

"Non solo bugiardo, ma pure stalker. Quanti altri segreti nascondi Kamio?" Il tono risultò più leggero di quanto si aspettasse.

"Troppi per svelarteli in una sera, ma da qualche parte dovrò pur iniziare. Kamio è il mio secondo nome, qui nessuno mi chiama così semplicemente perché non lo conoscono. Non pretendo nulla, solo un po' del tuo tempo." Era stato deciso, forse un po' affrettato, ma, sul finale, un cenno di tentennamento l'aveva avuto.

"Come hai avuto i miei orari?"
"Non è così difficile accedere al sito e trovare gli orari del primo anno."
"Che ne sai che facoltà ho scelto?"
"Eri troppo determinata ad entrare in fashion design che hai attraversato l'oceano per realizzare il tuo sogno. Non ti saresti accontentata di nient'altro."

Elizabeth inspirò profondamente e quasi si convinse di fronte a quel Kamio, meno dedito all'ascolto e più pro-attivo. Arrivarono alla conclusione che lei lo avrebbe ascoltato solo se avessero mangiato un hot-dog. Si trovarono a passeggiare per il quartiere di SoHo, mangiando quanto concordato e fermandosi di tanto in tanto per permettere ad Elizabeth di scattare qualche foto.

Parlarle non gli risultò così difficile come aveva immaginato, in fondo loro avevano sempre parlato, ma mai di se stessi. Non avevano mai rivelato più del dovuto, tenendo ben protetti quelli che, per entrambi, risultavano essere argomenti dolenti.

Decisero di fare un gioco, quello in cui a turno si fa una domanda e si risponde sinceramente. Elizabeth acconsentì quasi strozzandosi con la soda che stava bevendo, poi annuendo, gli sorrise.

"Dove sei nato?"
"In Messico."
"Immaginavo un posto esotico, ma non avevo pensato al Messico. Avrei dovuto capirlo dalla limonada."
"Ci sei mai stata?"
"No, ma è sulla mia lista. Adesso tocca a me, che hobby hai?"

"Da quando mi sono trasferito quasi nessuno, mentre in Messico adoravo fare surf e cucinare. Dio, il cibo laggiù...non come questa merda qui!" Disse indicando l'hot-dog mangiato per metà.

Poi prese il cellulare e, scorrendo nella galleria, le mostrò le foto che aveva scattato qualche anno prima, quando era tornato per far visita a un amico: ritraevano paesaggi naturali, spiagge dorate e qualche surfista. Poi fiori, strade colorate e acqua cristallina.

Elizabeth non incontrò il suo sguardo mentre era intento a fissare ogni foto, raccontandole il momento che aveva immortalato. Ma non aveva potuto fare a meno di notare il sorriso che si allargava man mano, e gli occhi che brillavano alla luce dello smartphone.

Parlò tanto Kamio quella sera, e quasi si stupì al suono della sua voce che man mano diventava roca, tanto che era secca. Ma si stupì ancor di più quando osservava Eliza ascoltare, senza interromperlo; aspettava che il suo flusso di pensieri terminasse, faceva passare un paio di secondi per assicurarsi che avesse finito, e magari rispondeva, formulando qualche idea a riguardo. Dopo quel gioco, non aveva fatto più domande, ma in realtà lei non ne aveva mai fatte. Aspettava che lui si rivelasse, a tempo debito, senza spingere.

Elizabeth quel giorno capì che a Kamio mancava qualcosa. Andava oltre il suo solito essere introverso, che magari lo bloccava dal trovare qualcuno con cui sfogarsi, e andava oltre la semplice diffidenza nel conoscere qualcuno di nuovo, come lei. Magari, era malinconia del passato o nostalgia della madrepatria. Ma era qualcosa di più che una semplice emozione, sentiva che soffriva della mancanza di qualcosa di più concreto.

Elizabeth si affacciò pericolosamente su quella vista, lanciando un occhio oltre ciò che era e si trovò difronte ciò che era stato: vide le sue di mancanze, che in passato aveva cercato invano di colmare, capendo poi che a certe cose ti devi solo arrendere. Aveva paura del vuoto Eliza, di quello che poteva sentire dentro a dare accesso a certe consapevolezze. Era stata sempre in corsa, inseguendo la volontà di andare lontano quanto più possibile dalla responsabilità di provare le emozioni, e prenderne le conseguenze.

Poi, tirandosi indietro, riprese aria e s'accorse che, alla fine, lei le mancanze le aveva accolte, e non la facevano sentire vuota, anzi. La riempirono, fino a farla scoppiare. Che piangesse, ridesse, non dormisse, ascoltasse musica fino a non sentire più il mondo, aveva deciso di smettere di correre. Si inginocchiò davanti alla morte, e la morte divenne sua amica.

"Torniamo a casa?" Elizabeth lo guardò di traverso, non capendo a cosa si riferisse. Kamio, rendendosi conto dello sguardo confuso della ragazza, continuò.
"Ti posso accompagnare a casa?"

Era la seconda volta che Elizabeth si trovava nella sua auto, ed entrambe erano successe in meno di quarantotto ore. Quasi gli venne da ridere guardandola: data la sua altezza, la testa non arrivava al poggiatesta del sedile, e la vide sistemarsi ripetutamente per far arrivare lo sguardo oltre il cruscotto, arrendendosi dopo poco.

Eliza lo guardò mentre accendeva l'auto ed ingranava la marcia, con quel sorrisetto che era più simile ad un ghigno sarcastico che ad un'espressione forzata. Di riflesso sorrise anche lei, alzando solo gli angoli della bocca, abbastanza da far risaltare le gote.

Sotto il condominio dove Elizabeth abitava con le sue coinquiline, Kamio parcheggiò l'auto e sospirò. Il tragitto era stato accompagnato da un silenzio completamente diverso da quello del giorno precedente, più simile a quelli che condividevano sul rooftop. Un silenzio pacifico a cui fece da sfondo un album di Jaymes Young.

"Grazie per avermi accompagnata a casa."
"Grazie per avermi ascoltato."
"Quando vuoi."

Le sorrise e inevitabilmente i loro occhi s'incatenarono, erano profondamente diversi: quelli di lei erano chiari, tendenti al verde, a volte parevano diventare grigi. I suoi, invece, erano di un marrone scuro tanto quanto i suoi capelli. Diametralmente opposti.

Lui non li perse un attimo di vista, anche quando lei abbassò per un attimo lo sguardo, riportandolo sù subito dopo. Impercettibilmente iniziò ad avvicinarsi a quegli occhi, piegando di poco il busto nella sua direzione. Sentiva il respiro farsi più corto, man mano che l'attrazione che sentiva per quelle pozze limpide lo tirava giù. Le labbra erano a pochi centimetri di distanza le une dalle altre quando si fermò: teneva lo sguardo fisso sulla curva del suo sorriso e si beava della fragranza calda e zuccherina che gli invase le narici.

Non sentiva niente, o meglio, sentiva tutto il silenzio di cui era carico quel momento, senza farsi distrarre da inutili domande. Come la prima volta, non l'aveva premeditato, ma adesso aveva una nuova consapevolezza in sé, sentiva che era - in qualche senso contorto - giusto.

Pregustava il sapore delle sue labbra avvolte su quelle di Eliza, quando gli poggiò una mano sul petto e, senza applicare pressione significativa, lo fermò da qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere da quel momento in poi.

"Cosa fai?"

Quelle due parole fecero crollare tutti i castelli in aria di Kamio, che s'era perso nell'ardore del momento precedente a quello che avrebbe voluto realmente vivere. Si rianimò subito dopo, senza scomporsi. Era ancora piegato verso di lei, sentiva la mano gelida attraverso la camicia e la guardava fisso in un modo che ad Eliza parve reale, un tipo di sguardo che ha consistenza, formato da sensazioni, parole e desideri, tanto da farti credere di poterlo toccare, di poterne sentire la densità con tutto quello che contiene.

Non capì cosa lo scosse da quello stato di trance, che lo fece sedere composto nel sedile e riportare le mani sul volante, lo sentì anche tossire un paio di volte. Non lo capì perché era caduta anche lei nello stesso stato, a trovarselo così vicino. Si avvicinò verso di lui, e non si rese conto di come si contrassero i muscoli a quel repentino movimento, lasciandogli un bacio sulla guancia rasata.

"Buonanotte Kamio."
"Buonanotte Eliza."

ultra-HNWIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora