Un arrivo turbolento.

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Voce narrante.
Sira rimase nel corridoio, per un lasso di tempo infinito.
Era immobile nel punto dove poco prima aveva parlato con suo padre.

Ella ripensava allo sguardo che egli aveva impresso nel volto, ed era spento come una notte senza stelle.
Conosceva suo padre come il palmo delle sue mani, e quell'espressione racchiudeva rancore e dispiacere.

Voleva parlare con lui, anzi lei doveva parlargli.

L'ultima volta che lo aveva lasciato solo non era finita tanto bene, ed ella, al solo ricordo di quello che avevano passato,  la spinse a percorrere le scale e scendere dal piano per raggiungere il padre.

Ma appena imboccó il corridoio del salotto, si pietrificó sul posto.

Seduti sul divano, accanto all'albero di Natale, vi era suo padre in compagnia di Remus Lupin.

La ragazza dilató gli occhi quando il suo ex professore incatenó lo sguardo alla sua figura.

Sira non gli parlava dal giorno che gli aveva dato del codardo, non si era pentita del suo discorso, ma non poteva negare a se stessa che era stato un fardello dirgli quelle parole.
Ma lei aveva detto solo la verità e il suo pensiero; cosa c'era di sbagliato in questo? E perché, all'improvviso, un terribile senso di colpa si fece spazio nel suo petto?

Sira's pov.
"Remus" sussurro con voce inclinata.

Non mi aspettavo di vederlo, soprattutto dopo quello che gli ho detto; ed anche se era la verità, ho un terribile senso di colpa, un macigno nel petto.

Non lo vedevo e non lo sentivo da prima che tornassi ad Hogwarts, e ora non ho parole per dire o fare nulla.
Sono congelata!

Lui mi osserva e con egli mio padre, mentre il mio sguardo guizza a tutti e due.

Che faccio? Dovrei lasciare correre su quello che ci è successo? Oppure rimanere fredda finché non si decide che amare Dora è la cosa giusta?

Ma è Natale, e che festività sarebbe se in famiglia ci sono dissapori? In questo periodo non dovrebbero nemmeno esserci, perché ogni momento può essere l'ultimo che trascorriamo insieme.

Ed io non voglio questo; è pur sempre mio padrino in fondo, l'unico che mi è stato vicino quando credevo di essere da sola.
Si potrebbe dire che è stato la mia prima figura paterna, prima di mio padre.
Perché è così difficile e complicato essere una buona figlia e figlioccia senza sapere se stai sbagliando oppure no? Qual è giusto o sbagliato? Cos'è reale o finto?

La verità è che non lo so nemmeno io sono le nostre scelte a dire cosa siamo, noi possiamo solo intraprenderle ed abbiamo due probabilità:
la prima è di scottarci oppure rimanere illesi; però in questo momento guardando Remus, mi rendo conto che  tutto quello che sto dicendo sia inutile, perché è adesso che dovrei fare qualche mossa e non mi viene in mente niente! Non so se andargli incontro, abbracciarlo, chiedergli scusa, lasciando da parte il mio orgoglio.
Oppure lascio le cose come stanno, ed essere me stessa.
Ma io vorrei che lui comprendesse la sua scelta sbagliata di vivere nell'idea che potrebbe fare del male a qualcuno, quando in realtà, secondo me, non è così.
Il suo essere lupo mannaro lo ha fatto chiudere di nuovo in se stesso quando, prima di quella notte del trentuno ottobre del millenovecento ottantuno, aveva tutto.

"Ciao, Sira" mi dice Rem, mentre io rimango immobile e con lo sguardo ancora inchiodato al suo.

Il mannaro inclina la testa per vedere una mia reazione, ma io non muovo un muscolo ne tantomeno preferisco parola.
È come se qualcuno mi avesse tolto il dono di parola, ho tante parole chiuse in me e non riesco a tirarle fuori.

Figlia di un prigioniero parte seconda.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora