PROLOGO

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ALICE                                                                               
                                        PROLOGO

Sono distesa sul letto, la testa appoggiata sul cuscino, fisso il soffitto bianco sbiadito, vorrei poter dormire, chiudere gli occhi e non pensare più a niente, ma non ci riesco.
Faccio respiri profondi e rumorosi, immagino la mia band preferita: i Backstreet Boys. Cantare a squarciagola le canzoni per tentare di sovrastare ogni rumore mentale, ballare fino ad avere i capelli incollati al collo e  sulla fronte, iniziare ad avere il fiato corto, la voce roca...riesco quasi a rilassarmi.
< È una sua scelta ciò che farà Simon... lo sai. > sento dire da mia madre.
< No Diana! non se ciò che farà... sarà un bel niente! > urla mio padre dal salotto.
< Perché dici questo...sai che ha talento >
< Come se servisse avere solo quello...non combinerà un bel niente! Te lo dico io...>  
< D'accordo, dopo proverò a parlarle > cerca di tranquillizzarlo.
 Sento i pesanti passi di mio padre farsi strada per la casa, un silenzio quasi assordante e "BOM" una porta che sbatte.
Mi sporgo per prendere il telefono dal mio comodino, metto le cuffie alle orecchie e sulle note di "In my head" di Jeson Derulo cerco di mettere a tacere tutti i pensieri.
Iniziano a calarmi le palpebre quando sento bussare alla porta.
 < Tesoro è pronta la cena > entra mia madre con sguardo assente, troppo presa anche lei dai suoi pensieri, ha i lunghi capelli lisci raccolti in uno chignon, una tuta da notte blu e uno sguardo stanco e rassegnato.
< Scusa mamma, ma non ho molta fame! >
< Tuo padre non c'è > dice come se avesse capito il motivo per il quale non mi andava di cenare. Scendo dal letto con passo pesante e mi dirigo in salotto.
Io e la mamma siamo l'una di fronte all'altra, in silenzio, si sentono solo i fastidiosi rumori delle posate che vengono poggiate sul piatto. Rimango a testa bassa tutto il tempo per evitare qualsiasi tipo di conversazione, ma la cosa non sembra essere servita.
< Allora...> rompe il silenzio lei < ti piace? > mi fa segno con la testa verso il mio piatto ripieno di pasta al sugo.
< Si, buona > di nuovo silenzio < avanti mamma > sbuffo < cosa devi dirmi >
< Niente...> abbassa lo sguardo
< Vi ho sentiti a te e papà prima...che litigavate per me, di nuovo... >
< Non stavamo litigando, stavamo... >
< Discutendo, sì sì > la precedo io.
< Sai quanto ci tiene a te tesoro, vorrebbe solo che tu ti iscrivessi ad un'università  più importante, che ti consenta di trovare lavoro sicuro... >
< Ho già scelto ciò che voglio fare >
< E se facendo l'università di fotografia non riuscissi a concludere niente? >
< Sarà un problema mio > sbotto

Da un anno a questa parte, da quando hanno saputo che università mi sarebbe piaciuta fare, in casa non regna più la tranquillità. Con mio padre è un continuo litigare, non ricordo neanche più l'ultima volta che siamo riusciti ad avere una conversazione normale, la mamma è dalla mia parte, lo so, ma mio padre sa essere davvero persuasivo quando vuole, facendola sentire in colpa  e litigando continuamente.
Non possono sapere quanto sia liberatorio e importante per me, andare in giro, con in mano,
 la mia macchina fotografica e scattare, scattare ciò che l'occhio umano non percepisce a primo impatto, ciò che da per scontato, o ciò che non vuole vedere, catturare ogni attimo, colore, emozione, rendendo quell'istante eterno.
Vorrei potermi sentire libera, ma ora... mi sento in trappola, in trappola come un'immagine  appena scattata.

L'ARTE DI UNA PROMESSA (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora