56. Aluvé

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Oggi Nuij mi ha lasciata in uno dei miei posti preferiti, tra i giganteschi gambi del boschetto di funghi fluorescenti che cresce in una delle innumerevoli grotte naturali tra i cunicoli. Potrei passare ore a fissare le lamelle sotto agli ingombranti cappelli di questi organismi, col naso all'insù, appoggiata a quelli che sembrano quasi i tronchi degli alberi, anche se nemmeno dovrei sapere cosa siano.

Amo questo posto soprattutto perché è pervaso da una luce ultraterrena che varia spesso tra il verde e l'azzurro senza una vera e propria logica; Nuij dice che è il canto dei funghi a far loro cambiare colore.

Quando vuole, quel punito sa essere poetico.

Comunque, alle creature che abitano i cunicoli questo boschetto non piace, perché spesso i funghi emettono delle spore che causano allucinazioni pericolose per delle menti semplici.

Io mi ci diverto un casino e la magia mi permette di restare abbastanza lucida per evitare di allontanarmi. Le immagini che vedo quando mi lascio sopraffare sono vivide e mi ricordano davvero tanto i sogni che accompagnano la melodia del liuto.

Spesso appare un'immensa distesa d'acqua che so essere un mare, poi un'isola, sempre la stessa, su cui sorge una bianchissima città che si estende verso il cielo e che mi riporta indietro a quando Varodil mi ha maledetta. Altre volte, invece, ci sono una montagna, dei passaggi stretti molto simili ai cunicoli e una palla di fuoco blu che cade dal cielo.

La cosa che più mi attira di queste allucinazioni, però, è che la grotta sembra risplendere sotto al sole.

È irrazionale, visto che non sono mai stata colpita dai suoi raggi e so perfettamente che i miei occhi non sono fatti per sopportarne la luce intensa, ma è più forte di me. Anno dopo anno, è come se la superficie mi chiamasse con una prepotenza crescente e non so per quanto potrò resistere.

Vivere in compagnia di Nuij mi piace, visto che siamo entrambi di poche parole e ormai c'intendiamo anche solo scambiandoci sguardi significativi, però io non posso passare l'eternità da sola con un punito, vagando senza meta e mangiando quello che lui cattura.

Ormai sono arrivata a sperare di incrociare il cammino degli altri abitatori delle tenebre, giusto per passare qualche momento diverso dal solito. Io e Nuij siamo una bella coppia, visto che la sua forza fuori dal comune gli permette di sovrastare buona parte delle creature che condividono i cunicoli con noi e, be', io con la magia lo aiuto parecchio. Si contano sulle dita di una mano le volte in cui siamo stati costretti a fuggire perché l'aberrazione in cui ci eravamo imbattuti superava le nostre capacità e ora rido a ripensarci.

Sarebbe stato interessante scoprire il sapore di quel verme gigantesco o di quello strano essere tentacolare che ci ha sorpresi nei pressi di uno degli stagni naturali dove eravamo soliti ristorarci... adesso non ci andiamo più.

«Axsa.»

La voce gutturale di Nuij mi fa abbassare la testa; ormai non mi sorprendo neanche più quando arriva con fare silenzioso. È abile a non farsi sentire, ma da quando gli ho fatto delle scarpe con la pelle di lucertola striata la sua furtività è addirittura aumentata. Ci ha messo quattro anni a decidersi a smettere di andare in giro scalzo e accettare i vestiti che gli ho fatto, ma ora che non è più semi nudo sembra molto meno spaventoso.

Anch'io mi sono arrangiata con le pelli delle sue prede e della mia vecchia vita è rimasto solo il mantello nero, che non ho alcuna intenzione di abbandonare.

Il punito mi ha raggiunta e ha buttato davanti a me un intricato groviglio di rovi, tenendo sulla spalla il cadavere di una grossa talpa glabra che gli sta ancora sgocciolando il sangue sui vestiti. Nuij non se ne cura, limitandosi a indicare il legno con un grugnito.

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