12. Shi'nnyl

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Il mantello di Alanmaeth sembrava più agitato rispetto all'ultima volta; le stelle si muovevano rapide nell'infinito cielo notturno e illuminavano il prato pianeggiante coi loro tenui bagliori. L'aria era statica e la temperatura stazionaria in uno stato ottimale.

O forse era Axsa che aveva perso la capacità di sentire il caldo e il freddo.

Si ritrovò in piedi sull'erba, circondata dagli spiriti. Si sentiva com'era sempre stata, ma al contempo del tutto diversa. Per istinto abbassò lo sguardo a fissarsi le mani e ciò che vide la spiazzò: la carnagione scura non era opaca come al solito e la pelle pareva in qualche modo più omogenea, priva d'imperfezioni. La tunica nera con cui aveva viaggiato sin lì era tornata integra e le ciocche di capelli bianchi che le ricadevano davanti alle spalle non erano più spettinate e sporche, ma lisce e brillanti, quasi a voler concorrere con la luminosità dei corpi celesti.

Axsa provò a inspirare per riflettere meglio, tuttavia quel semplice gesto la scandalizzò, poiché si rese conto che non aveva più bisogno di ossigeno, che non c'erano battiti a scaldarle il petto o sangue a scorrerle nelle vene. Persino i piedi poggiati su quel manto erboso la tenevano in piedi, ma non le suscitavano nessuno stimolo, come se non fossero davvero lì.

Niente, non sentiva nessuna sensazione provenire da quel corpo che indubbiamente era suo, ma che mai lo sarebbe stato.

Era quello ciò che si provava nell'essere uno spirito?

Un immenso, pressante e terrificante niente?

No, no, si sbagliava... c'era qualcosa, sì, in fondo, qualcosa che cresceva istante dopo istante assieme all'ansia di non poter neanche iperventilare, nonostante quel corpo fittizio ne stesse mimando il gesto.

C'era il potere. Era il suo o quello degli elfi oscuri? Era quello ereditato dal suo retaggio o proveniva da Varodil?

Da Alanmaeth?

Quel potere c'era, sì, adesso, ieri, tra mille anni.

Quel potere c'è.

Ci sarà, forse?

Come?

No; non sarà, non è, non era la domanda giusta.

Quando?

Nel Tempo.

Uno schiocco di dita sarebbe bastato a donarle immagini del futuro, un giorno qualsiasi in un posto qualsiasi; un battito di ciglia, la caduta di una foglia a increspare uno stagno dall'altra parte del pianeta, ed ecco le immagini mutare.

Non c'è certezza, non ci sarà costanza, non c'era utilità nel guardare all'insicurezza del domani. Il passato, invece, quello sì che aveva radici e lei lo vide, tutto. Ogni secondo di ogni giorno di ogni anno in ogni piano esistente, Axsa lo visse in prima persona, dal momento in cui Alanmaeth aveva strappato il suo mantello di stelle per generare Celenwe e Ilimroth, la vita e la morte; le sue prime figlie, sì, prima del caos.

Axsa lo sapeva, era successo tremilacentoquarantadue anni prima del preciso momento che stava vivendo adesso, ma non era importante.

Ciò che contava era che sette spiriti erano davanti a lei e non la stavano guardando, poiché le loro teste erano puntate in alto, persino quella di Varodil. Axsa doveva ignorare il passato e il futuro o ci si sarebbe persa all'interno, compromettendo tutto ciò per cui aveva lottato.

Li imitò e comprese al volo il motivo dei loro volti tesi, visto che alle sue spalle si apriva un buco nel terreno nel quale era possibile scorgere la grotta nell'arcipelago del caduto e sopra di esso stava fluttuando Celenwe, seria e immobile.

Maledettaحيث تعيش القصص. اكتشف الآن