271. Epilogo

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Nubi basse e grigie coprivano i pallidi raggi di un sole invernale che, però, senza di esse sarebbero stati abbastanza per infastidire la vista di Shi'nnyl. L'elfa oscura camminava sulla via innevata seguendo la scia lasciata dalle ruote di un carro; si era guadagnata il pesante mantello di lana che indossava facendo da mercenaria per parecchi anni, soprattutto a Nortin.

Non aveva zaini con sé, solo la borsa da cintura in cui teneva gli Zuli d'oro e d'argento utili alla sopravvivenza nel suo costante pellegrinare. Da poco aveva smesso di nevicare e, per osservare la sfilza di bassi edifici di legno che si susseguivano nella periferia di Pastow, Shi'nnyl aveva deciso di abbassarsi il cappuccio lasciando che i lunghi capelli biondi increspati dall'umidità le ricadessero lungo la schiena.

Negli ultimi trentacinque anni era diventata così brava con l'incantesimo per mascherare il suo vero aspetto che ormai vedersi con la pelle chiara era un'abitudine, anche se ancora si schifava un po' quando la gente la chiamava elfa.

Quell'anno era speciale perché aveva da poco compiuto i suoi duecentosettantun anni e, cancellando dalla linea del suo tempo i due secoli in cui era stata Maledetta, era come se fosse appena diventata adulta.

Adulta per davvero.

Sorrise, abbassando lo sguardo sulla strada che si era fatta scivolosa; crescere era stata un'esperienza quasi mistica, abituata com'era al suo corpo da bambina, e quando era giunta ad avere l'aspetto di una ragazza tutto si era fatto semplice. Nessuno aveva più messo in dubbio la sua idoneità a lavorare come guardia del corpo o cacciatrice di taglie, nessuno l'aveva più derisa e, anzi, le avevano persino proposto di entrare a far parte della nascente accademia di magia di Reah.

Era stato un po' triste rifiutare, ma le sarebbe stato impossibile nascondere il vero colore della sua pelle e le caratteristiche peculiari, se fosse rimasta a lungo in un unico posto.

Shi'nnyl non aveva più il problema dell'essere una bambina, ma sarebbe stata per sempre un'elfa oscura e la superficie non era pronta ad accettare un'esponente della sua razza.

Poco male, la magia l'avrebbe sempre aiutata a nascondersi in piena luce e finalmente era giunto il momento di smettere di viaggiare da sola. Negli ultimi anni, grazie alla visione che lei aveva loro donato senza volerlo, i cultisti di Varodil, Galadar e Deladan avevano raccontato ai quattro venti la vera storia della creazione, della caduta delle lacrime e dell'ascesa dei tre elfi che ne era conseguita.

Ora qualsiasi mortale della superficie sapeva chi era stato Galadar, chi era Sa'shandriel e, beh, il culto di Eatiel, la nuova Dama dell'equilibrio, si stava espandendo in tutte le terre.

A volte a Shi'nnyl era venuta voglia di infilarsi in quei discorsi e dire che era tutto vero, che lei l'aveva conosciuta quand'era una mortale e, sì, era proprio buona e generosa come la dipingevano le ballate dei bardi.

Soprattutto del più famoso.

Il canto della rosa e del drago di Allan Drayt era stato copiato e ricantato da una valanga di menestrelli, ma Shi'nnyl non aveva mai avuto il piacere di ascoltarlo dalle labbra del suo creatore.

Non fino a quel giorno, almeno.

Era adulta, ormai, quindi era giunto il tempo di rincontrare l'unico umano che avesse mai significato qualcosa nella sua vita. Rintracciarlo non era stato difficile perché ovunque andasse la gente parlava di lui.

Il cantastorie errante, così lo chiamavano i più, sussurrando le dicerie secondo il quale lui fosse in realtà uno spirito sceso su Endel, poiché da quand'era diventato famoso il suo aspetto non era mai cambiato.

Ovvio, perché ora era lui il maledetto emissario di Varodil.

Shi'nnyl s'incazzava ogni volta che ci pensava, ma pareva che Allan avesse colto con gioia il suo essere immortale, visto che non faceva altro che spostarsi da una città all'altra e cantare.

MaledettaWhere stories live. Discover now