8. Un allegro colloquio con la morte (parte 2)

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Avevano ammassato le panche contro alle pareti della grande navata del tempio in modo da avere tutto lo spazio utile per il rituale. Alerdhil aveva spento le luci magiche rosse che di solito illuminavano il gigantesco ambiente privo di finestre, posizionando una serie di candele in cerchio.

Axsa ci vedeva bene nel buio e un poco riusciva a scorgere dove fossero i muri e l'altare in lontananza, però era innegabile che quelle tenebre ricordassero fin troppo l'abisso di Varodil e la sensazione non le piaceva affatto. In effetti, era da quando l'elfo aveva cominciato la preparazione che Axsa sentiva le viscere contorte, la nausea minacciare di farla stare male, e di certo non era colpa dell'odore d'incenso che permeava ogni centimetro del luogo sacro.

Detestava avere a che fare con gli spiriti e, sebbene avesse visto Ilimroth una volta sola quando aveva salvato lei e le altre due emissarie da Meg'golun, intavolare un allegro colloquio con la morte non era proprio ai vertici di ciò che desiderava fare nella sua vita.

Alerdhil pareva così sicuro, però... aveva spostato con la magia tutti gli oggetti e ripeteva sottovoce i passaggi di ciò che avrebbe dovuto fare. Quando infine posizionò all'interno del cerchio un austero leggio di pietra con sopra l'antico testo, guardò la sua opera e annuì.

«Siamo pronti.»

Superò il muro di piccole luci a terra e l'illuminazione dal basso lo fece sembrare incredibilmente alto; per un istante, Axsa tornò con le memorie alla sua città natale, quando era il maestro a creare le arene dove combattere posizionando le candele in quell'esatto modo.

Ora che l'elfo la invitava a entrare col palmo di una mano aperta, la bambina non era più così sicura di voler varcare quel confine.

Non era mai successo niente di buono all'interno dei cerchi... in cerchio era stata maledetta e al suo interno aveva ucciso per la prima volta; possibile che tutto finisse così com'era iniziato?

«Axsa?»

Il sommo cultista la chiamò e lei si riscosse, spostando lo sguardo dalle piccole luci al suo viso. Si morse il labbro inferiore, le braccia rigide lungo i fianchi. «Sei proprio certo che funzionerà?»

Alerdhil alzò un sopracciglio e si appoggiò al leggio. «Sei venuta per chiedermi aiuto e ora ti tiri indietro?»

Lei deglutì, esitante. «No, cioè... cazzo! Ho una brutta sensazione.»

L'elfo rise, lieve, e scosse appena la testa facendo danzare la chioma bionda. «Stiamo per disturbare lo spirito della morte, sarebbe strano avere sensazioni positive!»

Axsa abbassò il capo, gli occhi fissi sul terribile perimetro di fiamme, tanto innocue quanto invalicabili. Sentì Alerdhil sospirare, poi le parlò con tono pacato.

«Questo è il momento della tua rivalsa, amica mia. Io sono certo di poter fare la mia parte, ma sei tu a dover decidere di essere libera. Non sei stufa di essere Axsa? Non vorresti tornare Shi'nnyl, vivere al fianco delle persone, farti amare? Sono certo che se riuscissimo a usare la lacrima per spezzare la maledizione, tutto poi si sistemerebbe. Gli spiriti ti lascerebbero in pace, la gente smetterebbe di temerti e... mia moglie potrebbe tornare.»

Axsa rialzò la testa di scatto e infine comprese.

Alerdhil non le aveva offerto aiuto per lei, non solo. La tenue luce oscillante non riuscì a nascondere quanto gli occhi dell'elfo fossero diventati lucidi, anche se lui si stava trattenendo.

Non era solo Axsa a sopravvivere ogni giorno col vuoto nel cuore.

«Va bene, facciamolo.»

Lei parlò e fece il primo passo per oltrepassare quel muro, acquisendo sicurezza man mano che raggiungeva il suo posto, davanti al leggio dell'amico. Tra di loro c'erano sei metri e il centro della circonferenza era nell'esatto punto a loro equidistante, segnato da un'unica candela spenta.

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