5. TURBAMENTI.

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Paralisi del sonno.

Tito è sdraiato al centro del letto matrimoniale. Attorno a lui, le pareti della camera si inclinano in avanti. Si piegano, si accasciano su se stesse, gli vengono incontro, solide ed inesorabili. È notte, ma i suoi occhi sono sgranati: cerca di chiuderli, di dargli sollievo, ma dita invisibili gli allargano le palpebre e gli tirano le spesse ciglia scure, bagnate dalle secrezioni che tentano di lenire il bruciore. Il suo corpo è pesante, affaticato, gettato su quel materasso come un cadavere sul lettino dell'obitorio, con il sangue sedimentato in grumi nelle vene fragili, noduli di globuli rossi che gli chiazzano la pelle sottile, gonfiandogli le membra.

Il suo cervello è acceso - lo sente lavorare, tentando di sbrogliare la matassa di fili ingarbugliati, di rimuovere gli strati di vernice della sua camera di Vincent, uno dopo l'altro, fino ad arrivare alla spoglia tela sottostante - ma la carne è fredda. La sente inacidire. Le linee rigide del petto, appena oltre il mento tirato verso l'alto, virano bruscamente, precipitando lungo lo stomaco, l'addome, il bassoventre. I boxer, attorno ai fianchi lividi, schizzati di buchi ed ematomi, si accartocciano sull'inguine e sulle cosce, larghi e consumati. Le lenzuola sono serpenti vivi che gli scivolano lungo le gambe, salendo e stringendo stringendo stringendo fino a spezzargli la tibia, tirando fuori la lingua biforcuta. Il corpo gli si contrae ad ogni movimento, sfregando contro la peluria scura. Sibilano, cantilenando, e gli raggiungono il ventre sensibile.

Tito è vigile, in sé, ma il suo corpo è inchiodato al letto come Cristo lo era stato alla croce, ammirato dai passanti, beccato dai corvi e deriso dai maligni. I piedi nudi. Le mani insanguinate. La corona di spine. Il serpente continua a piegarsi, gli occhi vivaci e la testa a freccia appena sollevata. Gli raggiunge il collo, preme sulla laringe, costringendolo ad aprire la bocca in un gemito silenzioso, e poi gli avvolge la fronte, scivolando sotto il capo e serrando i muscoli. Le squame gli graffiano la pelle, ma Tito, impossibilitato a muoversi, a parlare, a chiedere aiuto, rimane immobile, con lo sguardo fisso verso il soffitto. Attraverso la penombra e la spessa patina che gli ricopre gli occhi, riesce a vederlo a malapena.

Cani randagiWhere stories live. Discover now