Vuoi un autografo?

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La scuola, quell'edificio grigio e scuro per cui tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo pianto.

Dai banchi nei quali ti costringono a stare seduto per tante ore di fila, ai corridoi dove i più grandi non perdono mai l'occasione di fare i bulli, agli insegnanti, che più che guide si dimostrano esseri insensibili inferiori persino agli animali.

E forse, oltre all'amore per ogni forma d'arte, era proprio questo che accomunava due persone diverse ma simili come Sangio e Lola: l'odio per le istituzioni scolastiche, o meglio, per il degrado a cui queste si erano ridotte.

Per Giovanni, il problema non era studiare, o imparare formule, e fin da piccolo era sempre riuscito ad eccellere senza troppi sforzi. Perciò, nel momento in cui gli si era presentata davanti l'opportunità di frequentare online, considerando anche che significava per lui inseguire il suo sogno, non aveva potuto fare a meno di esultare.

Era vero, gli sarebbero mancati i compagni, e tutte quelle esperienze che magari un giorno avrebbe rimpianto, ma le occhiate storte dei professori bigotti no, di quelle ne faceva volentieri a meno.

Per Giulia, invece, era come se il tempo non bastasse mai. Doveva gestire le lezioni, le prove il pomeriggio/sera durante la settimana, senza considerare i saggi extra e le audizioni che si erano aggiunte nell'ultimo periodo, e sopratutto la leggera dislessia che le richiedeva un impegno maggiore rispetto al resto dei ragazzi.

L'unica scelta che le era sembrata, inconsciamente, saggia, era stata quella di lasciare da parte la vita sociale, o almeno durante i mesi invernali.

Quante feste di compleanno, progetti, o semplici uscite aveva saltato, pur di rimanere concentrata su ciò che per lei era la priorità.

Ballare, però, non le era mai stato un peso, ed aveva giurato alla madre apprensiva che se fosse mai potuto succedere, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata mollare tutto e cambiare strada.

Inevitabilmente, col passare del tempo, aveva anche iniziato a sentire una specie di distacco da ciò che la circondava.

Quando quelli che una volta considerava amici parlavano tra loro, lei non capiva quasi mai i riferimenti, e quando provava triste ad infilarsi nelle conversazioni, questi le rispondevano male, facendola sentire in colpa.

Il tutto degenerò, e questi ragazzini ancora preadolescenti in via di sviluppo iniziarono ad utilizzare parole pesanti nei suoi confronti.

La prendevano in giro, la accerchiavano, e le sputavano addosso insulti cattivi, facendole persino credere di essere lei il problema.

Il ricordo di quel periodo alle medie ancora la perseguitava, e appena incominciò il liceo, non ci pensò due volte prima di fingere di essere qualcun altro.

Non rideva per paura di far sentire la sua risata, non sorrideva per i denti, ed aveva persino smesso di legarsi i capelli per non mostrare le orecchie.

Nel suo armadio c'erano quasi esclusivamente felpe larghe, o comunque pantaloni della tuta, e faceva sempre più fatica a guardarsi allo specchio.

La sua vita si basava totalmente su quelle ore passate in saletta a provare, dove tra l'altro aveva conosciuto finalmente una vera amica: Chiara.

Le cose a scuola da quel loro primo incontro sembravano andare sistemandosi, forse perché indirettamente avere la sua ama, come si divertivano a chiamarsi reciprocamente, le aveva fatto leggermente alzare l'autostima, ed era inconsciamente più sicura di sé.

Eppure capitavano mattine, come quel venerdì lì, in cui nemmeno quei pensieri riuscivano a tirare su il morale di Giulia, e la sola visione del cancello scolastico le faceva venire i brividi.

Ballaballaballerina Where stories live. Discover now