La sua condanna

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Non è vincere, ma quel secondo prima del risultato, dove tutto può ancora cambiare o essere cambiato. Uno spettacolo finale della durata di pochissimi istanti, che vissuti si trasformano in secoli.

Il tempo è un illusione, passato, presente, futuro, nulla di tutto ciò esiste, siamo il mero frutto di un presente fuggitivo, che si trasforma in passato non appena arriva, con le speranze di un divenire migliore, che non sarà altro che una continuazione del ciclo già iniziato.

E allora perché esistere, perché amare o affezionarci, perché non possiamo solo accettare di non avere un ruolo, e che nulla ci appartiene come crediamo?

Perché aspettiamo i momenti felici, se poi sappiamo che si trasformeranno in ricordi, pronti a tormentarci, torturarci, e tenerci svegli la notte?

Siamo pazzi, malati, dannatamente dipendenti: dagli altri, dalle cose superficiali, dalle ambizioni che ci tengono in vita, e forse anche dalla stupida convinzione di essere unici.

I minuti prima di andare in scena erano sempre così, come quelli che precedono una premiazione. Ansia, angoscia, gente che corre ovunque, a ripetere schemi studiati e ristudiati, che cercano di calcolare ogni più piccola possibilità di fallire.

Era agosto, l'ultimo concerto del tour personale per quella stagione estiva, due mesi e mezzo a lavorare, a cantare e ballare su quei palchi, a conoscere fan, e condividere emozioni. E ogni sera, nel dietro le quinte, Sangio con la paura alle stelle, si ripeteva che era tremendo, che non poteva sopportarlo, poi saliva sul palco, e spaccava, e pregava dio di fermare il tempo, per poter godere di quei momenti all'infinito.

Finiva la serata, usciva dai riflettori, tutto sudato, la gola in fiamme, il cuore che batteva a mille, ed un sorriso stampato sul volto, iniziava a fare il conto alla rovescia per la volta successiva.

Un rapporto malato, odio ed amore, voglia di fare e timore di strafare, di rimanere scottato, di perdersi. Che dono immenso che gli aveva fatto la vita.

La musica era la sua condanna, quel gioco il suo girono infernale, eppure la porta era aperta, e non sarebbe uscito per nulla al mondo.

La vita non ha senso, siamo errori, tutti, anche quando siamo voluti dai nostri genitori. Ma perché vederla come una prigione? Perché non godere delle cose belle?

Non viviamo in una bara solo perché un giorno moriremo, ma non comportiamoci come se avessimo gli occhi bendati da chissà quale materiale.

Dobbiamo sfruttare ciò che abbiamo, sviluppare quelle abilità che pensiamo di avere, e provare, non ad essere eterni, né ad esser ricordati, ma a vivere consapevoli, e riconoscenti.

Il lavoro era duro, le prove sembravano occupare gran parte della giornata, e alla sera gli spettacoli li sfinivano. Avevano 18 e 19 anni, e stavano girando l'Italia, cosa che molti della loro età sognavano, senza sapere in realtà quanto gli costasse.

Andavano a letto alle 4:00 solitamente, la sveglia era più o meno sempre alle 6:00, e se non fosse stato per le tratte in aereo, treno, o addirittura van, nessuno dei componenti di quel tour ce l'avrebbe realmente fatta.

Taormina era stata fantastica, così come lo erano state tutte quelle città prima di quella. Mancavano ancora alcuni eventi, ma era finalmente arrivato il momento di riposarsi un po', come era giusto che fosse.

Erano in treno, direzione Roma, e dormivano in una posizione stranissima. Le prime volte che si erano dovuti spostare insieme, avevano discusso per la postazione finestrino, poi la stanchezza aveva avuto la meglio, e si erano abituati a sedersi come capitava.

Quella volta l'onore era di Giulia, che per sua sfortuna però si era addormentata sul vetro, e pur svegliandosi di continuo, non aveva il coraggio di far alzare Sangio, che invece si era rannicchiato come un bambino sulla sua spalla.

Ballaballaballerina Where stories live. Discover now