Ottantadue

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"La polizia fa luce sul sospetto attacco avvenuto nell'agenzia J qualche giorno fa, dopo un attenta analisi infatti è emerso che il capo dell'azienda Jeon fosse a capo di un'associazione contro gli omega, l'attacco si è verificato per mano di uno dei ragazzi che venivano tenuti in ostaggio dall'uomo per compiere le missioni a loro affidate, il figlio, Jungkook, rompe il silenzio e annuncia di averne parlato personalmente per raccogliere le prove per arrestarlo, l'uomo che in questo momento è stato arrestato dopo essersi svegliato da una lunga anestesia per curare le sue ferite, nega ogni coinvolgimento nella faccenda, la moglie attualmente non è rintracciabile, da qui è tutto"

<<È davvero finito tutto?>> chiese Jimin appoggiandosi sul petto del castano sul divano di casa sua.

<<Si è tutto finito amore, te l'avevo promesso>> sorrise Jungkook spostandogli qualche ciocca di capelli dal viso.

<<Sentite voi due>> disse Yoongi entrando nella stanza, incrociando le braccia <<Non è per lamentarmi ma è quello che farò, invece di amoreggiare sul divano, perché non vi prendete una casa vostra? Magari vicino alla My Style?>> il corvino era infastidito dal recente comportamento che Jimin aveva assunto, gli aveva parlato di quello che aveva detto a Jungkook, ma l'ultima cosa che voleva era dover fare da babysitter ad un bambino e a suo fratello, sapeva che Jimin era una persona molto responsabile se si impegnava e forse era arrivato il momento di farlo anche nella vita piuttosto che solo sul lavoro.

Jimin alzò la testa contrariato e osservò con sguardo infastidito il fratello maggiore <<Che fastidio ti diamo?>> chiese con un sospiro. 

<<Non è fastidio>> si intromise Taemin con voce seria <<Ma se avete intenzione di accoppiarvi, questo non è un asilo, siamo già in tanti, io lavoro, i ragazzi hanno bisogno di aiuto con la scuola e siamo già in troppi qui dentro>> 

Il biondo fece per ribattere ma Jungkook lo fermò appoggiando una mano sulla sua gamba <<Siamo così puntigliosi sul lavoro, dovremmo esserlo anche con il modo di vivere>> sussurrò riuscendo già ad immaginarsi disteso in un grande salotto con Jimin stretto tra le braccia, oppure come quel giorno a casa sua che erano rimasti soli, la musica nelle sue orecchie nel sentire Jimin chiamarlo, o ancora vedeva il biondo camminare con il loro cucciolo tra le braccia, chiedendogli di abbassare il volume della tv, così lui avrebbe potuto spegnerla e cullare entrambi. 

In verità Jimin non voleva allontanarsi da quella casa, non perché volesse disturbare costantemente Yoongi, distrare i ragazzi o far innervosire Taemin, sapeva che tutto era finito, non erano più in pericolo, eppure il sentimento di impotenza che aveva provato mentre era a Tokyo gli bruciava ancora fresco sulla pelle. Guardando gli occhi scuri e profondi di Jungkook però, si rese conto che era arrivato il momento di allontanarsi dalla sua famiglia, per crearne una, insieme a quell'uomo che aveva fatto qualunque cosa per avere il suo amore e la sua fiducia, a cui lui stesso aveva chiesto un figlio. 

<<Va bene>> disse con un lieve sorriso alzandosi dal divano e lasciando il nido che creavano le braccia del suo compagno. <<Cercheremo una casa nostra>> disse a voce alta non potendo controllare un largo sorriso sul suo volto.

Indossò velocemente le scarpe, raccolse le chiavi della sua auto e aprì la porta <<Andiamo?>> 

Jungkook rise, si alzò dal divano, indossò le scarpe a sua volta e seguì il compagno all'interno della sua Porsche. 

<<Vediamo se c'è qualcosa di carino vicino all'azienda>> suggerì il moro, guardando il profilo serio di Jimin, impostato su modalità guida, gli occhi puntati sulla strada, le mani che sembravano accarezzare il volante durante le curve, la gamba sinistra rilassata per via del cambio automatico e la sua coscia destra appena in tensione per accelerare e frenare.

<<L'idea era quella>> sorrise appena il biondo, portandoli nel quartiere dell'azienda, dove i giornalisti non davano pace ai poveri segretari costretti a chiudere le porte nonostante l'aria fresca che poteva entrare nella struttura. 

L'edificio dell'azienda si trovava in pieno centro, in mezzo a strade piene di macchine, moto e a qualunque tipo di rumore, Jimin tra una curva e l'altra si allontanò dalle strade trafficate, arrivando in una zona più tranquilla, con molte ville appena costruite e in attesa di esse vendute o addirittura di terreni da comprare per poi costruirci sopra. Loro due non avevano tempo di crearsi il progetto della casa, tantomeno cercare il terreno più adatto, passarono lo sguardo sulle abitazioni già edificate, ma tutte quante scappavano anonime sotto i loro occhi, tranne una. 

<<Fermati>> disse Jungkook rapito da un grande giardino dove si ergeva una grande abitazione sui toni del marrone. 

Parcheggiarono nelle vicinanze e si diressero a passo svelto verso la casa, nel giardino c'erano ancora degli operai intenti a lavorare su un enorme piscina ma Jimin decise comunque di chiamare il numero attaccato sulla recinzione intorno. L'uomo che gli rispose, poté giurare di averlo sentito saltare sulla sedia dopo aver ricevuto la sua telefonata. 

<<Sarò lì in qualche minuto>> lo aveva avvisato prima di chiudere la chiamata, il luogo sembrava perfetto, c'erano poche macchine che giravano per quelle strade e Jimin poteva già sentire il loro bambino chiedergli dolcemente di poter giocare in piscina insieme a papà, o ancora poteva già immaginarsi un pranzo con tutta la famiglia, come in ogni festività, nella grande terrazza aperta che si poteva tranquillamente notare.

Jungkook si guardò intorno prima di prendere la mano del biondo e dargli un lieve bacio sul dorso <<Anche tu stai immaginando il futuro?>> gli chiese con occhi pieni di emozione quasi lucidi. 

<<Si>> rispose sorridendo facendo cadere lo sguardo sulla sua pancia. 

Il moro si avvicinò al suo orecchio <<Presto accarezzandoti la pancia darò carezze ad entrambi>> sorrise facendo arrossire Jimin come un pomodoro brillante sotto il sole.  

𝐌𝐲 𝐒𝐭𝐲𝐥𝐞 • 𝐉𝐢𝐤𝐨𝐨𝐤 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora