Il pianoforte

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"Cassie posso entrare?" domandò il ragazzo dopo aver bussato una decina di volte e non aver ottenuto una risposta.

Sentiva solo dei singhiozzi strozzati.

"Regulus vattene" urlò lei, cercava di tenere la voce dura, ma stava piangendo.

"Quando vorrai aprire la porta mi troverai sempre qui" non l'avrebbe lasciata sola per nulla al mondo.

Il ragazzo appoggió la schiena alla porta e sentì un pianto angosciante provenire dall'interno della stanza, avrebbe visto abbracciarla, rincuorarla come lei aveva fatto con lui, ma se quello era il suo modo di affrontare i problemi le avrebbe lasciato fare tutto quello di cui aveva bisogno per sfogarsi.

"Reggie sei ancora qui?" domandò dopo un po' con la voce rotta.

"Certo, ti ho detto che non ti avrei lasciato mai sola" quindi la ragazza fece scattare la serratura e lo fece entrare.

Per un brevissimo instante Regulus ebbe la strana sensazione di trovarsi in un posto estraneo dal quale sarebbe voluto scappare, la stanza di Sirus era sempre stato un luogo di brutti ricordi, ma ora era sicuro che con Cassie ne avrebbe costruiti di fantastici.

Aveva gli occhi arrossati dal pianto, la faccia era stremata, le serviva una buona dormita e qualcuno che si prendesse cura di lei.

"Non dire che me lo avevi detto" cercò di sorridere lei.

"Ma vah ti sembro il tipo io" replicò lui con un'alzata di spalle, nessuno dei due però riuscì a ridere.

"Mi dispiace" disse Regulus.

Era colpa sua?

"Perché?".

Non lo sapeva, ma era sempre colpa sua, per tutto, qualsiasi cosa di sbagliato accadesse c'entrava lui, lui era l'origine e il principio di tutto.

Regulus infatti aveva questa mania accusatoria nei suoi confronti, che fosse causato probabilmente dalla sua infanzia burrascosa o dalla mancanza di figure fisse nella sua vita, tendeva sempre a sentirsi responsabile per tutti i mali che colpivano le persone accanto a lui.

"È colpa mia, tutto questo, non sarebbe mai capitato se tu non mi avessi mai conosciuto" fu la prima volta che disse quelle parole ad alta voce, facevano paura.

Era vero.

"Questo non potrà mai competere con tutti i ricordi belli che mi hai lasciato e poi non è colpa tua, sono stata io a scagliare la maledizione" aveva gli occhi vuoti e spenti, non l'aveva mai vista così.

"Avrei potuto impedirlo, avrei potuto farlo al tuo posto se solo fossi stato più coraggioso" sussurrò il ragazzo.

Ecco lo aveva detto ad alta voce.

Era un codardo.

"Regulus guardami negli occhi" la ragazza gli aveva preso il viso tra le mani e le loro iridi si erano scontrate con una tale violenza che facevano fatica a mantenere il contatto visivo.

"Sei una delle persone più coraggiose che io conosca, nessuno fa quello che fai tu alla tua età" le sue mani le premevano fortissimo sulle guance.

"Beh tu lo fai"

"Ma io sono Cassie Potter" e finalmente riuscì a sorridere.

"Almeno sono riuscito a farti spuntare il sorriso" la ragazza aveva le mani nella medesima posizione allora le avvicinò alle estremità della bocca del ragazzo ed inarcò un sorriso.

"Vedi che sono riuscita a farti sorridere anche io, però assomigli ad un lemure" poi gli tirò due schaiffetti sulle guance.

"Che cos'è un lemure?" domandò il ragazzo, non ne aveva mai visto uno.

Regulus Comes DownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora