Zachary.

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Terzo

<Dodici anni fa>

― Com'è andato il primo giorno? ― Mamma ci lancia un'occhiata sfuggente nello specchietto retrovisore, accennando un risolino. ― Ti sei trovato bene coi tuoi nuovi compagni, Zeke?

― Ha già fatto un sacco di nuove amicizie ― annuncia mio fratello, falsamente estasiato, puntando un dito nella mia direzione. ― Direi fin troppe.

― In che senso? ― Lei esige spiegazioni, notando la punta di sarcasmo nel suo tono. Quando lo fa, quando capta l'essenza di un problema, diventa difficilissimo resettare le sue convinzioni e non voglio che, a causa del cattivo scherzo di Jonas, pensi che Nate sia un individuo da emarginare. Appare un tipo difficile da gestire, è vero, ma basta approcciarsi nella maniera giusta per andarci d'accordo, soprattutto se si ama l'imprevedibilità. Le piacerebbe il suo temperamento in fibrillazione, ne sono sicuro. Ecco il motivo per cui l'essere spietato seduto al mio fianco si dovrebbe cucire i denti.

― Sto bene, ma'. J tende, come sempre, a ingigantire la questione ― ammetto, riferendomi alle iridi nocciola che si stanno soffermando troppo sul mio corpo, in aria di sfida.

― Quale questione? ― Ora stringe il volante più saldamente e si morde l'interno di una guancia, in segno d'incomprensione. Continua a squadrarmi con la coda dell'occhio e la sua sfiducia mi delude.

― Hai presente Isabella, la ragazzina di questa mattina, dal dottore? ― mi precede lui, accostandosi al sedile del guidatore di modo che la sua voce bassa si oda in tutto l'interno dell'auto. ― Ecco, ha un fratello ― muove il capo, non distogliendo la visuale dalla mia mandibola serrata ― che oggi abbiamo avuto la fortuna di conoscer...

― Jonas, piantala ― sibilo. ― Credi di ricavare qualcosa in cambio, comportandoti così? Un pugno in faccia forse sì.

Scruto la bocca schiusa dal torpore, l'ombra del sorriso meschino, maligno, che deforma le sue labbra in un sogghigno, e mi pento di averlo provocato quando intuisco il suo obiettivo: se non riuscirà a distruggere me, distruggerà Nate. E nell'istante in cui divento consapevole che eseguirò qualunque azione pur di fermarlo, comprendo la pessima idea nell'intraprendere l'argomento. ― Di cosa mi accusi? ― domanda, fingendosi innocente. ― Sto raccontando questa splendida giornata alla mamma.

― Fatti gli affari tuoi.

― Questi sono affari miei, dato che mio fratello ha deciso di frequentare cert...

― Piantala ― mi lamento, infastidito, ripetendo la supplica di poco prima e sperando che intuisca la mia poca voglia di prolungare il battibecco. ― Non lo conosci.

― Nemmeno tu.

― È di piacevole compagnia.

― È uno stronzo.

― Sei tu lo stronzo ― ribatto, gridandogli contro istintivamente, animato dall'esigenza di proteggere Nathan da altre offese. Come si permette d'insultarlo davanti a nostra madre, con tanta convinzione? Come si permette d'insultarlo e basta, senza nessun motivo? Se Jonas avesse desiderato rispetto, avrebbe rispettato. Non è sicuramente colpa di Nate se le cose non sono andate come previsto.

Si sbigottisce. ― Perché ti sto facendo capire che sbagli? Dovrei per caso infischiarmene? Sono "lo stronzo" perché ti consiglio d'allontanarti dall'amichetto di appena due ore fa? Non capisci che è allo scopo di salvaguardarti?

― Salvaguardarmi? ― La mia risata forzata accentua il suo nervosismo. ― Nate è un mio coetaneo, non un assassino ― chiarisco, lasciando che la tensione trapeli nella mia voce cadenziosa.

Anima d'acciaioWhere stories live. Discover now