Zachary.

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Settimo

<Dodici anni fa>

È quando, come a ogni intervallo, mi dirigo alle macchinette per incontrare Nate, che la mia vista scruta l'ultima scena prevista. Riconosco subito la chioma prorompente di Isabella affiancata dal mio compagno, che chiacchiera con un ragazzo di fronte, esibitore della propria simpatia. Perché ha un nuovo amico? mi domando. Sta per rimpiazzarmi con quel ciuffo scuro? Poi mi accordo di chi lo sta intrattenendo.

― Hai davvero buon gusto ― afferma estasiato Jonas, indicando la cioccolata. ― E pensare che ho passato l'anno a trangugiare orzo!

Dopo dieci minuti sono ancora qui a chiedermi il motivo per il quale, dal nulla, dopo avermi ignorato per dieci giorni, abbia deciso di presentarsi a Nathan e farsi suo conoscente. Mi hanno salutato, Nate, sinceramente colpito dalle scuse di mio fratello, e mio fratello, sinceramente colpito dall'accettazione di Nate, con sorrisi simili, smaglianti. Compiaciuti. Per un attimo ho pensato che si stessero beffando dei miei sentimenti. Che Jonas, lo stesse facendo, e che Nate, troppo contento per la sottomissione, avesse prestato fede alla sua facciata da spavaldo. Invece J.J fa sul serio. Non può fingere talmente bene da riuscire ad abbassare le mie difese. Sono sempre attento a ciò che lo riguarda e non mi fido mai delle sue reazioni spontanee, so per certo che camuffa le emozioni tanto da disintegrarle, a volte. Per questo lo guardo, spiazzato dal suo comportamento. Dovrei credere alla mia insicurezza fondata o alla pacca sulla spalla che ha dato a Nate? O alle iridi curiose di Isabella che seguono ciascun movimento con fiorente interesse? Che lui sia tornato soltanto per lei e non per chiarire la discussione con me? Eppure non sarebbe stato fondamentale andare d'accordo con Nathan, se avesse voluto esclusivamente frequentare la ragazza. Forse per non essere ostacolato e avere il via libera? Jonas è la mente capace di escogitare piani crudeli per i suoi progetti o il compagno che fino a poco tempo fa cantava i brani a squarciagola in auto insieme alla mia anima ubriaca? Jonas è l'ostacolo o l'allievo provetto a cui ho insegnato a suonare la chitarra?

― Sai, Nate, ― avvia la conversazione, sorseggiando la bevanda ― a casa Zeke non fa che parlare di te. La situazione inizia a essere stressante ― dice, concludendo con una risata fragorosa. Se stava cercando il modo d'imbarazzarmi, l'ha appena trovato.

― Non è vero ― mi difendo, rosso di vergogna.

― Sono diventato il centro dei vostri pettegolezzi? ― ci interroga lui, osservandomi di soppiatto. Non tenta di cambiare discorso, ma approva la parlantina sulla sua persona. Se cominciasse a piacergli, il mio modo di fare?

― Più o meno ― replica Jonas, strizzando una palpebra. ― Senza dubbio sei diventato il centro dei suoi pensieri.

― Come una torre di controllo ― azzarda Isabella, squadrandomi con un'allegria impostata.

― Che hai in mente? ― sibilo sottovoce a Jonas, rimproverandolo dell'uscita di scena. Lui sorride e, con un cenno del capo rivolto a Nate, replica: ― Se sono tornato a infastidirti significa che ho capito, no?

― Capito cosa? ― lo interrogo, intimorito all'idea che si sia impegnato a decifrarmi. Sto cercando di tenere oscurato il sentimento ambiguo che provo nei confronti di Nate, spaventato dalla glaciale consapevolezza di quanto sia inverosimile. Sto cercando di sopprimere l'impulso, l'impulso di saltargli addosso e stringerlo forte, facendogli capire che nella battaglia contro i suoi mostri gli sarò affianco per sconfiggerli, se avrà bisogno d'aiuto.

― Guarda, Zeke! ― attira la mia attenzione Nathan, tutto eccitato per qualcosa. Incapace d'ignorare il battito del cuore accelerato al richiamo, esploro le sue iridi sognanti. Chissà se il mio sguardo appare come quello di Isabella mentre studia i lineamenti di mio fratello. ― Hanno esposto i tabelloni dei calciatori selezionati dalla squadra di football! Andiamo a sbirciare i risultati!

Seguo la sua visuale e ritrovo quattro bidelli intenti a sorreggere con gomiti grassi e cadenti un manifesto alto il triplo di loro. Percepisco i polpastrelli calorosi del mio amico afferrarmi il polso, scrollandomi dall'incantamento. Evidentemente il mio viso pare quello di un cascamorto, perché ribatte: ― Suvvia, non avrai mica paura! Il tuo nome è uno dei pochi che ci sarà scritto.

Non è il suo ottimismo a destabilizzarmi, né la presa delicata che mi fa prurito, né il notare J, sottobraccio con Isabella, dirigersi verso l'insegna gigantesca, dove una folla di studenti s'immagazzina, spintonandosi e sillabando a squarciagola: ― Squadra di cal-cio! Luke Ac-ca-demy! ― Non mi sorprende nemmeno osservare la scenata isterica di un Tim che, date corporatura e scarsità, non dev'essere scampato alla severità del coach, o il comprendere quanto Nate creda nelle mie potenzialità seppur non mi abbia visto giocare. ― Zeke? Non vorrai tirarti indietro arrivato a questo punto ― mi accusa e sembra deluso dal silenzio.

― A te non interessa il calcio ― mormoro, mordendomi il labbro e ricordando come aveva smontato le mie aspettative di portarlo a una partita nel weekend.

Le sue guance si arrossano e questo fattore m'insospettisce. Cosa nasconde? E così, senza preavviso, senza che me lo aspettassi, senza essersi permesso di proferirlo prima, sussurra: ― Okay, ma m'interessi tu ― e in questo preciso istante, potrei scriverlo sui muri col pennarello indelebile, mi sento libero. O felice. O tutt'e due le cose insieme. È una sensazione sconosciuta, piacevole, e avrei rischiato uno svenimento improvviso se Nate, imbarazzato dalla rivelazione, non avesse aggiunto: ― Cioè... tuo fratello mi ha detto che sei bravo e so che ci tieni molto, per questo sono certo che meriti di passare il turno... ― Vado in iperventilazione e lui, accortosi del pasticcio creatosi, balbetta: ― S-sì, insomma... Jonas ci sta c-chiamando...

Ed è vero: J.J salta per farsi largo fra il branco di studenti del primo anno, per avvisare il mio comportamento completamente perso di Nate che è ora di sbrigarsi. Lo noto, assieme al mio amico, e lui grida, tanto da obbligare qualche insegnante a girarsi per sgridarlo della confusione eccessiva: ― Mio fratello è appena stato selezionato per la squadra regionale della scuola! È un fottuto campione!

E menomale, rifletto, che le professoresse non hanno udito i vocaboli da lui adoperati, come la maggior parte degli alunni. Una gioia insormontabile mi monta dentro. Alla mia sinistra il sorriso di Nate si fa più largo del solito. Isabella mi butta le braccia al collo e Jonas, nonostante i rimproveri, non smette di strillare come una femminuccia, come se la settimana non l'avesse trascorsa a detestarmi. E Nate. Nate afferma semplicemente: ― Complimenti ―, tuttavia la pelle s'accappona e rimango incantato dalla piega della sua espressione allietata dalla scoperta. Jonas gli saltella attorno e lui ride, grato del perdono.

Adesso comprendo cosa intendeva J, poco fa, con quel: "Significa che ho capito." Ha inteso che Nate è la mia gioia e non ha nessun proposito di sottrarmela, siccome si tratta di una gioia più che positiva. Adesso comprendo la frenesia che mi sta soffocando. La frenesia nel riconoscere che Nate è orgoglioso.

È orgoglioso di me.

[Angolo playlist: FourFiveSeconds, Rihanna & Kanye West & Paul McCartney.]

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