Zachary.

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Nono

<Dodici anni fa>

Non ho il coraggio di guardare Nate mentre con passi esitanti entriamo. È semplicemente sottosopra, e tutto per colpa di quelle tennis derisorie sul tappeto. Inciampare nel bel mezzo delle pulizie si è rivelato un fallimento totale. I libri sono ovunque, regnano padroni nella camera: sembrano dirigere il caos e intimargli di nascondersi. Li ringrazio mentalmente, perché la mia dignità rimasta è concentrata soprattutto sull'aria da intellettuale che la loro quantità mi fa assumere. Sono certo che i miei occhi siano più carini di ciò che ci attornia e per un attimo spero lo noti anche Nathan. ― Ecco qui ― bisbiglio, in imbarazzo.

― Niente male ― dice, sorridendo appena. Si osserva attorno e non pare deluso: è sinceramente colpito, come se si fosse accorto della confusione, ma la trovasse elegante, leggiadra. ― Pensavo che tu e Jonas dormiste in un letto a castello.

Scuoto il capo, sogghignando. Sono stato una delusione come uomo delle pulizie, però vorrei che si accorgesse con quanta pazienza mi sia comunque impegnato. ― Lui dorme nella stanza affianco ― ed è meglio così, rifletto. ― Anche se spesso rimaniamo entrambi nella sua.

― Scommetto che la tua, però, sia quella più bella ― mormora, strizzando le palpebre. Mi analizza. È più interessato alla vulnerabilità che gli oggetti personali emanano piuttosto dei colori contrastanti, armonizzati alla perfezione fra loro, ed è sconfortante perché ho impiegato un pomeriggio intero a mettere le lenzuola più profumate o i poster dalle sfumature più accese per accontentare la criticità del suo sguardo, e invece l'aspetto su cui si sofferma è stato tutt'altro che prevedibile. Le lenzuola e i poster sono originali, ma non so se parlino altrettanto bene di me. E se non fossero abbastanza convincenti, e se Nate iniziasse a credere che i miei unici interessi siano l'esteriorità e la vanità?

― Questo è il mio rifugio e devi avere un permesso speciale per perdurarci ― ribatto, cercando di non ricadere nella banale aggressione poco ospitale. ― E il permesso non ce l'ha nessuno ― mi gratto la nuca, inspirando ― al momento.

― Ti invidio molto per lo spazio di privacy che sei riuscito a ottenere. Isabella è costantemente nella mia camera, perché le piacciono sia il mio stereo sia lo specchio attaccato all'anta dell'armadio. Ne va matta, ed è da qualche mese che ho preso in considerazione l'idea di regalarglieli a Natale ― si apre, girovagando attorno al perimetro dell'area e stando attento a non scivolare su qualche romanzo. ― Barattare i mobili con la libertà mi pare un'opzione allettante.

Gli sorrido, raggiungendolo e raccogliendo qualche copertina da terra. ― E perché non l'hai fatto prima? ― domando, appoggiando Il fantasma di Canterville sopra il davanzale della finestra.

Le pupille si sgranano, il fiato s'accorcia. Nathan si dimostra come non aveva ancora avuto modo di dimostrarsi: letteralmente in paranoia. Le iridi cercano subito qualcosa su cui concentrarsi, per distogliere la mia attenzione, e trovano le lettere O e W, di Oscar Wilde, estremamente appassionanti. Si chiude in una bolla senza suoni, in cui l'unica cosa che conta è risultare credibile e non colto in flagrante. Ho imparato a conoscerlo per quello che è, ovvero un bugiardo degno di nota, ma sempre munito di risposte accattivanti, un falso che sa fare il proprio mestiere, perché rapido nel fornire anche le informazioni più sciocche. Nella parola prima si racchiude tutta la sua insicurezza, perciò quando alla mia successiva affermazione: ― Se non vuoi dirmelo, non me la prendo ― lui si volta con le narici allargate in segno di disagio, comprendiamo entrambi che l'esito del quiz non sarà veritiero.

― Piacciono pure a me.

― Sono convinto che la tua vera libertà si rifletta nello stereo e nello specchio. Sebbene preferiresti il silenzio alla voce squillante di tua sorella, non puoi fare a meno di questi due elementi perché a loro volta li preferisci al silenzio. Sbaglio o non è così?

Nathan è furbo, è subdolo: non sarebbe una novità rimanerci male per una sua osservazione, o piangere dal ridere per una considerazione contorta, non si lascia sfuggire le occasioni, i dettagli. È alla ricerca della perfezione e un'eventuale scoperta lo renderebbe ancora più inumano: ha sotto controllo il disordine più completo, e i libri che cospargono il pavimento come lo strato di marmellata su una fetta di pane s'inchinano al suo cospetto. Nathan è conscio di ogni ragionamento che medita con la massima precisione, ponderando sul numero infinito di particolari che potrebbero compromettere la missione, e ha un istinto duplice e vicino all'infallibile. Sperimenta, deduce, sperimenta di nuovo, trova. Trova ciò che sta cercando, quello per cui ha impiegato giorni di concentrazione, per cui non si è fatto abbattere dalle difficoltà. Nathan si spreme le meningi, contrae le tempie autoinfliggendosi degli acuti mal di testa, però trova la soluzione alla circostanza. Oggi, accerchiato dal mio essere che si sprigiona in ogni più piccolo gesto, senza essere preparato psicologicamente a reagire, fallisce. E se ne rende conto, perché tutt'a un tratto viene soffocato dalla sua bolla e il panico che fino a un attimo fa si era insidiato nel suo corpo sotto forma d'irrigidimento, ora si scatena e lo divora, non lasciando una briciola e deglutendo le ceneri. I nervi tesi, le ciglia che sfiorano l'arcata, la mascella sporgente: per un istante la sua espressione si ghiaccia e rimane tale per alcuni secondi opprimenti e terribili. ― Come fai a saperlo, Zeke? Mi spii?

Mi sfugge un gemito, il tono da lui adoperato ricorda quello di Corinne quando prova a farmi svuotare il sacco. E Nathan non può essere intenzionato a creare dei timori, i miei timori. Nathan deve scacciarli, aiutarmi ad alzare le spalle e gonfiare il petto, nonostante sia distante da quel prototipo di ragazzo. ― Ho solo tirato a indovinare ― mi giustifico, contento al contrario d'aver centrato il bersaglio. Riconoscere di padroneggiare le reazioni del mio amico è grazioso. Lui è grazioso. Anche mentre si arrabbia, si stufa, si diverte, si turba, Nate è assolutamente grazioso.

― Be', comunque trovo che Sir Simon sia divertente ― e punta il pollice verso la copertina che ritrae il fantasma dalle iridi di fuoco. ― Adoro questi racconti.

― Davvero vuoi parlare di lettura?

Arriccia il naso, formando delle rughe attorno agli zigomi. ― No, in verità no.

Sono incuriosito, è ridiventato quello di prima. Nessun colpo di scena e tutto in meno di tre minuti. ― Allora di cosa vuoi parlare?

― Ti piace ballare?

― Non riusciremmo a ballare, qua c'è poco spazio.

― Un giorno lo faremo e quando succederà metteremo uno specchio davanti a questo armadio ― fa un cenno alla nostra destra ― e porterò lo stereo con le canzoni pop.

Gli angoli della bocca si sollevano automaticamente: ho capito, eppure non l'avrei mai supposto. In tanti si soffermano sul mio aspetto sportivo, tuttavia chi si soffermerebbe sul suo, gracile e monotono? Nathan non assomiglia a un ballerino; non riesco a immaginarmelo in qualsiasi scenario, di qualsiasi genere.

― Alzeremo il volume al massimo ― aggiunge, estasiato.

― E canteremo a squarciagola.

[Angolo playlist: Wilde, Troye Sivan.]

Anima d'acciaioWhere stories live. Discover now