Capitolo 8

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Mi scoppierà il cuore.

Sono ritornato a camminare avanti ed indietro per il viale d'entrata dell'albergo dopo essere letteralmente fuggito dalla camera che condivido con Gianmaria, sembrando di nuovo un pazzo in procinto di ricevere una visita psichiatrica o un alcolista anonimo pronto a darla vinta al proprio vizio che credeva di aver sconfitto.

Dalla prima elementare. Gianmaria mi ama dalla cavolo di prima elementare e io non me ne sono mai accorto.

Cioè, varie volte l'ho sorpreso fissarmi troppo insistentemente il fondoschiena o il petto quando ero senza maglietta, convinto, forse, che io non ci facessi caso.

In realtà, me ne accorgevo eccome però non ci ho mai dato troppo peso, collegando il tutto a del semplice apprezzamento fisico, soprattutto quando avevamo diciassette o diciotto anni e gli ormoni fuori controllo.

Onestamente, non mi hanno nemmeno mai dato fastidio, quelle sue occhiate lascive, anzi. Alzavano la mia autostima, ogni tanto un po' carente.

Ma che mi amasse? No, non ci avevo mai minimamente pensato.

E che io, inconsciamente, sia sempre stato innamorato di lui? Non l'avevo mai preso in considerazione.

Però... però, negli anni molto spesso è capitato che io abbia sempre preferito la compagnia di Gianmaria alla mia ragazza del periodo. Con lui è sempre stato dannatamente facile relazionarmici, non ho mai sentito la necessità di nascondere qualche lato del mio carattere per vergogna o insicurezza perché lui mi ha... sempre capito.

Quindi, ora i fatti sono due: o io sono un cazzo di cieco da ogni punto di vista o Gianmaria è stato molto bravo a celare i suoi sentimenti per il sottoscritto.

Sgrano gli occhi, sembrando ancora di più uno psicopatico.

Quel cretino ha accettato di essere il mio testimone di nozze, nonostante l'amore che prova per me.

"Ma porca troia..." borbotto, passandomi una mano tra i capelli e poi strofinandomi il viso.

"Fratello, hai proprio una faccia di merda."

Alzo gli occhi e trovo mio fratello Ludovico che, con passo ciondolante, gli abiti di ieri sera sgualciti addosso e la faccia sbattuta di chi avrà dormito appena due ore, mi raggiunge, stringendo tra indice e pollice una... canna?

"Ma ti sei bevuto anche quel poco di cervello che ti era rimasto?! Stai fumando una canna nell'area privata di un hotel alle undici del mattino?" sibilo, facendo scattare nervosamente lo sguardo a destra e a sinistra per assicurarmi che nessuno ci sia abbastanza vicino da sentire la puzza di marijuana.

Ludovico, con tutta la calma di questo mondo, mi sorride sghembo e si porta la canna alle labbra per farsi un tiro davanti ai miei occhi sgranati e furibondi.

"Perché non ti calmi? Ti ricordo che ho vissuto qui in Spagna per due anni... o forse sono stati tre anni? Va beh, comunque... cosa stavo dicendo? Ah, già! Qui hanno una mentalità più aperta riguardo all'erba quindi tranquillizzati. Sei sempre così... rigido, fratellone. Gradisci un tiro?"

Ludovico continua a sorridere con quella canna ancora tra le dita, irritandomi maggiormente, e facendomi venire una voglia matta di strozzarlo.

Mio fratello è sempre stato un pericolo. Da ragazzino ogni giorno ne combinava una diversa, arrivando a diventare l'incubo maggiore di ogni maestra o professore.

Se in classe con lui c'era un bambino con gli occhiali, lui lo tormentava chiamandolo Quattrocchi. Se c'era una bambina con l'apparecchio, la torturava chiamandola Sorriso
d'argento. Se c'erano bambini in sovrappeso, gli rendeva un inferno ogni ricreazione giudicando tutto quello che mangiavano.

Dalla prima elementare: Andrea&Gianmaria Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora