Capitolo 4.

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Le situazioni misteriose, le cose strane, sono state sempre il mio punto debole. Le ho sempre detestate, e più cercavo di starne alla larga, più sembrava che il destino le mettesse sempre sulla mia strada in un modo o nell'altro. Non sono mai stata una persona in grado di risolvere un problema, e ci sono testimonianze concrete che possono dimostrarlo: i miei quaderni di matematica. Per me la vita è sempre stata una strada perennemente in salita. Un po' come sulle montagne russe, ma senza la discesa. In un bilico senza soluzione.

Dylan mi faceva sentire impotente. E stare con lui, era come stare sulle montagne russe.

«Dylan che cosa stai dicendo? O facendo? O non lo so...» avevo la voce che tremava. Il mio corpo era scosso da centinaia di brividi, e il mio stomaco era travolto da violenti pugni. Come riuscisse a farmi questo effetto, non lo avrei mai capito.

«Hai capito benissimo quello che ho detto. E anche quello che ho fatto. Dai andiamo.» mi guardò con uno sguardo stranamente insicuro.

«E Jack?» cambiai argomento. «Dov'è?»

«Ho già parlato io con lui. Tu devi seguirmi e basta.» riecco il suo tono maledettamente da duro. Per tentare di calmare i miei ormoni in subbuglio, mi sedetti fra quelle margherite meravigliose, e iniziai a strappare petali su petali.

«D'accordo.» sospirò sedendosi di fianco a me, «se hai deciso di dimostrarmi quanto sei bambina, ci stai riuscendo alla grande, te lo posso assicurare.» disse, puntandomi addosso uno sguardo glaciale.

«"se hai deciso di dimostrarmi quanto sei bambina, ci stai riuscendo alla grande, te lo posso assicurare"» lo imitai.

«Qualcuno ti ha mai detto quanto diavolo sei stronza?»

Oh oh, qualcuno si stava agitando. Mi piaceva.

«In realtà no. È la prima volta.» gli risposi, rivolgendogli un sorriso innocente.

«Ci sono tante di quelle prime volte che potresti sperimentare con me, che neanche t'immagini.»

«Sono certa che queste sono le solite frasi dette e ridette. Non mi stupisci, Coleman.»

Prima che potessi accorgermi di quello che stava succedendo, mi ritrovai bloccata sotto di lui. Le sue mani stringevano i miei polsi, senza farmi male. Il suo peso non mi schiacciava, ma mi sfiorava in tal modo da trasmettermi tutto il suo calore. Il suo solito ciuffetto scuro continuava a ricadergli davanti agli occhi, e lo spostò con un cenno della testa. Il suo viso era più vicino al mio di quanto potessi pensare; sentivo il suo respiro caldo accarezzarmi la bocca, e forse, e dico forse, in quel momento quella determinata situazione non mi dispiaceva molto. Forse, solo un pochino.

«Dylan...» sussurrai con voce insicura, «che-che cosa stai facendo?» La balbuzie stava facendo diventare quella situazione più ridicola di quanto già non lo fosse. Il suo odore mi confondeva, i suoi occhi contro i miei non facevano altro che aumentare il desiderio che sentivo divamparmi dentro, e come se questo non bastasse, quel suo dannato ciuffetto mi faceva tanto venir voglia di scompigliargli i capelli. Dovevano essere morbidi, sicuramente.

«Non lo so Jane, cazzo.» ringhiò aumentando la presa sui miei polsi, e guardandomi intensamente, «ma giuro su Dio che se non la smetti di fissarmi le labbra in quel modo, ci vorrà un miracolo per staccarmi dalle tue, di labbra. E io non credo ai miracoli.»

Quel ragazzo aveva su di me un effetto così contraddittorio. Lo odiavo in un modo quasi disumano, ma la sua sola presenza scaturiva in me qualcosa di inspiegabile. Il suo modo di sfidarmi, di tenermi testa, mi attirava in un modo tremendo, dannoso (e scommetto che questo era uguale per tutte le ragazze che avevano a che fare con lui), ma questo lui non doveva saperlo. A quanto pare però, il mio corpo non la pensava allo stesso modo, perché ogni volta che mi sfiorava, o che mi guardava, era come se quella piccola fiamma che lui aveva accesso, si alimentasse, e mi dava mille tormenti.

Never let me go.Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ