Capitolo 9.

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«Oddio, non ci posso credere! Grazie grazie grazie!» feci i salti di gioia non appena, dopo una notte piena di confessioni e di risate, vidi Aubrey e Jack dentro la nostra casetta. Avevano detto di averci riflettuto -ovvero Jack ci aveva riflettuto,- e che non trovavano giusto il fatto che io e Dylan dovessimo pagare così tanto. In modo particolare, da quando Aubrey aveva scoperto che Jack aveva barato alle estrazioni. Dovevo aspettarmelo.

Attraversammo il lago con due barche diverse: in una c'erano Aubrey e Dylan e nell'altra io e Jack.

«Ti ha fatto del male?» mi chiese una volta che si assicurò che Dylan ed Aubrey fossero lontani da noi.

«No Jack.» alzai gli occhi al cielo. Odiavo il fatto che tutti continuassero a chiedermi se Dylan mi facesse del male, se avesse strani comportamenti, o se mi sembrasse che stesse impazzendo da un momento all'altro.

«Pulce, se ti succede qualcosa devi parlarne. Se non vuoi farlo con me, c'è sempre nonna Heaven, Avril, Colton, Aubrey e tutti gli altri. Ti prego, dimmi che sei sincera e che stai bene.» lessi la preoccupazione nei suoi occhi, ma questo non mi turbò affatto. Mi dava fastidio il modo in cui etichettavano Dylan. Potevano anche conoscerlo da quando era piccolo, ma di certo non avevano capito che sotto tutta quella massa di autodifesa, si nascondeva una persona indifesa e impaurita esattamente come tutti.

«Jack, sto bene. Piantatela tutti quanti di vederlo come un mostro!» urlai.

Lui mi guardò con sguardo accigliato e scosse la testa. «Ti stai innamorando di lui.»

«No.» dissi con voce ferma.

«Non era una domanda, Pulce. Non lo era affatto...» si grattò la folta barba. «Ti avevo detto di stargli alla larga e soprattutto, di non lasciarti abbindolare da lui. Ti avevo avvisata, ti saresti scottata giocando con il fuoco, ma non hai voluto darmi ascolto.»

Rinunciai a dirgli che lui per me era solo una distrazione... perché forse... no. Con un groppo in gola cercai di formulare una frase che non facesse trasparire il dolore che stavo provando.

«Non è come lo descrivete tutti. Lui non è...»

«Non sai niente di lui, Jane!» quasi urlò.

«E voi sì? Voi sapete qualcosa, non è vero? Sapete perché è così scontroso col mondo? Sapete decifrare la sua espressione tormentata? Allora illuminate anche a me. Voglio sapere. Per una cazzo di volta, voglio sapere come stanno davvero le cose.»

«Non hai bisogno di sapere niente.» sussurrò Jack. «Lui non è un ragazzo serio, prende la vita alla leggera, usa le persone e non gliene frega niente dei sentimenti altrui. Usa e scarica tutti, per lui le ragazze sono solo giocattoli. Tu hai davvero intenzione di far parte della sua collezione? Per lui sei esattamente come tutte le altre. Io so che non è così, ma lui no. Vuoi davvero avere a che fare con lui?»

«Ma tu... che ne sai tu?» sussurrai a mia volta.

«Pensaci Jane. Ti riempie di complimenti? Ti sfida? Ti provoca? Litigate sempre?»

Esatto. Facevamo solo quello.

Io annuii debolmente.

«E' come immaginavo. Non credo che lui sia cambiato di punto in bianco. Mi dispiace.» mi accarezzò un braccio con aria desolata.

A me non dispiaceva affatto. La realtà mi era stata sbattuta in faccia quando meno me lo sarei aspettata. Tutti sapevano chi era, tranne me. Come potevo rassegnarmi al fatto che mi piacesse così tanto? Come avrei potuto rassegnarmi al fatto che tutto quello era solo finzione?

***

«Avete intenzione di fare lo sciopero della fame e del silenzio ancora per molto?» Avril andava avanti e indietro nel nostro bungalow senza tregua. Mi stava innervosendo. Io continuavo a fissare il soffitto, contavo trave dopo trave, e osservavo le piccole scheggiature del legno. Le parole di Jack non facevano che risuonarmi nella testa, mentre il mio cervello sembrava sul punto di esplodere da un momento all'altro. Mi ero fidata di nuovo. Lo avevo fatto per l'ennesima volta, ed ecco il risultato, come sempre d'altronde. Potevo aspettarmi qualcosa di diverso? Ovviamente no, ma il mio stupido cuore sì.

Never let me go.Where stories live. Discover now