Capitolo 28.

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Quell'ammissione mi mise non solo sotto un estremo stato di ansia, ma anche una convinzione e una sicurezza mai avuta. Forse lo amavo.
Forse riuscivo a provare sentimenti anche io.
Oh, maledizione! A chi dovevo prendere in giro? Malgrado la potenza e la forza di quei sentimenti, adoravo provarli verso lui che mi faceva sentire viva, che riusciva a risvegliare ciò che ero davvero.

«Dylan...»

«Sì, Jane... lo so. So cosa stai provando, e ti giuro che sto impazzendo. Vederti qui... davanti a me è straziante. Stare tutti questi mesi immaginandoti qui, e poi improvvisamente vederti davvero... è stato un duro colpo anche per il mio cuore di ghiaccio.»

«Non hai il cuore di...»

«Sì, invece.» mi interruppe. Il solito maleducato. «Ma tu lo stai facendo sciogliere, tu sei stata in grado di farmi perdere completamente la ragione, Jane.»

Il modo in cui pronunciava il mio nome... Il modo in cui il suo sguardo penetrava il mio... Il modo in cui la sua espressione si incupiva parlando dei suoi sentimenti. Era pazzesco.

Ero completamente e follemente pazza di lui. E quello che non sapeva, è che era stato lui a farmi perdere la ragione, e ogni singolo briciolo di lucidità.

«Perché dovrei crederti, Dylan? Dopo tutto quello che mi hai fatto, dopo il modo in cui mi hai abbandonata. Sapevi quanto io stessi soffrendo, sapevi quanto male mi avresti fatto, e sapevi quanto avessi bisogno di te in quel momento. Ma tu non c'eri, non ci sei stato, e non credo che ci sarai. Probabilmente appena troverai qualcuna che ti saprà di "frutto proibito", correrai da lei con la tua tortuosa anima in pena, e la farai innamorare esattamente come hai fatto...»

Ma cosa diamine stavo dicendo? Mi si era fuso il cervello?

«Come ho fatto...?»

«Niente! E ora allontanati per favore... mi stai confondendo.»

Ghignò e si avvicinò pericolosamente al mio viso. «Come faccio a confonderti semplicemente parlandoti? C'è qualcosa che non va?»

Ecco il Dylan che conoscevo. Quello che mi provocava e che mi faceva impazzire quando sussurrava, abbassando inevitabilmente il tono della voce.

«In realtà sì,» misi le mani sui fianchi, «ci sono molte cose che non vanno, tanto per precisare. E una di queste è che tu ti stai avvicinando e io non voglio.»

«Non vuoi.» affermò facendosi più vicino.

«No.»

«D'accordo.»

«Bene.»

Ci fissammo intensamente, e in quel momento capii un'altra cosa: non avrei mai smesso di amare il modo in cui mi guardava, in cui mi faceva sentire. Non avrei mai smesso di volerlo vicino a me, per disturbarmi, per sfidarmi, per confondermi.

«Puoi anche allontanarti, Jane. Non ti sto neanche toccando, se è di questo che hai paura.»

Sentivo l'incessante bisogno di baciarlo, di sentire di nuovo il suo sapore dolce, di sentire come le sue mani mi accarezzavano e di come le sue braccia mi rassicuravano.

«Ragazzi!» spuntò Avril. «Oh, ehm... ho interrotto qualcosa? Stavo giusto uscendo...»

«No! Accidenti, non hai interrotto niente.» risi nervosa, «stavamo giusto decidendo cosa fare questa sera, non è così Dylan?»

«Sì. Credo di sì.» rispose confuso.

«Iniziano di nuovo le stranezze con voi due.» borbottò Av, «Tra poco arrivano le pizze, e Colton sta scegliendo un film.»

Never let me go.Where stories live. Discover now