choice

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jeongguk ci avrebbe messo la mano sul fuoco: assumere taehyung come suo segretario personale era stata senza alcun'ombra di dubbio la decisione migliore della sua vita.

non era stato poi così tanto professionale nello stroncare il suo colloquio con un secco "sì" un tantino troppo enfatico, considerando il fatto che be', il colloquio era iniziato da pochi minuti e non sembrava essere neanche poi tanto promettente.

ma chi, si domandava jeongguk, chi non avrebbe acconsentito davanti a quegli enormi occhi scuri, brillanti e contornati da un paio di folte ciglia che gli carezzavano le gote ogni qualvolta che le sue palpebre si socchiudevano nel rivolgergli un caldissimo sorriso.

oppure quando blaterava di informazioni frivole riguardo il lavoro per sembrare giusto un po' più capace e in gamba, ma che ad essere onesti era l'unica cosa che non interessasse minimamente al suo datore, il quale si ritrovava infatti ad annuire e complimentarsi con lui più e più volte solo per il puro egoismo di veder arrossire e gonfiare le sue guance in seguito ad un sorriso timido.

e tutte quelle volte che jeongguk si preoccupava di proposito di parlare con termini complessi e spiegargli tutte quelle inutili prassi che taehyung non aveva il minimo bisogno di sapere solo per il gusto di vederlo annuire perplesso, o come le battute incomprensibili sul lavoro fatte solo ed esclusivamente per sentire quelle risatine così sciocche e vuote.

jeon jeongguk, sei un sadico.

mannò, scrollò le spalle.
sadico era esagerato, jeongguk lo aveva solo perfettamente inquadrato nella definizione televisiva di "ditz" e quella sua caratteristica "brainless beauty", lo intrigava da morire come fosse droga.

d'altra parte, nonostante le sue scarse capacità in campo di contabilità o di informatica, taehyung si era rivelato, per sua grande sorpresa, un ottimo assistente con straordinarie capacità comunicative, scritte in special modo, e soprattutto un grande lavoratore vista la sua obbedienza ed operosità.

-me lo porti un caffè, taehyung? come piace a me?-

e neanche cinque minuti dopo, il giovane faceva il suo ingresso nel suo ufficio con la sua camicetta di raso, i pantaloni blu oltremare e la tazza di caffè fumante che il suo capo gli aveva gentilmente richiesto.

-a lei, signor jeon. serve altro?-

jeongguk dissentì con lo stesso sorriso cordiale che l'altro aveva costantemente stampato in viso ed un "ottimo lavoro, taehyung", per poi vederlo allontanarsi in seguito ad un inchino e far cadere immediatamente il bicchiere contenente il liquido nero e bollente all'interno del cestino.

per dio, a jeongguk neanche piaceva il caffè schiumato ma vedere il suo piccolo e dolce taehyung sgobbare a comando? oh, quello gli piaceva in maniera indescrivibile.

e poi avrebbe gradito molto più un paio di dita di scotch, ma bere al posto di lavoro, non era poi tanto professionale a suoi occhi.

non lo è neanche assumere un ragazzo innocente solo perché hai voglia di andarci a letto, jeongguk.

oh, al diavolo.
non voleva solo andarci a letto, jeongguk lo avrebbe conquistato con un po' di sano romanticismo.

e per la cronaca, non doveva proprio dimostrare nulla a nessuno quando neanche pochi minuti dopo aver malamente gettato il caffè via nell'immondizia, abbandonò la scrivania per correre nel vicino ufficio del suo assistente per irrompervi all'interno.

-qualcosa non va, signor jeon?- domandò il giovane pacatamente e con sguardo confuso ma con una punta di preoccupazione, che non venne del tutto abbattuta da un movimento del capo di jeongguk nel tentativo di dare una risposta negativa.

book for taekook ;; oneshotsWhere stories live. Discover now