5.

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'Cause I told you my level of concern
But you walked by like you never heard


«prof ma che ce sta dentro a quella casetta vicino la piscina?»
«niente, c'è qualche attrezzo da lavoro ma nulla di importante, non ci entriamo da una vita»

Manuel annuì girando il cucchiaino nella tazzina del caffè, erano rimasti solo loro due seduti a tavola dopo pranzo mentre gli altri erano in cucina a mettere a posto.

«non ha mai pensato de facce qualcosa?»
«no, tu ci vorresti fare qualcosa?»
«uno studio ce starebbe bene, ce fa le lezioni in videochiamata in santa pace»
«sai che non è una cattiva idea?»

Manuel sorrise prendendo il primo sorso di caffè ed iniziarono a discutere su come avrebbero potuto sistemare quel posto, alla fine la struttura era solida, si trattava solo di sistemarla all'interno e Manuel fu subito entusiasta di quel lavoretto. Il fatto che Dante non ci avesse pensato due secondi prima di assecondare quell'idea lo faceva sentire amato, era come il padre che non aveva mai avuto. Appena il professore si alzò dal tavolo rimase da solo a pensare quanto quella famiglia gli avesse cambiato la vita in nemmeno un anno, era arrivato come un fulmine a ciel sereno nella vita di Simone e lui, suo padre e sua nonna lo avevano accolto da subito come se facesse già parte della famiglia, gli avevano insegnato che esisteva l'amore oltre quello di una madre.

«ao te sei incantato?»

Alzò di scatto lo sguardo su Simone che si era poggiato con le mani al tavolo davanti a lui facendo contrarre i muscoli delle braccia.

«si stavo a pensá in che punto del giardino posso nasconde er cadavere tuo alla fine de sta quarantena»
«ah si? Hai scelto?»
«si vicino la piscina»
«mh, mi piace»

Risero entrambi ed immediatamente l'aria nella stanza si fece più leggera, a Manuel sembrava di essere su una nuvola ogni volta che lo aveva vicino e vederlo ridere era quanto di più vicino al paradiso ci fosse in quel periodo. Simone ormai si era abituato a fare dei sorrisi di cortesia, raramente rideva in modo spontaneo e Manuel aveva imparato a distinguere le due cose con il tempo, quando la risata era sincera gli ridevano anche gli occhi.

«l'allenatore c'ha dato degli esercizi da fare a casa, vado a farli in giardino, vuoi venire?»
«non te sembra ancora presto per tornare ad allenarti?»
«sono esercizi normali, non mi vado mica a buttare nelle mischie»
«vabbè te vengo a controllá»

Manuel si alzò dal tavolo e lo seguì in giardino mettendosi seduto sul prato, Simone poco distante da lui iniziò a riscaldare i muscoli sotto i suoi occhi attenti, piegò una gamba di lato e poggiò le mani sul ginocchio cambiando posizione dopo dieci secondi. Manuel guardava come ogni muscolo si contraesse in modo diverso a seconda dell'esercizio, era completamente ipnotizzato dai movimenti del ragazzo e dal modo in cui i raggi del sole gli si posavano sulla pelle. Si pentiva ogni giorno di più di non aver accettato prima quello che provava per lui, realizzando che ormai fosse troppo tardi, in quel momento avrebbe dovuto pensare solo a far stare bene Simone e fargli ritrovare un equilibrio senza rimettere in discussione tutti i suoi sentimenti.

«Manu vieni qua»
«che c'è? Te sei fatto male?»
«no mi devi semplicemente reggere i piedi per gli addominali»

Manuel si tirò su e si avvicinò a Simone già sdraiato sul prato con le ginocchia piegate, si mise in ginocchio davanti a lui e strinse le mani sulle sue caviglie.

«ne devo fare 20»
«vai»

Simone fece il primo piegamento arrivando ad un palmo dal viso di Manuel che cercò di spostarsi un po' indietro in modo vago, per venti volte così non reggo, pensò.

«giá stai a sbagliá Simò apri sti gomiti»
«ah mo sei pure allenatore»
«si»

Simone alzò gli occhi al cielo ma seguì il consiglio del ragazzo sistemandosi meglio per poi ripartire, Manuel teneva il conto dei piegamenti mentre osservava il viso concentrato di Simone, ogni volta che saliva alla sua altezza agganciava gli occhi nei suoi e Manuel aveva la tachicardia nonostante non stesse facendo nessuno sforzo fisico in quel momento.
All'ultimo piegamento Simone si lasciò cadere con la schiena sul prato con il petto che si alzava e abbassava velocemente.

«non ti farebbe male fare sti allenamenti»
«io mica gioco a rugby»
«che c'entra, fanno sempre bene»
«magari n altro giorno»

Manuel staccò le mani dalle sue caviglie e si mise seduto a gambe incrociate davati a lui, che lo imitò poco dopo. Simone aveva il fiatone e la mente di Manuel volò inevitabilmente a qualche notte prima, erano giorni che si domandava se la psicologa sapesse dei suoi attacchi e soprattutto se avesse contemplato l'idea di utilizzare dei farmaci per aiutarlo, poi una domanda ben definita gli passò per la testa, e se glieli avesse prescritti ma lui non li stesse prendendo?

«senti ma-»

La bocca di Manuel parlò prima che il cervello valutasse bene se quello che stava per dire potesse avere degli effetti su Simone, alzò lo sguardo su di lui trovandolo con un sopracciglio alzato.

«ma?»
«no niente»

Si schiarì la voce e lo sguardo di Simone si fece corrucciato.

«che cosa Manuel?»
«niente, lascia sta»

Simone sbuffò e si alzò in piedi, Manuel lo osservò capendo subito quanto si fosse innervosito.

«dove vai?»
«dove cazzo mi pare, mi sono stufato Manuel, sono due mesi che mi trattate come un ragazzino, non mi dite le cose, mi trattate come se da un momento all'altro io possa cercare di ammazzarmi di nuovo. Mi sento costantemente sotto controllo, non posso fare un passo che ci siete voi a guardarmi, ti ho detto che dovevo allenarmi e la prima cosa che hai detto è stata "non sarà troppo presto?" Come se non fossi abbastanza maturo o intelligente da capirlo da solo. Mi sono rotto in cazzo Manuel, mi dovete lasciare in pace»

A Manuel venne la nausea a sentire quelle parole, per due mesi aveva prestato tutte le sue attenzioni a lui per farlo stare bene e ora veniva a scoprire che non solo non veniva apprezzato, ma che era anche visto come un peso. A stento riuscì a tirarsi su con un macigno sullo stomaco che sembrava volerlo fare sprofondare, si era ripromesso che avrebbe cercato di controllare la rabbia quando parlava con Simone ma in quel momento era talmente ferito che tutti i suoi buoni propositi erano andati a farsi benedire e non aveva pensato troppo prima di iniziare a parlare.

«so du mesi che faccio de tutto pe fatte esse felice Simò, du mesi che la priorità mia è alzarmi la mattina e vedé come stai e te adesso me vieni a dì che t'ho rotto il cazzo. So cretino io che pensavo di farti stare meglio, che ti avrebbe fatto piacere, so proprio cretino io perché in realtà a te»

Lo spinse leggermente sulle spalle facendolo indietreggiare.

«non»

Una seconda spinta colpì Simone che iniziò a sentire gli occhi pizzicare.

«te ne frega»

Il più piccolo poté giurare di sentire il cielo crolare quando percepì per la terza volta le mani di Manuel spingerlo sulle spalle.

«un cazzo»

Disse quest'ultima frase dandogli una spinta più forte che rischiò di farlo cadere, lo sguardo di Manuel era pieno di rabbia e delusione, quello di Simone era stanco, si stavano di nuovo facendo del male e nessuno dei due faceva niente per impedire che succedesse.

«vaffanculo Simò»

Level of Concern | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora