Christian aveva passato la maggior parte della sua vita a inseguire una passione che gli aveva recato più danni che gioie, eppure per lui sembrava essere il contrario. Era consapevole del fatto che, continuando a ballare, i suoi disturbi alimentari continuassero ad avere modo di entrare dentro alla sua testa molto più facilmente; ma allo stesso tempo sapeva di essere perso senza l'unica cosa che lo aveva sempre spronato ad andare avanti e non arrendersi, dando peso a quella disciplina quasi più che alla sua vita stessa. La danza era il suo ossigeno e senza di essa respirare sarebbe diventato sempre più difficile, fino a diventare impossibile e farlo spegnere del tutto.
Aveva cominciato a ballare nella scuola di ballo di sua madre, e forse anche per quello era stato sin da subito preso di mira dagli altri bambini, che lo credevano agevolato dal grado di parentela, senza considerare il fatto che lui avesse davvero tanto talento e che se aveva vinto tutti quei premi un motivo doveva per forza esserci. Durante l'adolescenza poi, dove i ragazzi sono al culmine della cattiveria nei confronti del prossimo, le critiche erano state così tante che aveva anche deciso di smettere per un periodo. Era stata sua sorella Alexia a farlo ricredere, ballando insieme a lui nella loro stanzetta, dove condividevano i sogni e le insicurezze, dove il legame fratello-sorella passava in secondo piano davanti a una vera e propria amicizia, che non sempre si riesce a formare in una famiglia.
A Christian mancavano quei giorni, prima della litigata che aveva rovinato tutto ciò che avevano costruito insieme, lui, sua sorella e i suoi genitori. Non gli piaceva pensare a quel pomeriggio, erano passati ormai due mesi e da allora non li aveva più sentiti, nonostante si fosse tenuto aggiornato tramite i social media, assicurandosi che tutto andasse bene. Ricordava chiaramente tutte le singole frasi che erano state pronunciate, con annessi sentimenti e conseguenze, tra le quali le parole fredde di suo padre mentre andavano via dalla struttura, pronunciate lentamente e scandendo ogni singola lettera, senza distogliere nemmeno una volta lo sguardo dal suo.
"Forse è meglio che ci sentiamo quando guarisci."
Tutte le certezze che Christian aveva accumulato negli anni passati nella struttura erano state stravolte, distrutte da quella frase. Gli era stato insegnato che la sua non fosse una malattia, che non dovesse essere curato ma solo aiutato, e dopo tutto il tempo che ci aveva messo ad accettare quelle parole, esse non avevano alcun valore davanti a quelle di un padre che dice a suo figlio di essere malato. E non solo, perché gli aveva anche detto che non gli sarebbero più stati accanto nel suo percorso, perché ormai era diventato solo un peso seguirlo, solo un ulteriore motivo per stare male. Il moro aveva solo un pensiero quando rifletteva su quel giorno: i suoi genitori lo guardavano e l'unica cosa a cui pensavano era alla delusione in cui si era trasformato un bambino una volta attivo e preparato, amato da tutti. Da tutti si, tranne che da sé stesso.
Christian fu allontanato da tutto quel trambusto che era scoppiato nella sua testa, dal rumore di qualcuno che bussava contro lo stipite della porta. Sorrise compiaciuto nel vedere Carola in piedi all'entrata di camera sua, con addosso una tuta larga e i capelli sciolti che ricadevano sulle sue spalle. La preferiva mille volte quando era vestita così che quando si impegnava per sembrare una vera ballerina di classico: la trovava più veritiera negli abiti comodi, e andava completamente pazzo per i suoi capelli, che erano davvero tanti rispetto a quelli di qualsiasi altra ragazza. La castana aveva le braccia incrociate al petto, strette quasi a riscaldarsi, dato che sembrava stesse tremando per il freddo, ed effettivamente non aveva tutti i torti. Ancora una volta sembrava una bambina indifesa, che va da sua mamma a chiedere scusa dopo aver combinato qualcosa.
"Un penny per i tuoi pensieri?" La sua voce era sempre pacata, anche durante i litigi, e Christian aveva avuto modo di vedere ogni sua sfaccettatura in quelle settimane di convivenza. Ricordava ancora la loro prima discussione, di cui aveva però dimenticato l'argomento, e ciò poteva dimostrare quanto dovesse essere 'importante'. Ammirava e un po' anche invidiava il modo in cui Carola riuscisse a restare calma pur difendendo il suo punto di vista, quando lui era troppo impulsivo per non scoppiare durante un litigio, facendo uscire fuori il lato peggiore di sé quando era arrabbiato. In un certo senso credeva che si completassero in quei casi, lei usando la ragione e lui l'istinto che non sempre era la cosa sbagliata da fare.
"Quanto si sente che sei sarda." Il moro la prese in giro per il suo accento, che era riconoscibile in ogni singola parola che pronunciasse. Gli piaceva stuzzicarla in diversi modi, perché la sua reazione era sempre la stessa: ridacchiare e abbassare la testa imbarazzata, proprio come aveva fatto in quel preciso istante. "Smettila." sussurrò a bassa voce, ma Christian sapeva che in realtà a lei quei momenti piacessero tanto quanto a lui. C'era una complicità che avevano poche persone, si capivano e supportavano in un modo in cui gli altri non facevano, non riuscivano a fare. Il ballerino di hiphop vedeva chiaramente la differenza tra il loro rapporto e quello che aveva stretto con Serena, era evidente fossero due cose completamente diverse e dettate da sentimenti opposti, per questo non riusciva a inquadrare bene la loro situazione. Si piacevano, ma allo stesso tempo c'era un puntino che, in ogni momento che passavano insieme negli ultimi giorni, portava il ragazzo ad estraniarsi dalle loro conversazioni. Un puntino che si chiamava Amelia.
"Ciao." Disse ancora Christian, fissando Carola con un sorriso stampato in faccia, cercando di sovrastare sempre di più l'immagine della figura minuta della nuova arrivata, che nella sua mente si trovava al posto della ragazza con cui stava cercando di costruire qualcosa di diverso. La invitò ad avvicinarsi a lui, facendole spazio per stendersi sul letto, e lei non se lo fece ripetere due volte. Una volta che si furono trovati stesi uno affianco all'altra, Christian circondò la figura esile della ragazza, attirandola ancora di più a sé, per poi stamparle un tenero bacio tra i capelli. "Ciao." Rispose Carola allora, guardandolo negli occhi, imitando il tono che aveva assunto lui prima.
"Stiamo un po' così." Affermò il moro, chiudendo gli occhi e sistemandosi meglio sul cuscino, non avendo troppa voglia di parlare vista la difficoltà di concentrazione che stava avendo quel giorno. Carola annuì, nonostante il ragazzo non potesse vederla, e chiuse anche lei gli occhi, lasciandosi cullare dalle carezze che Christian continuava a poggiare sulla sua schiena, accompagnate da piccoli baci che provocavano brividi sulla sua pelle, fredda già in partenza.
Qualsiasi persona guardandoli avrebbe visto due ragazzi distrutti dalla vita, che avevano trovato l'amore, la luce nel buio del loro percorso. Christian no, lui vedeva solo un'illusione, la consapevolezza che le cose belle finiscono sempre. E non riusciva a non pensare a come si sarebbe potuto sentire se al posto di Carola, tra le sue braccia, ci fosse stata Amelia.

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Candida. |Christian Stefanelli
FanfictionA catturare subito la sua attenzione fu un ragazzo alto, non troppo magro ma evidentemente sottopeso. I capelli scuri e ricci, non troppo lunghi, ricadevano sulla sua fronte e i suoi occhi sembravano essere contornati da un filo di matita nera. Il s...