Chapter ten- Profumo Di Fiori.

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Amelia profumava di fiori.
Me ne accorsi non appena le parlai, a cena, il giorno in cui ero arrivato per aiutare Christian.
Quella clinica, quelle mura bianche, quei visi stanchi, mi ricordavano momenti della mia vita che forse avrei fatto meglio a dimenticare, perché ormai ero una persona nuova e non ero in quel luogo per aiutare me, ma per aiutare il mio migliore amico.
A lasciare che quelle immagini fossero solo ricordi era proprio il profumo di Amelia, che era diverso da quello di tutte le altre persone che avevo conosciuto lì.
Del periodo in cui c'ero anche io erano rimaste solo due persone: uno era Luigi, che quando mi aveva visto si era spaventato credendo che fossi tornato a causa del mio disturbo alimentare, ma che mi aveva stretto in un abbraccio fraterno quasi commovente una volta scoperto cosa fossi davvero andato a fare, e l'altro era Dario.

Non so che dire di Dario, perché la storia con lui va molto oltre a quella con il resto delle persone che ricordo di quei tempi, ma ho un'idea ben chiara di lui il primo giorno in cui arrivai alla clinica.
Arrivammo lo stesso giorno, entrambi sembravamo dei bambini spaesati, forse un minimo lo eravamo anche, e subito facemmo amicizia.
Era un ragazzo buffo, con delle espressioni facciali davvero troppo divertenti, e con un senso dell'umorismo che subito lo aveva portato a legare con quasi tutti nella struttura.
Per me fu diverso, mi ci volle un po' di più a fare amicizia, e Dario mi aiutò davvero tanto in quella che per me sembrava un'impresa impossibile.
E poi c'era Christian, che subito ci aveva presi sotto la sua ala protettrice, portandoci in camera da lui.
La camera verde era invidiata da tutti per la forte amicizia che ci legava, ma dove era finito tutto questo?

Rivedere Dario fu un colpo al cuore, non tanto per me quanto per lui, che solo in quel momento realizzò ciò che era realmente accaduto, e che forse ancora stava succedendo.
Si era lasciato andare a un pianto liberatorio tra le mie braccia, mentre ripeteva ossessivamente che non era stato un buon amico per Christian, che aveva lasciato che le sue paure prendessero il sopravvento su di lui, portandolo ad allontanarsi da una persona che, secondo la sua famiglia, "non aiutava con il suo recupero".
Cercai di rassicurarlo, dirgli che era tutto ok, che avevano ancora del tempo per rimediare a tutto, che in quel momento dovevamo essere entrambi presenti per quel pollo che era il nostro amico.
E lui mi raccontò delle brutta litigata che avevano avuto il mese prima, dove Dario aveva ingenuamente definito i traumi di Christian come "una pagliacciata", senza effettivamente pensare alle conseguenze che quelle parole avrebbero poi avuto su entrambe le loro vite.
Dario si era lasciato divorare da sensi di colpa, mentre Christian non era stato più sé stesso dopo quelle parole.

Conoscevo anche Carola, ma lei era una questione totalmente diversa: ad avercela mandata in quella clinica, mesi dopo il mio ritorno in Puglia, ero stato proprio io.  Avevo visto i suoi peggioramenti, il modo in cui la terapia con lo psicologo una volta a settimana non stesse dando i suoi frutti, e ne avevo parlato con lei, che conoscevo per via di una vacanza in Sardegna che avevo fatto addirittura prima del mio ricovero.
Quando glielo avevo proposto mi aveva ignorato per una settimana, quasi si sentisse ferita dal fatto che io la considerassi "diversa", ma quando finalmente si decise ad ascoltarmi le raccontai tutto il mio percorso, e lei si convinse che venire qui fosse la cosa giusta da fare.
Mi ero già allontanato da Christian quando Carola arrivò nella struttura, ma sapevo per certo che i due avessero parlato di me, come la ballerina mi aveva accennato qualche giorno dopo il suo arrivo. In parte pensavo proprio che il moro si fosse avvicinato a lei perché proprio in lei rivedeva una parte di me, e mi sentì in colpa. Ma parlando con Amelia, quella sera, capì molte più cose.

Mi raccontò di come vedesse Christian cambiare totalmente ogni volta che Carola veniva nominata in un discorso, di come a volte quei due sembravano capirsi solo con uno sguardo, di come fossero in sintonia quelle volte che la maestra Celentano gli assegnava dei passi a due, nonostante la differenza tra gli stili che praticavano. Mi disse che erano quasi opposti, ma che insieme sembravano completarsi, stare bene. Mi raccontò di come avesse visto Christian entrare furtivamente nella camera della castana poco prima, e di come era sicura che fosse andato per farsi perdonare, perché non voleva perderla, perché insieme stavano bene e state bene era tutto ciò che contava nella situazione in cui si trovavano quelle due anime.
Era tutto dannatamente fantastico, sembrava una favola, sembravano amarsi davvero, eppure non potei fare a meno di storcere il naso davanti a quella storia, perché il modo in cui mi era stata raccontata era tutto, tranne un'amica felice per i suoi due compagni innamorati.

"E tu e Christian, invece?" Mi assicurai di fare quella domanda solo dopo che Amelia ebbe finito di mangiare, perché sapevo di poter scatenare in lei una reazione di rigetto a causa dell'ansia, dello stress, e certamente quella era l'ultima cosa che volevo fare.
Notai come la sua espressione cambiò prontamente, da malinconica a fintamente disinteressata, con un luccichio negli occhi che in altre situazioni mi avrebbe fatto sorridere, ma che in quel momento mi faceva contorcere lo stomaco, vista l'ovvia difficoltà che stava trovando la ragazza nel rispondere a quella che sarebbe dovuta essere una innocua, semplicissima domanda.
"Se non vuoi rispondere fa nulla eh." Mi affrettai allora a precisare, cercando di calmarla leggermente ed evitare situazioni imbarazzanti, ma lei scosse il capo prontamente, per poi bere un sorso d'acqua e iniziare a parlare.

"Sarei una bugiarda a dire che tra me e Christian non ci sia nulla. Si capisce da come ci guardiamo, da come parliamo, da come ogni volta che ci tocchiamo sembra quasi come se venissimo avvolti da un'energia sconosciuta, come se prendessimo la scossa. E mentirei se dicessi che non mi piace per nulla quel nasino all'insù che lui odia così tanto, o se dicessi che quelle lentiggini che ha sul viso mi fanno schifo e non passo tutto il tempo che ho con lui a contarle e ricontarle, per poi scoprirne ogni giorno una nuova, in un posto in cui il giorno prima non c'era. E sarebbe una bugia se dicessi che non mi è mai capitato di perdermi nei suoi occhi, che all'apparenza possono sembrare marroni, ma che hanno mille sfumature diverse tendenti al verde, e che quasi cambiano colore alla luce del sole, oppure quando è di buono o cattivo umore. Ma so anche che sarebbe da falsi dire che non vedo come guarda lei, come farebbe di tutto per renderla felice e non farla preoccupare, come non riesce mai a lasciare che qualcosa le accada, perché per lei darebbe la vita. Quindi si, qualcosa tra di noi c'è, qualcosa di forte che magari in futuro potrà portare il nostro rapporto su un altro livello, ma ora no. Perché ora ama lei, in un modo diverso.
Credo nel destino, e sono quasi sicura che dei pezzi della nostra anima siano collegati e mai potranno separarsi, ma finché lui continuerà ad amare lei io starò fuori, perché non sono nessuno per mettermi in mezzo a qualcosa di tanto bello."

Parlare sarebbe stato riduttivo in quella circostanza, perché il modo in cui mi aveva risposto senza esitare un secondo, con delle idee tanto articolate e precise, mi fece capire quanto in realtà ci avesse pensato a quella questione prima di parlarne con me, che ne sapevo poco e nulla, che mi sentivo quasi di troppo a piombare nella vita di quelle persone e conoscere i dettagli solo chiedendo.
Mi stupì per la fiducia che mi aveva concesso, aprendo il suo cuore a me, che di lei sapevo poco e nulla, confessandomi sentimenti che non sapevo se qualcun altro conoscesse.
Parlare sarebbe stato riduttivo, si, ma restare fermo a fissarla con una faccia da pesce lesso non fu certamente meglio, visto il modo in cui ridacchiò distrattamente, guardando l'entrata della mensa, forse aspettando di vedere i suoi due amici entrare insieme.
"Sembri bravo, non farmi pentire di averti raccontato tutto."
E mi ritrovai istintivamente a sorridere, sperando che nella camera della mia amica, Christian stesse bene, tra le sue braccia, senza preoccupazioni.

Candida. |Christian StefanelliTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang