01- Questo sono io

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ALEX

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ALEX

" Non hai bisogno di nessuno che ti dica chi sei o cosa sei.
Tu sei quello che sei "
John Lennon

E' un caldo pomeriggio di Agosto, sono steso sul letto di questo sudicio Motel. L'aria rovente rende ancora più pesante l'odore di naftalina che pervade la stanza, causandomi un leggero malessere.

Le mura sottili lasciano trapelare la voce stridula del mio vicino, vanificando il concetto di privacy. Il suo tono subisce una forte impennata, non da tempo alla persona dall'altro capo della linea di proferire anche una sola parola. Biascica qualcosa riguardante sua figlia, un appuntamento con l'avvocato e un uomo.
Probabilmente sarà uno di quegli idioti che si è fatto incastrare nella terribile trappola del matrimonio, per poi essere tradito con il primo uomo di passaggio. Magari il loro giardiniere.

Le mura fatiscenti della facciata esterna avrebbero dovuto farci intuire quanto fosse decadente lo stabile, ma d'altronde con quei pochi spicci che ci tintinnavano nelle tasche non avremmo potuto permetterci di alloggiare in un Motel che avesse anche solo una stella.

Mi guardo attorno e mi soffermo ad ispezionare la stanza, nonostante siamo qui da giorni è la prima volta che ci presto attenzione.
Piccole gocce di vernice asciutta multicolore decorano la maggior parte degli stipiti delle porte di legno scuro, probabilmente avranno ritinteggiato le stanze più volte, magari per nascondere qualche infiltrazione di acqua o semplicemente la muffa. L'unico punto da cui potrebbe filtrare un po' di luce naturale è una grande finestra coperta da una pesantissima tenda stile vintage. Affaccia direttamente sul parcheggio e fiancheggia la porta d'accesso. Subito sulla destra due letti singoli sono distanziati tra loro da un comodino scadente, sul quale è riposta una piccola abat jour verde pastello della stessa qualità. La parete di fronte è occupata da una scrivania abbastanza semplice e da un piccolo cucinino polveroso e fatiscente. Sono sicuro che se qualcuno fosse così stolto da cucinare li sopra contrarrebbe in men che non si dica qualche malattia. Per ultimo e non meno importante un armadio a due ante anticipa la porta del bagno, ovviamente cieco.

Aspiro l'ultima boccata di fumo dalla mia Marlboro e la premo con forza sul posacenere di plastica blu, che speranzoso tenta di rimanere in equilibrio sul letto, mentre una piccola nuvoletta grigia abbandona la mia bocca semiaperta.
Rivolgo lo sguardo verso il soffitto e concentro tutta la mia attenzione sulle pale del ventilatore che cigolano ad ogni giro.
Questo posto prima o poi cadrà a pezzi!

In quel momento la mia mente comincia a vagare tra i mille pensieri che la invadono. Per quanto girino forte e si sforzino non porranno mai fine a questo dannato caldo.
«Un lavoro inutile, ma comunque necessario, proprio come il mio!».

Il flusso di pensieri viene interrotto, quando sento bussare alla porta. Faccio scivolare oziosamente i piedi sulla moquette, quasi del tutto macchiata da chissà cosa, e a passi lenti vado ad aprire.
«Ehi Alex, ce ne hai messo di tempo! Tieni è arrivata questa».
Irrompe nella stanza, sventolando davanti ai miei occhi un foglio di carta mal piegato. Mio padre, Steve: capelli brizzolati, occhi chiari e vivaci, un fisico imponente.
Molte donne lo riterrebbero un uomo affascinante sotto molti punti di vista, se non fosse per le sue maniere rudi e poco delicate.

La luna nera (IN REVISIONE) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora