14. Segreti e sangue

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Hermione si riscosse e venne improvvisamente riportata alla realtà dal sussurro di Malfoy.

Sangue.

Sangue puro, il sangue di Salazar Serpeverde.

-Beh, dev'essere una specie di momento sacro, per te, trovarti di fronte a questo sangue.- osservò lei, con un commento velenoso.

Malfoy la osservò e per la prima volta sembrò seccato. Scosse la testa, distraendosi un momento, e si prese qualche altro secondo per osservare il manufatto, prima di tornare a parlare, assorto.

-Per me è un insperato miracolo trovarmi di fronte ad un manufatto così raro. E per di più appartenuto ad uno dei quattro fondatori di Hogwarts, il pronipote del potente Merlino. Questa è una testimonianza unica, Granger, sangue o inchiostro che sia. Il sangue però la impregna del potere del mago che ce l'ha lasciata e che, con tutta probabilità, l'ha maledetta perché non possa essere letta o toccata da chiunque.- chiarì, accigliandosi quando lei gli sorrise di nuovo con aria di sufficienza.

-Magari può toccarla solo chi è purosangue.- ipotizzò lei sarcasticamente, osservando con aria inespressiva le rune vergate in quella calligrafia così confusa. Sembravano milioni di stuzzicadenti sovrapposti. Chissà quanti altri enigmi conteneva... chissà che cosa volevano dire quei numeri. Chissà cosa sarebbe successo se l'avesse sfiorata. La partita a Shangai più pericolosa della sua vita.

-Credo che non farò una prova, se è questo che suggerisci.- rettificò lui, piccato.

-Ma certo che no.- rispose lei nello stesso tono. Continuò a fissare la pagina ingiallita, che ormai sembrava guardarla di rimando.

-Trentatré, quarantanove... e dodici.- rimuginò lui, spingendola a concentrarsi di nuovo sulla pergamena.

-Trentatré come le colonne di simboli, quarantanove come le righe! E dodici... dodici... Granger, pensa, a cosa potrebbe riferirsi il dodici? Il numero dei caratteri? Gruppi di lettere?-

Hermione si stava mordendo le labbra, il suo cervello si rifiutava di funzionare. Per qualche motivo la presenza di Malfoy non la lasciava pensare.

-Credo sia meglio che io vada ad avvertire Harry, di quello che abbiamo scoperto. Forse se fosse qui potrebbe aiutarci a capire.- propose lei, che non vedeva l'ora di uscire dalla stanza.

Lui alzò lentamente lo sguardo sulla donna, che era evidentemente a disagio nella stanza, e sospirò. Il dolore alla gamba si faceva sentire. Provò a concentrarsi su qualcos'altro ma era impossibile con quegli occhi accusatori piantati addosso. Chiuse i suoi, cercando di lasciare per un momento tutto il mondo fuori, poi li riaprì.

Riusciva a leggerle in faccia quello che pensava con estrema facilità e ormai stava diventando insopportabile. Era da tempo che qualcuno non lo disprezzava con così tanto trasporto. La mezzosangue lo odiava, provava disgusto quando gli rivolgeva la parola, era chiaro. Ma non era solo questo: aveva anche paura di lui e questo non riusciva proprio a tollerarlo. Era come essere considerati animali feroci: imprevedibili, subdoli e infidi.

Ma poteva farlo ancora una volta, poteva dedicarle dei ritagli e aspettare che si abituasse a lui. Poteva sopportare quello sguardo incandescente, per tutto il tempo necessario. Se lo meritava, dopotutto. Solo... Solo che non voleva. C'era qualcosa, nel profondo, che lo stava facendo arrabbiare.

-Così però non va.- sillabò con estrema chiarezza, arrendendosi. La vide guardare verso la porta, poi ancora verso di lui. Cercò di simulare una certa calma ma non era affatto brava a fingere.

-Che cosa non va?- chiese distrattamente.

-Lei... cioè io... non funzionerà mai, non possiamo lavorare insieme se va avanti così.- le disse, con una certa frustrazione nella voce.

Il ritorno dell'erede di SerpeverdeWhere stories live. Discover now