Prologo.

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Avevo una sensazione strana. La testa. Sicuramente era la testa a darmi noia, d'altra parte i medici continuavano a ripetermi di aver avuto tanta fortuna ad essere ancora viva.

Ricordavo a malapena il momento dell'incidente, rivivevo solo le luci in mille colori diversi, anche i suoni erano colorati: come se qualcuno avesse lanciato per aria polveri di colori differenti. Dicevano che era normale dopo un colpo così forte alla testa: la commozione cerebrale può creare forti danni alle percezioni dei sensi e anche alla memoria. Fortunatamente la mia memoria era ancora di ferro, peccato che i sensi continuavano a comunicare con me tramite i colori. «Non barare signorina, sarò vecchio, ma ci vedo ancora bene! Tira fuori la carta che ti sei messa nella manica, non puoi chiudere se hai una carta in mano!» esclamò puntandomi l'indice contro un mio vicino di branda: il vecchio signor Sandrini, un tipo schietto e senza peli sulla lingua. «Insomma Sandrini, non fare l'antipatico, la signorina qui è una sopravvissuta, sta recuperando, lasciala barare in pace» commentò il compare del signor Sandrini, il vecchio signor Fanin. Scossi la testa divertita. «E va bene, mi avete scoperto, non posso chiudere e questa partita di Macchiavelli durerà fino al giorno della mia dimissione. In quella occasione andremo tutti alla balera di paese. Non fate i bisbetici ora» affermai ammettendo le mie colpe con la carta del 5 di cuori in mano e una risata tra i denti. Il signor Bignani, del letto di fronte al mio, mi guardò interdetto: «Macchiavelli? Non stavamo giocando a Burraco?» domandò, facendomi ridacchiare. «Il solito rincoglionito, tale quale a sua moglie» attaccò spensierato Sandrini mettendo le carte in tavola enfatizzando subito dopo la parola "chiuso" con tanto di pugni alzati al cielo in segno di vittoria. «Io non gioco più con voi, mi ripulite tutte le volte!» mi lamentai tornando con estrema cautela sotto le coperte della mia branda. «Signora Morell, c'è una visita per lei» la voce dell'infermiera s'interpose alle chiassose discussioni dei miei vecchietti, mentre la felicità dalle sue parole si trasformava prima in ansia, poi in dubbio. Un signore dagli abiti miseri e i capelli arruffati entrò nel mio campo visivo, stupito e dubbioso quanto me. «Tu mi vedi?» domandò serio, «Perché non dovrei?» chiesi a mia volta. «Preferisce che venga tra qualche minuto cara?» questa volta fu il turno dell'infermiera di fare domande. «Perché solo io posso decidere quando mostrarmi alle persone. Dunque devo presupporre che tu sia la nuova aruspice, è un piacere fare la tua conoscenza. Siamo colleghi» commentò il signore, corrugai lo sguardo, guardando subito dopo l'infermiera. «No no, immagino sia mia figlia, la faccia pure entrare, mi aiuterà a vincere contro i miei amici» risposi gentilmente. «Sì uhm, certo» disse. Tornai sul nuovo arrivato. «Mi sta dicendo che devo sviscerare gli animali per vedere il futuro?» domandai sarcastica, rise anche lui. «Sono passati secoli dall'ultimo aruspice, i tempi sono cambiati. Solo io sono costretto a portarmi dietro questo libro pesante giorno dopo giorno» «Che libro è?» chiesi, mentre i colori intorno al signore variavano nelle tonalità calde. «Questo è il libro del destino, io sono il suo portavoce. Anche tu hai il tuo mezzo, il fine è comune» rispose indicando il mazzo di carte sul tavolino a fianco al letto. Notai subito che il mazzo era cambiato: non c'erano più cuori o quadri, ma disegni e simboli. «Sono una cartomante?» domandai divertita, lui sorrise con dolcezza. «Sono solo un mezzo, come le auree che vedi sulle persone. Il fine è lo stesso» ripeté. «Vieni cara, la tua mamma è un po' provata, potrebbe dire qualcosa di strano, ma non farci caso è colpa della commozione.» Mi girai verso la porta, dove l'infermiera stava accompagnando mia figlia, di ritorno da Manchester. Aveva gli occhi rossi e la sua aura era blu. «Che succede piccola?» chiesi triste. «Succede che sei una irresponsabile mamma! Mi sono preoccupata così tanto!» esclamò tirando su col naso. Scossi la testa. «Ma che dici piccola mia, guardami: sto una favola! Ho i miei amici qui a tenermi compagnia» commentai indicando i miei compagni di stanza tutti sorridenti. Mia figlia sgranò gli occhi, guardando di nuovo verso l'infermiera che tirò su le spalle con un'espressione di desolazione sul volto. Mi stava proprio antipatica 'sta donna. «Mamma che cosa dici, non c'è nessuno qui» singhiozzò mia figlia. Mi girai verso il signore-ultimo arrivato, lui mi sorrise: «Te l'ho detto collega, possiamo scegliere quando farci vedere.» Strabuzzai gli occhi, cercando tuttavia di rimanere quanto più normale agli occhi della mia spaventata bambina. «Sì, lo so sciocchina, è colpa della commozione» dissi marcando il sorriso, lei sospirò, sedendosi a fianco a me. «Non me ne andrò più in quella stupida Inghilterra, hai troppo bisogno di me» bofonchiò, la guardai di traverso. «L'appartamento dei tuoi genitori è ancora libero, no? Non pensi che si divertirà con le nostre signore?» domandò il signor Fanin appoggiando una mano sulla mia spalla. Improvvisamente una scossa mi salì su dalla schiena in una visione. Il mio collega annuì complice della mia nuova consapevolezza. «Che ne dici se ti leggo le carte Rirì?»

Nella tela di Arianna - COMPLETAحيث تعيش القصص. اكتشف الآن