5| Pomiciare con almeno otto ragazzi diversi in una sera

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Due anni prima

Mi stavo guardando ancora una volta allo specchio: il vestito blu che avevo comprato qualche ora prima in un negozio per taglie abbondanti, non mi convinceva già più. La scollatura a barchetta, proprio appena accennata, cozzava sulla forma morbida del seno, così come la lunghezza dell'indumento alle caviglie che spezzava doppiamente la figura, rendendomi ancora più tozza e brutta del solito. Sospirai, gli deve importare di quello che ho dentro, ripetei per l'ennesima volta. «Rirì, c'è un ragazzo che chiede di te alla porta» affermò mia madre entrando in camera mia senza bussare. «Come sei bella Rirì! Non farti vedere così da tuo fratello, altrimenti ve lo ritroverete da tutte le parti a spiarvi» aggiunse dandomi una spintarella. Sorrisi, ricambiano la spintarella. «È carino, vero?» domandai, lei annuì, sistemando i capelli dietro le orecchie, li tornai a posizionare sul viso subito dopo, uscendo dalla porta. «Non fare troppo tardi però, eh, e stai attenta» concluse mamma, dandomi un bacio affettuoso sulle labbra, come non avevamo mai smesso di fare da bambini ad oggi.

Appena uscii di casa, lo vidi, appoggiato sul fianco della macchina, vestito di tutto punto: Riccardo. Quando mi vide a sua volta, spalancò gli occhi e poi li corrucciò, indugiando sulla mia figura. «Qualcosa non va?» domandai, lui scosse la testa. «Sali», disse solamente, entrando dall'altra parte dell'auto. Capii subito che c'era qualcosa di sbagliato in lui, ma non ci diedi troppo peso, d'altra parte mi aveva chiesto di uscire così tante volte che non potevo non piacergli. Giusto?

Al ristorante, ordinò per me: un'insalata di cavolo e del petto di pollo, al contrario del suo primo gourmet e della tagliata all'aceto balsamico come secondo. Feci anche in questo caso finta di niente, perdendo anche quella poca sicurezza che avevo. Non parlammo molto, per lo meno, io non parlai molto, Riccardo lo fece per entrambi. Mi raccontò di voler comprare un bar per creare un nuovo ristorante vegano, perché il veganesimo sarebbe stato il futuro, un po' in ritardo come ragionamento, pensai, ma non dissi nulla, mangiando la mia insalata di cavolo. Io odiavo il cavolo.

Esattamente quaranta minuti dopo, eravamo in macchina, lui parcheggiò sotto casa mia, tentando di baciarmi. Lo lasciai fare, anche il bacio era noioso, non mi sfiorò nemmeno, dandomi un altro appuntamento per il martedì dopo. È timido. Lo giustificati e attesi il martedì dopo. Mi fece vedere il locale che voleva comprare: il proprietario del bar non aveva accettato la proposta ed era pieno di sconforto. Venne fuori che il proprietario era il mio capo, mi lasciai sfuggire la promessa di convincerlo a ripensarci. Il martedì successivo facemmo l'amore, tornai a casa in lacrime: non mi aveva guardata in faccia neanche una volta, quando riuscii a vedere il suo viso, l'espressione era quasi di disgusto.

Quella sera mi presi cura del mio corpo imperfetto, amandomi più di quanto Riccardo avesse mai potuto fare.

Oggi.

Seduti al tavolo della cucina, uno di fronte all'altro, eravamo increduli. «Cosa significa "vedo la tua aurea"?» domandò per la terza volta in venti minuti Francesco. «Intorno a te vedo dei colori, quei colori rispecchiano la tua personalità, il tuo essere, la tua anima. Dannazione, sentimi: parlo come mia madre!» sospirai amareggiata. Francesco annuì, ripetendo la frase "vedi la mia aurea", ancora un paio di volte. «Com'è successo?» domandò poi. Lo guardai di traverso: «Ah, tu me lo devi dire. Che cosa mi hai fatto stanotte? Io mi ricordo solo di essere salita in macchina con te» affermai severa, puntandogli il dito contro. «Come ti ricordi solo quello? Mi hai promesso che te ne saresti ricordata. Adesso dobbiamo fare qualcos'altro del quale te ne dovrai ricordare per sempre» esclamò, sbuffando. «Qualcos'altro? Vedo la tua aurea, non è già abbastanza?! Che cosa è successo ieri sera? Perché c'era la fotocamera davanti al letto? Ma soprattutto: abbiamo, uhm, dormito insieme?» domandai a raffica cercando di ricordare qualcosa. Francesco scoppiò a ridere. «Sapevo che avrei dovuto filmarti, non ci crederai mai ora. Mi hai chiesto di riprenderti mentre uhm... parlavi di fare un filmino hard» affermò divertito, sbiancai. «Io cosa? No, non è possibile! E tu, cioè, noi...» non riuscivo neanche a finire la frase per l'imbarazzo, al contrario di Francesco, le cui risate erano degenerate. «Tranquilla bambolina, anche da ubriaca mantieni comunque il controllo a livello maniacale: il filmino, lo volevi...come dire... Sì, insomma lo volevi fare da sola. Io sarei stato solo il cameraman. Ti ho fermata: non è successo nulla di pornografico» rispose scuotendo la testa, guardandomi tuttavia in modo malizioso. «Non farei mai sesso con una ragazza ubriaca, nonostante tu abbia continuato a ripetere che ti saresti ricordato tutto. E ti assicuro che trattenersi con te è davvero difficile: sei molto arrapante, Arianna» concluse, sussurrando l'ultima frase. «E allora, che cosa ho fatto di tanto allarmante da svegliare i miei geni sensitivi dal sonno in cui dovevano restare per sempre?» domandai, ignorando il suo tono. "Sei molto arrapante, Arianna" ripetei mentalmente. «Hai bevuto molto, ricordato e raccontato aneddoti del tuo passato e mi hai detto di essere follemente innamorata di me» rispose stiracchiandosi. Lo guardai male. «Non dire stronzate Franci» dissi seria, lui scoppiò a ridere: «Perché, non può essere?» Scossi la testa. «Non l'ho mai detto in vita mia, figurati se te lo vengo a dire a caso da ubriaca» commentai alzandomi per fare il caffè. Francesco ridacchiò. «Me lo hai detto: mi hai raccontato molte cose, Rirì» affermò alzandosi a sua volta, raggiungendomi ai fornelli. «Stanotte ho capito così tanto di te che non ti immagini neanche quanto ti conosca adesso» sussurrò alle mie spalle. Mi girai di scatto, trovando il suo viso a qualche centimetro dal mio. «...e credimi: non ti disferai di me tanto facilmente» concluse facendomi l'occhiolino, avvicinandosi pericolosamente. Inghiottii la saliva, aspettando una sua mossa, ma non fece niente di più che sorridere, dandomi un pizzicotto sulla guancia, rubandomi per un istante il respiro.

Nella tela di Arianna - COMPLETAWhere stories live. Discover now