Capitolo 4

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Quella mattina, Manuel fu svegliato dal rumore che più odiava al mondo, anche più della sveglia: la sua suoneria. Dopo tre volte in cui il suo cellulare squillò ma fu beatamente ignorato, Manuel fu costretto a rispondere, altrimenti quella tortura si sarebbe protratta in eterno.

Era pronto ad imprecare contro chiunque lo stesse disturbando nell'unico giorno della settimana in cui poteva svegliarsi tardi, quando lesse sullo schermo il nome della sua migliore amica. Conoscendola, se Manuel avesse risposto alla chiamata sbraitando, si sarebbe anche dovuto preparare a giornate di silenzi da parte di Chicca, che era tanto simpatica quanto orgogliosa.

"Pronto" si decise a rispondere, con la voce ancora impastata dal sonno e con il tono duro al punto giusto, per far sì che Chicca non si innervosisse, ma che allo stesso tempo capisse quanto Manuel fosse infastidito da quel risveglio.
"Alla buon'ora" lo canzonò la sua migliore amica, con un tono che rese chiaro che l'intento di Manuel di non farla arrabbiare fosse fallito.
"Chì, lo sai, oggi potevo svegliarmi tardi"
"Manuel, ma è mezzogiorno!"
"Ah"
"Eh"

A quello scambio così intelligente e costruttivo corrisposero le risate fresche e genuine dei due ragazzi. Era sempre così tra loro: ridevano per tutto e per niente, anche per le cose più stupide, con il solo obiettivo di portare leggerezza l'uno nel cuore dell'altra.

"Senti, ti va di andarci a prendere un caffè?"
"Si, però facciamo oggi pomeriggio? Sicuro mi' madre rompe se non pranzo con lei"
"Va bene, ma solo perché è Anita, eh. Non te ce abitua'" rispose Chicca con il suo solito tono da finta dura.

Così Manuel pranzò con la madre, la quale non mancò di fargli il solito interrogatorio sull'università così come faceva quando andava a scuola. La differenza è che ora anche il figlio era più aperto al discorso, perché sapeva di poterla rendere almeno un po' fiera di lui.

Dopodiché si preparò e uscì. Alla fine delle scale, però, mancò poco e Manuel sarebbe stato il protagonista di una caduta rovinosa causata dallo scontro con un uomo che aveva lo sguardo rivolto verso il basso.
"Mortacci!" scappò a Manuel
"Scusami, guardavo se questo fosse l'indirizzo giusto. Sei Manuel Ferro?"
"Seh" rispose scocciato.
"Allora questa lettera è tua. Buona giornata!"

Manuel si bloccò e nemmeno ricambiò il saluto. Sentiva una voglia viscerale di leggere subito la lettera di Simone, ma sapeva anche che Chicca non gli avrebbe perdonato un ritardo. Quindi fece affidamento a tutto l'autocontrollo che aveva e si incamminò, torturandosi di domande su cosa gli avesse risposto il suo amico di penna.

"Oh ce l'hai fatta!" Chicca era già seduta al tavolino del loro solito bar.
"Non te lamenta' ché ho fatto solo cinque minuti di ritardo"
"Eh perché a te essere puntuale non te piace proprio"
"No" rispose Manuel con un sorriso beffardo, chinandosi per lasciarle un bacio sulla guancia.

"Spritz?"
"Spritz"
Era un mantra. Alla fine prendevano sempre lo spritz, quindi non c'era nemmeno bisogno di chiederlo. Però a loro piaceva ripeterlo tutte le volte, un po' come a dire anche se non ci vediamo per giorni, non cambiamo mai, siamo sempre noi, io ci sono per te e tu ci sei per me.

"Allora? Che mi dici?"
"Pure tu col terzo grado?" chiese il ragazzo con un tono annoiato.
"Ao Manu se stai così meglio che lasciamo perdere e torniamo a casa" rispose Chicca, piuttosto frustrata.
"No, scusa. All'università tutto bene, invece a te come va il corso di pittura?"
"Benissimo" disse entusiasta "Stiamo studiando un sacco di tecniche che non conoscevo e andiamo in tantissimi musei meravigliosi, ma..." si fermò, notando che Manuel non le stava prestando molta attenzione "ma a te non frega niente. Mi dici che c'hai?"

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