Capitolo 5

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Manuel era sempre stato un tipo da festa. Al liceo partecipava a tutte le serate a cui era invitato e anche a quelle a cui non era invitato: era diventato un esperto nell'arte di imbucarsi.

Poi, d'un tratto, quasi senza accorgersene, si cresce. Manuel era cresciuto e cercava di evitare quante più feste possibili. Quella mattina, però, Stefano aveva impiegato almeno venti minuti a pregarlo di accompagnarlo, sostenendo che si sarebbero divertiti e che sarebbe stato il pretesto giusto per stare un po' insieme. Manuel non se l'era sentita di dirgli di no. Si sentiva molto in colpa per come lo stava trattando negli ultimi tempi. Forse si sentiva in colpa anche perché non lo amava.

Così, Manuel si ritrovò vestito di tutto punto, con un pantalone nero elegante che non metteva da almeno due anni e una camicia bianca. Inizialmente aveva tenuto aperti i primi due bottoni, ma poi pensò di essere ridicolo. Non ho più 15 anni, che cazzo sto a fa'? Quindi riabbottonò tutto, lasciando aperto solo quello del colletto.

Cercò di sistemare i capelli, ma fallì miseramente e si rassegnò ad avere un cespuglio scombinato in testa che se un uccello si appoggia non me posso nemmeno incazza' perché c'ha ragione. Quale uccello avrebbe potuto appoggiarsi sui suoi capelli, di sera e mentre camminava, non lo sapeva nemmeno lui.

Al suono del citofono, Manuel prese il portafoglio e si fiondò in cucina per dare un bacio ad Anita e per impedirle di andare a rispondere ché altrimenti facciamo notte. Scese in fretta le scale, perché non voleva che sua mamma si impicciasse dei fatti suoi, ma ovviamente, proprio mentre poggiava il piede sull'ultimo scalino, sentì una voce arrivare da sopra.

"Ciao! Tutto bene?"

Impicciona.

"Salve, signora! Tutto bene, grazie. Lei?" rispose sorridendo Stefano. Era la prima volta che parlava con la mamma di Manuel ed era un tantino nervoso
"Ma che signora! Chiamami Anita. Invece tu? Come ti chiami?"
"Stefano" rispose con un tono leggermente più triste rispetto a prima. Quella domanda poteva solo significare che Manuel non le aveva mai parlato di lui.

Manuel, che fino a quel momento aveva assistito a questa scenetta di conoscenza in silenzio, prese Stefano per mano e iniziò ad allontanarsi da casa.

"Ma' dai facciamo tardi. Non mi aspettare sveglia"
"Ciao, ragazzi. Divertitevi!" li salutò lei.

Appena svoltato l'angolo della strada, Stefano strinse più forte la mano di Manuel.
"Non mi saluti nemmeno?"
"Hai ragione, scusa" disse il riccio, che non ci aveva nemmeno fatto caso, poco prima di lasciargli un bacio a stampo.

Stefano, però, non disse nient'altro. Avrebbe tanto voluto chiedere a Manuel perché era così distante, ma allo stesso tempo aveva paura di rovinare tutto.

Quando arrivarono al locale, furono travolti dalla musica, il cui volume per Manuel era eccessivamente alto. Per arrivare al bancone del bar, si mischiarono tra corpi sconosciuti, rimanendo impelagati in quella matassa di braccia, gambe, sudore, movimenti, voci, pensieri. Manuel sentì le proprie gambe tremare; se avesse lasciato anche per un solo secondo la mano di Stefano, si sarebbe perso e probabilmente l'altro ragazzo non l'avrebbe più ritrovato.

Raggiunto finalmente il bancone, Manuel ordinò un negroni e Stefano un sex on the beach.
Ma chi cazzo beve il sex on the beach? fu il primo pensiero del riccio. Poi, con una faccia schifata e un'alzata di spalle che l'altro non aveva nemmeno notato, iniziò a bere il suo drink. Bruciava un po' in gola, ma a lui era sempre piaciuta quella sensazione. Lo faceva sentire vivo, presente.

CorrispondenzaWhere stories live. Discover now