Capitolo 7

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Per quanto ci stesse provando, Manuel non riusciva a dormire, né di giorno né di notte. E non riusciva nemmeno a muoversi dal suo letto, se non quando il suo corpo non glielo implorava, ma giusto per quei due minuti necessari per bere un po' d'acqua e andare in bagno.

Per il resto, stava diventando un tutt'uno con il suo pigiama, con le sue lenzuola, con il suo materasso. Con qualsiasi cosa inanimata, con cui pregava di fondersi per far sì che anche lui diventasse un po' meno uomo e un po' più oggetto non pensante. E ci stava quasi riuscendo.

La situazione era la stessa da giorni e ormai ci si stava quasi abituando. Alla fine che male c'è se me ne sto qua? Non do fastidio a nessuno, non rovino nessuno.

Quelli erano gli unici pensieri che volteggiavano nella sua testa. E a lui andava bene così: qualsiasi cosa pur di non pensare a ciò che aveva fatto con Stefano, ma soprattutto pur di non pensare a Simone.

Quel vortice di riflessioni, sempre lo stesso, che si ripeteva in continuazione, fu stroncato dal rumore dello sbattere della sua porta e da una voce furiosa.

"Manuel, ora basta!"

Il ragazzo, riconoscendo quella voce, strizzò gli occhi e sperò che magicamente sparisse anche la persona a cui apparteneva. Non gli era mai capitato di elaborare un pensiero simile riguardo la sua migliore amica, eppure in quel momento voleva solo tornare al suo silenzio.

"Apri gli occhi, lo so che sei sveglio. Co' me ste cose non funzionano" disse con un tono duro. A Chicca faceva male vedere la persona più importante della sua vita in quello stato, ma sapeva che con un atteggiamento più accomodante non avrebbe risolto la situazione.

"Lasciami stare, Chicca. Ti prego" supplicò l'amico.

"No che non te lascio sta', Manuel. Stai rinchiuso qua da non so quanti giorni. Non mangi. Non ti lavi e fidati che si sente una puzza terribile. Non rispondi nemmeno ai miei messaggi e alle mie telefonate. Si può sapere che cazzo è successo?"

"Non è successo niente" tentò Manuel.

"E credi che me la bevo 'sta stronzata? Daje Manu, non renderla più difficile di quanto già non lo sia"

Manuel sbuffò e aprì gli occhi nello stesso momento in cui Chicca si allontanò per alzare la serranda. La luce gli provocò un forte bruciore agli occhi e dovette aspettare qualche minuto prima di abituarsi.

"Allora?" Chicca sapeva di dover insistere e, a sua volta, Manuel sapeva di non poter sfuggire alle domande dell'amica.

"Simone è sparito" disse semplicemente. Dirlo ad alta voce gli fece male, più di quanto si aspettasse. La consapevolezza già era dolorosa, ma parlarne lo rendeva reale.

Chicca, per la prima volta da quando era entrata in quella stanza, gli riservò uno sguardo ricco di pietà.

"Manuel..."

"No, Chicca, te prego. Non dire niente"

"Ao ma sono o non sono la tua migliore amica?" Manuel rispose con uno sbuffo e con un cenno di assenso. "E allora me ne parli e cerchiamo di risolvere, come abbiamo sempre fatto" continuò la ragazza. Poi si ammutolì, aspettando che l'altro iniziasse a parlare.

Manuel era stanco anche se non aveva fatto niente. Era stanco di parlare, di spiegare, di respirare. Però sapeva che Chicca era lì perché gli voleva bene e non poteva semplicemente mandarla via.

"Chì, non c'è niente da dire. Nell'ultima lettera gli ho raccontato del mio coming out, perché aveva bisogno di consigli, e gli ho chiesto se gli andava di vederci. E poi niente, è scomparso. Non si è fatto più vivo"

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