Capitolo 1

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Raisa

Una volta, al di sotto di un romanzo, ho letto una frase che mi ha particolarmente trafitto:''Ci è sempre voluto molto coraggio per fingere di non sapere.''
Ho ingannato molte persone, simulato serenità e mentito per evitare seccature indesiderate. Sono sempre stata una ragazza audace, non mi sono mai lasciata trasportare dalla calca. Ho meditato con la mia mente, mai utilizzato le osservazioni degli estranei per renderle mie consuetudini. Al di là della precedente relazione, non calzo più le vesti del sesso debole.
Ho assimilato alcune regole molto importanti:
-Gli uomini di bell'aspetto, spesso, non sono gradevoli.
Un po' come il gelato ricoperto di cacao all'esterno e panna acida all'interno.
-Mai farsi coinvolgere emotivamente già dal primo appuntamento.
Palesa un finale con i fiocchi: letto, lenzuola e carnalità.
-Se indossa una camicia vuol comunicare solo un avvenimento: conto dimezzato.
Bella l'emancipazione, ma davvero si rinuncia così facilmente alla galanteria? Non trovo sia un dovere, ho più volte estratto il bancomat, tuttavia apprezzo questo tipo d'indole tradizionalista.
-Se pronuncia un nome, più volte, scappa.
È stato appena mollato dalla sua ex storica e cerca in te qualcosa che la raffigura.
Ho verificato in prima persona questa serie di mantra, senza ricevere occultamenti. Ogni uomo descritto si è rivelato negli stessi atteggiamenti. Qual è il mio preferito? Sicuramente il secondo genere, i donnaioli sono i più facili da dirigere, anticipi le loro mosse ed è fatta. Suppongono di essere l'onnipotente e reputano le donne oggetti da collezione. Clay era uno di questi ed io avevo solo sedici anni. Sono passati due anni, non l'ho ancora perdonato per avermi privato. Non mi sono mai scusata con me stessa, non volevo sottopormi a tale Inferno. Ho sopportato parecchio e, quando ho cominciato a sentirmi in gabbia, sono esplosa. Una bomba nucleare, un'arma atomica. Il dolore è stato intenso, vissuto e omesso. Incolpavo me in molte occasioni, non mi sono esonerata.
«Raisa!» sollevo lo sguardo dal bancone, raggiungo le iridi scure di Brianna. Osserva con timore il drink posto accanto alla tracolla, estraggo una banconota da venti e accolgo il sorriso sornione del barman. Non ho bevuto molto, non questa sera. Fronteggio le molteplici sagome e reggo il peso sul piede destro. Oscillo sui trampoli, Brì segue ogni movimento e cerca di arrestare il passo veloce. Il locale è gremito di persone, danzano sulle note di una melodia reggae-ton e cantano con accenti errati. Vorrei urlare e scalpitare, fuoriuscire tutta la frustrazione e la disperazione che provo.
«Non ti reggi in piedi, fermati!» pronuncia la mora. Brianna McHouse, oltre ad essere una delle mie migliori amiche, è la cugina più buona che si possa avere. Compagna di avventure, partner in decisioni affrettate e socia in affari. Include qualsiasi idea malsana e coinvolge anche la sottoscritta, single da tutta la vita e amante delle situazioni imbarazzanti. In sintesi? Una tipa fuori di testa.
«Se la portiamo a casa di peso? Può sempre tenerla David finché non raggiungiamo il parcheggio» ascolto attentamente, dischiudo gli occhi e cedo su uno dei divanetti. Il tono di Lillian è severo, rigido e forte. I capelli tenuti da una spropositata quantità di gel, la felpa nera e gli occhiali sul naso. Gli occhi azzurri su di me e le braccia a delimitare il seno inesistente.
«Non temete dolci donzelle, ci penso io!» a parlare è proprio Dave, braccia muscolose e tatuaggi in bella vista. Ulteriore categoria che non tollero? Quelli che fingono bontà d'animo. Non esistono uomini che ambiscono ad una semplice amicizia. Vogliono solo raggiungere la montagna senza percorrere la scalata. David è uno di questi, spera di essere superiore perché si è introdotto nella combriccola più illustre di Southdell. Percepisco le dita insistere sulla carne scoperta delle gambe, ghermisce il fondo del dorso e sovrappone la testa sul suo addome. Non mi compiaccio, non amo particolarmente il contatto fisico con altri. L'unica a cui è concesso avere un briciolo del mio amore è Nevaeh, mia sorella. La sorgente del buon umore, la parte razionale, la quota coerente.
«Raisa riesci a dialogare?» la solita Brianna eccessivamente melodrammatica, scuoto la testa e sghignazzo.
«Non sono tonta, ma ubriaca!» strascico le ultime lettere e svincolo la presa del giovane, controllo il grande piazzale in cerca dell'auto. Il cielo è scuro, il venticello gelido incappa sullo scollo. Stringo l'orlo del vestito e tiro giù la stoffa elasticizzata. Domani sarò ancora sbronza per tutto il whisky che ho bevuto, il mal di testa sarà perenne e rigurgiterò persino la cena di Natale. Estraggo un fazzoletto dalla borsa e ripulisco le labbra colorate di rosso, non verifico il percorso che sto compiendo. Cammino senza ostacoli, la testa china e il cellulare fra le mani.
«Raisa! Raisa, fermati subito!» urla Lillian. Blocco l'ascesa, scorgo una serie di omoni schierati in fila indiana. Aggrotto le sopracciglia, mordo il labbro inferiore e balzo a ritroso. Il tizio più grosso scatta in avanti, colpisce con violenza e crudeltà. Resto ferma, immobile. Solida davanti ad uno spettacolo spietato. La sbornia svanisce, la collera insorge violenta. Striscio lungo il muro, silenziosa e al sicuro. L'individuo spalmato sul cemento invoca il nome di Dio, chiede di essere risparmiato almeno questa volta. Urla disumane e il frastuono vistoso. La paura pulsa nell'epidermide, l'orrore è evidente.
«Cosa ti è saltato in mente?» bisbiglia Lillian a due centimetri dal mio naso, giro il volto verso di lei. Scuote l'anca e mi attira verso la parte opposta, non vuole intrufolarsi in diatribe che non le appartengono. Scruto la faccenda intrisa di liquido scarlatto, dilato le palpebre. Schifata e dispiaciuta, vago sull'unica sagoma sosta accanto al malcapitato. Spalle ampie, gambe longilinee e postura inflessibile. Il cappotto sfiora i polpacci, i palmi introdotti nei taschini ai lati. Non colgo ciò che afferma verso la gente, Brianna appiglia un lembo di tessuto e mi scaraventa sul muro bianco.
«Che cazzo fai? Andiamo via da qui...» spiffera in uno strepito. Il ragazzo conduce la visuale verso di noi, i ricci scuri pendono sulla fronte e gli occhi tetri diretti al mio vestiario.
Dubito che ci voglia coraggio per far finta di non comprendere, ma meglio non rivendicare l'onore di quel poveretto.

#spazioautrice
Ciao a tutti!
Sono tornata, ci sono.
Questo è il primo capitolo, spero vi possa incuriosire.
Fatemi sapere con un commento o con una stellina.
Un bacio, Fatima.🌻

𝑭𝒊𝒐𝒓𝒊 𝑵𝒆𝒍 𝑩𝒖𝒊𝒐.Where stories live. Discover now