Capitolo 12

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Raisa

L'eternità è il mare mischiato con la terra.

Sono nata il ventidue marzo, sotto il segno dell'Ariete. Il primo dei 12 segni dell'astrologia occidentale. Credo nell'oroscopo più di qualunque altra cosa al mondo e stamani, non prevedeva nulla d'egregio per la sottoscritta. Non ammetto bugie, tanto meno dalla mia migliore amica. Sottrarre alla vista una verità rilevante non è da omettere, l'atteggiamento schivo è da escludere. Suo padre non ha reagito e mi ha rammentato suo fratello alcuni anni fa, Zia Lyn è esplosa in un pianto disperato. E io? Ho assistito alla scena da spettatrice. Nessuna parola, nessuna frase di conforto. Solo un pressante silenzio. Non mi ha rivolto la parola durante l'intero tragitto, nemmeno uno sguardo colpevole o uno di scuse. Nel momento in cui avrà il desiderio di confessare le vicende di quella notte, il mio cuore sarà pronto ad ascoltare senza ribadire e senza reagire. Oggi è Mercoledì, ma non uno qualunque. Sorveglio l'ala ovest del locale, mia sorella è occupata con alcuni ragazzini e Lillian batte sulla cassa con noia. Miles non ha obbiettato quando Brianna ha chiesto alcune settimane di riposo. È stata rimpiazzata dalla mora con un'ambigua facilità, nessuna lagna da parte di Nevaeh. Sono seduta infondo all'ala est, di fronte alla vetrinetta farcita di dolci e sotto lo sguardo curioso di mia madre. Mordicchio ripetutamente il labbro inferiore, gioco con le falangi e stiro i jeans sulle gambe. Ho indossato dei pantaloni come aveva chiesto. Nessun vestito, eppure avverto la pelle esposta in più punti. Per l'occasione ho rimosso i soliti pendenti e infilato anelli costosi, mostrato la Louis Vuitton comperata alcune settimane fa e il sorriso ornato da fossette. Controllo l'ora sul pendolo, segna le venti e quindici minuti. Non sono puntuale r tanto meno petulante, ma in certi casi esigo massima precisione. Scatto in piedi, accenno un gesto alla mia amica ed emergo all'esterno. Il vento puntella le gote, un formicolio percuote la spina dorsale. Non ho conferito ciò che sto compiendo, l'altra notte è bastata un'attenuante valida per esonerare la mia assenza. Lillian non deve scovare chi è il cavaliere con cui mi allontanerò questa sera. Né Nevaeh, né mia madre. Digito velocemente un messaggio per annunciare che Dave sarà qui a momenti. Si, Dave. Non ho un ulteriore alibi e dopo l'ultima discussione non rinuncerà facilmente alla diatriba. Ricavo l'accendino dal cappotto e la cicca dal pacchetto, la carta brucia a contatto con la vampa. Aspiro senza fretta, osservo la saracinesca del negozio poco discosto dal nostro. Due nomi erano incisi sulla sommità, adesso solo due macchie nere e tante orme da non tenere al corrente. Non ripeterò due volte gli stessi errori. Sfioro con il polpastrello libero la collanina e bacio il fiore. Un mantra da compiere, un portafortuna donato pochi giorni dopo l'incidente. Emetto il fumo e chino il capo sulle sneakers linde. Il sorriso sdentato di Mirea spunta sullo schermo del cellulare, elimino le notifiche superflue e non replico alle supposizioni di David. Chiede di poter parlare, ma non voglio. Non può costringermi, lui è al corrente di ciò che gli Anderson adempiono. Rabbrividisco contro il cappotto, avvolgo la sciarpa stretta al collo. Sospiro, batto il piede con fare nervoso.

«Riesci a guardare oltre il tuo naso?» sollevo il capo alla stupida domanda. È in piedi, collocato contro il sedile della moto. Le mani intrecciate al petto e le gambe accavallate. Risiede dall'altro lato del ciglio, spalle incurvate e giubbotto in pelle. Non ho notato nessuno pochi minuti fa, sono sicura di aver controllato ogni angolo. Smorzo il filtro sulla statua di creta e percorro velocemente la distanza. Approdo in silenzio davanti alla figura, osservo meccanicamente l'abbigliamento casual e la barba curata sul mento. Stringo le labbra per non sorridere, non posso mostrarmi vulnerabile. Mai farsi coinvolgere emotivamente già dal primo appuntamento. È una regola base, non trasgredirla. Ispeziona ogni centimetro di carne, non lascia nulla e morde ripetutamente il labbro inferiore. Nessun effetto collaterale, colpisco me stessa e mi congratulo per non essere ancora capitombolata ai suoi piedi. È innegabilmente avvenente, scultoreo e proporzionato. Sprizza erotismo da ogni poro e la sicurezza che divulga non è da sottovalutare.
«Avrei potuto declinare il tuo invito con uno schiaffo» sollevo le orbite verso l'alto e stringo la cinghia della borsa contro il petto.
«Ma non l'hai fatto» ghigna sadico ed estende la mano.
Aggrotto le sopracciglia stranita dal gesto.
«Abbiamo cominciato in malo modo e non mi sono presentato. Sono Damen Anderson, ma credo tu sappia già tutto di me» strizza l'occhio ed ammicca palesemente al desiderio. Congiungo le dita, una stretta forte e decisa. Ignoro i brividi sulla pelle, incolpo i gradi rigidi di questo paese.
«Raisa Ugon e credo tu sia molto saccente» affermo, inclino la testa. Le labbra carnose sono raggrinzite e poco colorite, la luce del fanale illumina solamente un frammento della scritta sulla guancia. Interrompe il contatto, estrae il casco e lo porge alla sottoscritta. Roteo l'oggetto come se stessi osservando un satellite di ultima generazione.
«È semplice» ghermisce il giubbotto con una presa, batto contro il petto marmoreo. China le ginocchia e abbassa il busto, il naso a due centimetri dal mio. Percepisco il profumo speziato misto a quello fastidioso del tabacco. Inserisce la lingua fra i denti e morde il labbro con forza, la chiusura scatta e ghigna benevolo.
«Facile per te!» borbotto in un sussurro. Lo sterno vibra, maledico la schiettezza e ingoio la saliva. Tentenno per la distanza ridotta, qualcosa si restringe nello stomaco. Seguo ogni azione, monta in sella e irradia la carreggiata con i fanali. Rotea le chiavi, il motore fischia nei timpani. Acconcia i capelli corti con le dita e indossa il casco integrale, curva la schiena e attende che faccia lo stesso.
«Non l'ho mai fatto, non sono mai salita su una moto» spiego, arretro di qualche passo. Rammento la notte in cui ho creduto di morire, il volto di Mirea è apparso dinanzi a me. Clay continuava a pigiare sul pedale per dare gas all'auto, ero schiacciata contro i sedili, il cuore palpitava stremato e le mani erano serrate sui maniglioni della portiera. Le orbite estese e la bocca semi-chiusa. Protestavo e chiedevo a Dio che non fosse l'ultima notte da trascorrere sulla terra. Respiro a fatica, concentro l'attenzione solo sul moro. Mostro le fossette, scuoto il capo per eliminare ogni riflessiva negativa. Cede il palmo, ma non l'afferro. Senza rifletterci troppo arpiono la spalla destra, con una spinta sistemo il corpo posteriormente al suo. Colloco le mani sul grembo, la testa sul dorso caldo. Percepisco il battito irruento e l'irrequieta voglia di frenare qualsiasi emozione. Freme al tocco, ma non destreggia infastidito.
«Tieniti forte!» esclama, manovra la levetta e prende velocità. Emetto un grido sorpresa dall'impatto. Serro gli occhi e la presa sul giubbotto, annaspo per qualche secondo. Nascondo la testa nell'angolo della schiena e abituo il corpo alla pressione ricevuta. L'adrenalina fluisce nel sangue, le gambe formicolano, la mani gelide sono strette fra loro. Nessun briciolo di calore, eppure percepisco le gote arrossate e le labbra bruciare. Destreggia fra le auto con maestria, sosta a qualche semaforo e blatera parole blasfeme agli autisti. Sfiora distrattamente la pelle scoperta, nel momento in cui controlla il cellulare nella tasca interna. Non s'accorge del gesto, troppo attento a non coinvolgerci in un incidente. Piomba in un silenzio fievole ed io lo stesso, osservo il paesaggio circostante. Gli edifici illuminano la città, scorgo l'unico ponte e sollevo il capo alla vista di tale immensità. Southdell è davvero magnifica vista da lì, alcuni distretti sono disabitati e il gioco di luci è spettacolare. Attraversiamo molti campi alberati, decelera alla vista dell' insegna incrostata. Non ho mai guidato fin qui, questo non è paragonabile al quartiere in cui vivo. Le case circostanti sono malridotte e i giardini poco curati. Sosta nel parcheggio con calma, sfila il casco e attende un cenno da parte mia. Traffico con il gancio, emetto una serie di maledizioni verso il creatore di questi oggetti malefici.
«Guarda attentamente...» accosta i corpi e china il busto, scosta una ciocca di capelli e concentro l'attenzione sul viso squadrato. Non avevo notato il piccolo puntino sulla guancia destra, digrigna i denti e mostra la mascella tesa. Deglutisco visibilmente e solleva leggermente gli angoli della bocca, indietreggia e instaura una certa distanza.
«Da questa parte» indica un punto preciso. Cammino al suo fianco, noto come passo equivalga a dieci dei miei. È alto, molto alto. Schiude l'infisso con gentilezza. Il primo punto viene barrato: Gli uomini di bell'aspetto, spesso, non sono gradevoli. È oggettivamente superiore a qualsiasi ragazzo presente in questa sala, la galanteria è un pregio.
«Damen! Amico! Qual buon vento ti porta qui?» un anziano signore saluta l'uomo accanto a me con buffetto sulla guancia. Le luci soffuse confondono i tratti somatici, sgorgo il naso grosso e gli occhi piccoli.
«È da molto che non ci vediamo, come stai? Jeremy? Maddy?» molteplici domande fuoriescono.
«Stiamo tutti bene Alan, non preoccuparti. È possibile occupare la numero due e nessun paio di sneakers?» esita, ma non smette di sorridere. L'anziano, Alan, controlla le liste sul pc e acconsente ad entrambe le richieste del giovane.
«Non c'è bisogno che ti indichi la strada, conosci ogni centimetro di questo posto» dice, cede un bigliettino e una piccola chiave di metallo. Ci dirigiamo verso una delle stanze, solleva la serratura e il buio c'investe. Il cattivo odore inonda le narici. La sensazione di terrore invade le viscere, immobile contro lo stipite. Odio il buio, la paura fluisce ogni dubbio. Vuole uccidermi? Riversare del sangue e fingere che sia stato un suicidio? Rammento il corpo sommerso di liquido scarlatto, le grida di Simon Dowell e l'apatia di tale gesto. Presso le palpebre l'una contro l'altra, fallo adesso se è ciò che desideri. Stringo le cinghie di cuoio, le unghia conficcate nel palmo. Nessun suono finché non mostra l'abitacolo, flash colorati irradiano la pista da bowling. Le sfere colorate sono collocate in ordine cromatico, dalla più scura alla più chiara. Sulle pareti alcune foto panoramiche e oggetti costosi. Lui è a suo agio. Sfila l'indumento, il tessuto scuro della camicia risalta la carnagione scura e lo scollo a V mostra l'inchiostro presso sull'addome. La campanella d'allarme strimpella, tintinna come il segnale del cambio d'ora. Scrollo il potere dell'uomo Alpha, poggio sulle seggiole lo zaino e lascio scorrere il cappotto fino alle caviglie. Il top striminzito comprime il seno virtuoso, il pendente colloca l'attenzione su di sé. Perlustra ogni centimetro, ogni tatuaggio. Non cedo all'imbarazzo, gonfio le guance in segno di sfida. Respingo la sconfitta in tutti gli ambiti possibili.
«Pronto a perdere?» inauguro la serata, afferro la palla e lancio al centro del perimetro. I birilli cedono tutti sul parquet, sul monitor appare il primo omino sorridente.
«Strike!» roteo a ridosso delle strisce, ma lui non c'è più. Non è più accanto a me, ma dall'altro lato. Proietta e ghigna malefico, accosto la sagoma alla sua. Curiosa, inclino la testa e osservo gli elementi capitombolare al suolo.
«Strike per me, Raggio di sole» ghigna.
Incappo nelle iridi scure, profonde e inespressive. Nessuna emozione trapela, solo una massa di colore informe. Batte le palpebre a ritmo di musica, elimina la distanza con una falcata.
«Scommettiamo?» chiede, annuisco.
«Cosa?» tento.
«Un bacio».
«Se vinco devi darmi un bacio» parla piano come se stesse elaborando le parole emesse. Resto interdetta, scatto indietro come se mi fossi scottata. Cosa crede? Non regalo attenzioni, non sono uno stand dei baci al mercatino di San Valentino. Scuoto il capo, questo non è un patto equo.
«E io? Cosa ci ricavo?» afferra il mento con la mano destra, squadra l'intera figura. Gratta il retro della nuca con fare nervoso. Capelli, occhi, seno, gambe e infine...Sghignazza benevolo.
«Décolleté, décolleté nuove. Saint Laurent nuove di zecca, direttamente da Parigi» spalanco la bocca, acconsento senza riflettere. Chi rinuncerebbe a tale opportunità? Le desidero da tutta la vita e, se in cambio debbo riservare uno stupido bacio, lo farò.
Alle mie condizioni. 

#spazioautrice
Ehilá, come state?
IO BENE, esaurita ma bene. Ho cominciato i corsi e non appena ho un momento libero, mi intrufolo in camera per buttare giù qualcosa. Vi sta piacendo la storia? Cosa ne pensate? Io amo Damen, l'ho già detto? È il mio preferito.
Fatemi sapere con un commento o una stellina, oppure su ig: _fatimaonwattpad_
Un bacio da me e Damen.🙃🐞

𝑭𝒊𝒐𝒓𝒊 𝑵𝒆𝒍 𝑩𝒖𝒊𝒐.Where stories live. Discover now