Cap. I Il Grifone

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I suoi occhi seguivano la preda dinanzi a lei, non poco distante, oltre gli arbusti dove lei si nascondeva. Il cervo non aveva del tutto notato la sua presenza, il vento soffiava verso la predatrice, mentre pascolava e di tanto in tanto alzava pigramente la testa per osservare nel verde del bosco se c'era pericolo o silenzio.

Con passo felpato, la bianca cacciatrice, avanzò, attese il momento giusto, e saltò con grande forza oltre il muro di arbusti e atterrò sulla sua preda con i suoi artigli, morta prima di rendersi conto di essere attaccata. La cacciatrice tornò alle sue sembianze umane, alta quanto una donna umana, il corpo coperto da una leggera armatura in pelle, che le permetteva di muoversi liberamente, con una grande quantità di coltelli e tre spade, due spade corte, che portava alla vita una per lato e in acciaio, e una spada lunga sulla schiena, in argento. Portò la preda al suo campo, dove la spellò e preparò la carne per cuocerla sul fuoco, che illuminava un piccolo spiazzo circolare nel bosco, a mezzogiorno in un caldo di' dell'inizio estate. La cacciatrice sentì dei passi dietro di sé e portò la mano su un pugnale, girandosi di scatto per vedere un anziano uomo in vesti grigie. Grigio era il cappello a punta come anche il mantello e la sciarpa che portava, la barba bianca, il viso segnato dal tempo e un bastone alto quanto lui sorretto dalla sua mano.

"Astama! È questo il modo in qui grazi della tua ospitalità i viaggiatori?" chiese lo Stregone.

"Gentile da parte tua, oh Gandalf, giungere alle mie spalle, sapendo che bisogna procedere con cautela nel territorio di un Grifone." rispose lei.

"Molto non hai fatto che sorvegliare gelosamente il tuo territorio, non credi che qualche giorno di vacanza sia lecito?"

"Quale vacanza dagli Orchi, Gandalf? Pullulano in questi territori come avvoltoi su una carcassa. E chi dovrebbe fare il mio lavoro, se non io? Ma chi sono io per fare queste domande, all'illustre Istari dinanzi a me, sedetevi..." disse
Astama in tono scherzoso e indicò un tronco rovesciato a terra, al posto di una panchina. "...sentitevi a casa e raccontate cosa vi porta a parlare con una dei più spietati cacciatori in questi boschi e nelle favole dei bambini." disse lei ironicamente e si sedette sul ceppo dall'altro lato del fuoco e del tronco, dove il Mago si sedette.

"Suvvia cara, non è poi così male essere citata in innocui racconti per tenere i bambini a letto. Tu stessa non catturi persone e cavalli per poi mangiarteli in un boccone come si racconta." disse con una risatina che si spense subito. "Ma se vuoi sbarazzartene, ti consiglio di ascoltarmi bene."

Ed ora il Mago sussurrava, come se temesse che anche gli alberi o la più piccola formica sentisse ciò che ava da dire.

"Thorin Scudodiquercia." disse il Mago.

"Cosa vuoi da lui?" rispose lei cauta.

"So che puoi rintracciarlo. Devo parlare con lui di... faccende importanti, e molto segrete..." disse e fece una pausa.

"E di cosa si tratta, se posso chiedere?"

"Riprendere Erebor." disse con voce più bassa di prima.

"Ma... come intendi avere successo, con un drago vivo e vegeto su un cumulo d'oro, da cui non si sposterà neanche se gliene offrissero uno più grande?"si sorprese lei.

Le favole e racconti sempre l'hanno affascinata, e da ciò dipendeva il suo continuo viaggiare per terre ignote, dal più conosciuto bosco degli Elfi, dal più profondo reame dei Nani, al più remoto angolo dove si rifugiavano i Goblin, coi loro ripugnanti re, per cercare l'impossibile e il vero-simile. Ma questa missione le sembrava troppo pericolosa, troppo fuori di senno per giunta per una cercatrice di leggende come lei.

"Questo resterà da scoprire e, se mi aiuterai e farai venire Thorin al Puledro Impennato, a Brea, tu stessa potrai scoprirlo." continuò lo stregone.

La Riconquista del tesoro (Discontinuato)Where stories live. Discover now