Capitolo XI

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La luce del tramonto si riflette sulla sabbia rossa, i raggi del sole colorano l'aria.

Le gambe mi tremano, mentre il vento entra da sotto il cappotto. L'ho recuperato prima di abbandonare il corpo di Russell, voglio godermi la lana ancora un poco.

Inizio a intravedere gli spalti da lontano e la gabbia vuota.

Respira, Roxanne.

Mi tolgo il capello di Blender e lo getto a terra. Libero i capelli dalla coda: prima mi identificano e più possibilità ci sono che non mi sparino a vista. In fondo, sono solo un condannato a pericolosità uno. Stringo tra le dita la catenella di metallo, le piastrine tintinnano tra loro.
Il polso mi duole, lo zigomo pure. Ho paura di avere una costa incrinata dopo lo scontro con Fletcher. Arranco, appoggiando un piede alla volta, come fosse la prima volta che cammino.
Avvicinandomi agli spalti mi rendo conto dell'agitazione: le alte cariche del Governo sono in fibrillazione e attorno al recinto elettrificato gli uomini dell'esercito si alternano a quelli della Guardia Segreta. Sono tutti armati.

Qualcuno si accorge di me e grida per richiamare l'attenzione. In un attimo, la confusione sembra cristallizarsi e il silenzio m'investe. Sono senza armi, con le mani e i vestiti sporchi del sangue di Russell, i capelli e il viso ricoperti di terra e polvere.

Le cinque reclute superstiti capiscono che non sono una di loro, nonostante indossi i medesimi vestiti. Iniziano a inveire e urlare frasi sconnesse agli Istruttori. Gli uomini dell'esercito puntano le loro canne nella mia direzione, ma nessuno dà ordine di spararmi.

Sento le gambe cedermi a pochi metri dal recinto. Mi inginocchio a terra, deposito di fronte a me la collana della mia Caccia, come fosse un'offerta devoluta ai piedi di un altare. Fatico a tenere la schiena dritta e a non accasciarmi al suolo.

Sugli spalti Foster Cook litiga con Speed, gesticola con durezza, urlando frasi che non riesco a comprendere da questa distanza. Il Ministro della Propaganda è seduto, con un'espressione da cane bastonato. Lana tenta di sedare il padre.

Respira.

La paura si impossessa delle mie viscere. Non voglio morire, non voglio diventare un pasto per gli animali delle Canary Wharf. Devo stringere Johnny un'ultima volta e sentire ancora i racconti di Gary. Nessuno mi spara. La confusione diventa assordante, tutti sanno che è successo un disastro durante la Caccia, eppure non vogliono ammetterlo. Chissà se mi interrogheranno, prima di eliminarmi.

Daniel Harvey scende dagli spalti e ascolta i racconti delle reclute. Mi guarda: vedo i suoi occhi scuri incatenarsi ai miei.

Papà.

Il suo sguardo è indecifrabile, sovrastato dalle grosse sopracciglia nere. Vorrei essere più vicina e contare le rughe sulla sua fronte, come facevo quando mi sgridava; erano sette, prima che me ne andassi per sempre, quante saranno ora?

La voce dura e profonda del Rex richiama la mia attenzione. Dietro Martin Speed c'è l'unica persona che non vorrei vedere in questo momento.

William.

Sento gli occhi iniziare a bruciarmi. Non posso piangere ora.

Mi dispiace, William.

Chiudo gli occhi e mi torna alla memoria il momento in cui posò le labbra sulle mie la prima volta. Sento la sua voce che mi chiama Fanny. Non sono Fanny, non lo sono mai stata, sono solo un fantasma sbiadito dell'amore.

Vi prego portatemi via di qui. Non riuscirò a trattenermi ancora per molto. Sento il terrore salirmi dallo stomaco, il respiro farsi veloce e indomabile.

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