Chapter nine

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Immobile. Rimango immobile sulla soglia della stanza di Jason, come scioccata da quella vista. Non oso muovere un solo muscolo, perché so che se lo facessi mi crollerebbe il mondo addosso.

Jason e Isabela sono seduti sul letto accanto alla finestra. Le mani della messicana sono posate sulle sue gambe fasciate dai jeans, mentre il suo petto si struscia sul bicipite muscoloso.

Ho un'espressione a dir poco schifata e ogni mio nervo sembra essersi teso improvvisamente.

«Ciao, Charlotte. Vieni, entra.» mi invita Isabela, agitando una mano in aria per rimarcare il concetto.

"Vieni, entra?" Sta scherzando?

Non ho la minima intenzione di fare da terzo incomodo e interromperli mentre facevano chissà cosa. Fortunatamente ho ancora una dignità ben salda e non voglio farmi umiliare ulteriormente da Jason e dal modo in cui mi liquiderà senza alcun problema. Tuttavia, queste mie convinzioni vengono spazzate via in un batter d'occhio, non appena la voce piccata e a tratti impassibile di Jason pronuncia: «Che vuoi?»

Sgrano gli occhi incredula. Non può averlo chiesto davvero, non in un modo così arrogante. Eppure dovrei sapere molto bene che da Jason la prevedibilità è l'ultima cosa che ci si può aspettare. Non ho ancora imparato a non stupirmi per ciò che fa e, Dio, è una cosa così snervante.

Ridestata dai miei pensieri, avverto ogni lembo di pelle ardere dalla rabbia. Una rabbia causata non solo dalle sue parole, ma anche dalla loro vista. Proprio per questo, rifiutando con una nuova certezza l'opzione di andare via, lasciarli soli e offrire a Jason un ulteriore motivo per gonfiare il suo ego, avanzo di qualche passo nella stanza. Lo faccio con sicurezza, con forza, battendo gli anfibi neri sul pavimento e puntando un indice proprio contro di lui, che adesso mi guarda con la mascella serrata.

Sicuramente sa a cosa sta per andare incontro. Sto per riversargli addosso la mia furia, i miei principi e i miei valori, perciò... meglio che si prepari.

«Tu!» lo indico con fare aggressivo. «Non solo massacri di botte un povero ragazzo per chissà quale tuo folle e infondato motivo, ma per di più ti rivolgi a me con un arrogante "che vuoi?"!» Sono furiosa in questo momento, perché, nonostante io abbia ripetuto a Jason centinaia di volte che non deve prendersela con Adam e picchiarlo, lui non sembra darmi minimamente ascolto. Continua a farlo e ogni volta con più rancore di prima. «Non ti devi avvicinare a lui, hai capito?! Gli hai rotto il naso e ringrazia il cielo che non gli sia inclinata qualche costola!»

Continuo a urlare, sfogandomi completamente con lui, che mi guarda annoiato, quando a un certo punto delle parole fuoriescono dalla bocca dell'ultima persona volevo intervenisse. Isabela, infatti, scuote la testa e pronuncia con tono cauto ma infastidito:

«Charlotte, non c'è bisogno che tu dica questo. Ormai è fatta. Che c'è? Vuoi far sentire Jason ancora più in colpa?»

Ciò che sto provando in questo momento è un mix di emozioni difficile da comprendere persino per me: da un lato mi diverte la sua assoluta consapevolezza. Jason che si sente in colpa? Per Adam? Emetto uno sbuffo divertito.

L'altra emozione, invece, è la rabbia, la confusione, l'ira. Vorrei cucirle quella bocca e zittire la sua odiosa voce, così evita di intromettersi in argomenti che non la riguardano. E poi, la cosa che più mi infastidisce è il fatto che lo stia difendendo per... compiacerlo.

Proprio per questo, mi affretto subito a rispondere: «Mi spieghi cosa c'entri tu adesso?»

Il mio tono seccato la induce ad aggrottare le sopracciglia e a ritrarre il capo all'indietro, come colpita dalle mie parole. «Beh, lo stesso ruolo che hai tu. Io difendo Jason e tu Adam, qual è il problema?»

(Im)possibleWhere stories live. Discover now