Zanna...?

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Yoongi se ne stava stravaccato sul banco, poggiava il viso sulle braccia e le gambe erano volgarmente divaricate. Cercava invano di prendere sonno, all'inizio delle lezioni mancava ancora molto e lui non aveva nulla da fare.

Il giorno prima era tornato a casa presto, e una volta a letto aveva continuato a pensare al ragazzo incontrato nel parcheggio... aveva passato la notte a chiedersi perché lo avesse colpito tanto, e da qui si diramava in mille altri pensieri. Tanto che le ore erano volate, e tanto valeva lavarsi e andare a scuola.

E dunque era lì, mugulante per la scomodità, consapevole del suo destino. Proprio non se la sentiva di iniziare la scuola, tutte quelle stupide e inutili nozioni, non faceva per lui.

Pensò che fosse il caso di uscire e fumarsi una sigaretta, giusto per ingannare il tempo e sfogare la tensione. Ma non appena sollevò lo sguardo, esso si posò su un ragazzo, fermo sul luscio della porta.

"Tu... tu sei quello del parcheggio di ieri??" domandò incredulo, che razza di coincidenza o scherzo del destino era questo? Si insomma, non era un credente ma in quel momento non poteva che domandarsi come potesse essere capitato ciò.

"Si. Mi chiamo Park Jimin. Ho 17 anni e frequento questo istituto." rispose l'altro, con tono meccanico quasi senza pensarci troppo. Questo poteva risultare "strano" alle orecchie dei non abituati, tra cui Yoongi, che si lasciò scappare una risatina.

"Tranquillo Zanna, non devo perquisirti." lo punzecchiò, "Io sono Min Yoongi." concluse per poi estrarre una sigaretta dalla tasca.

"Mi chiamo Jimin, non Zanna. E fumare fa male, se vuoi ti spiego perché." il tono era il solito, ma stranamente privo di quella durezza caratteristica.

"Zanna è meglio, ti chiamerò così e non penso tu possa farci molto." lo squadrò Yoongi infastidito dal testa a testa, "E so che fa male, per questo non te ne offro una, coglione." concluse uscendo dalla classe.

Jimin non si mosse, era scosso. Perché quel soprannome? Perché quel ragazzo si trovava lì a quell'ora? Perché fumava se sapeva quanto fosse nocivo? Perché aveva usato quell'appellativo? Perché se n'era andato con fare così brusco?

La sua testa era stravolta da milioni di cose, era troppo. Si sedette, chiuse gli occhi e iniziò a ripetere sottovove: "Respira Jimin, va tutto bene". E se lo ripeteva, di continuo ancora e ancora. Lui ne aveva bisogno, era il suo modo di tenere le cose sotto controllo.

Non si rese conto del tempo che scorreva finché Yoongi tornò nell'aula, lasciando dietro di se un odore acre di tabacco bruciato. Jimin sollevò il capo, incrociando lo sguardo per la terza volta col compagno.

"Che stavi facendo?" domandò con tono distaccato Yoongi, "Mi calmavo." rispose Jimin come tutto fosse ovvio e non necessitasse di spiegazione. L'altro però non si intromise oltre.

Jimin prese a giocare con una ciocca dei suoi capelli bianchi come fosse un tic, fremeva dalla voglia di capire perché mai quel soprannome... Zanna? Cos'era? Un modo per deriderlo? Doveva segnalarlo? Eppure non gli sembrava così, ma c'è da dire che lui non era bravo a cogliere i segnali...

E mentre rifletteva sul dafarsi, piano piano la classe si riempiva di studenti. Rumore, chiaccere, stimoli. Stinse i pugni, strizzò gli occhi e isolò la mente: doveva farcela, lo aveva promesso alla madre. Lui quest'anno sarebbe rimasto a scuola, proprio come gli altri ragazzi.

diciassette occhiatacce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora