"Senti Zanna ormai sono quasi le 18, e il cielo sta diventando scuro. Se ti va posso accompagnarti a casa..." suggerì Yoongi premuroso. "Umh, va bene." confermò Jimin, sedendosi su uno sgabello, attendendo che finisse il turno dell'altro.
Così, in pochi minuti, si ritrovarono fuori dal locale: tirava un certo venticello e le luci dei vari negozi illuminavano quel vialone principale. A costeggiare la strada vi erano alti alberi sempreverdi, che davano un certo senso di protezione.
Sarebbe stato stupendo fumare in quel momento, pensò Yoongi, ma non voleva in alcun modo infastidire Jimin. Così, come prese il pacchetto in mano, subito lo ripose in tasca.
"Hai bisogno di fumare?" domandò l'altro; "No, preferisco camminare con te." rispose Yoongi, per poi scuotere il capo chiedendosi che razza di risposta fosse quella...
Più tempo passava, più i due si avvicinavano a casa del platino, nel totale silenzio, completamente a loro agio, uniti da quell'intimità. Tanto che a entrambi parve quasi di stare sereni.
Yoongi, in testa sua, si domandava perché gli fosse passata in mente l'idea di accompagnarlo. Non che gli dispiacesse, ma perché? E soprattutto, non avrebbe rinunciato mai a una sigaretta per nessuno, perché per quel ragazzino sì?
Dal canto suo, Jimin, si domandava perché la compagnia di Yoongi non lo disturbasse. Odiava stare con persone nuove, odiava il colore verde, odiava i fumatori, odiava essere in giro col buio, ma amava tutto di quel momento.
Con i cuori in pace, ma le menti confuse, i due giunsero in breve tempo a casa del più basso: "Allora ci vediamo domani..." lo salutò Yoongi, "Si, buonanotte." diede di rimando Jimin.
"Umh senti Zanna, a questo punto ti darei il cinque, il pugno o ti abbraccerei, ma sarebbero tutte cose che ti danno fastidio..." riflettè ad alta voce Yoongi. E l'altro lo fissava non capendo dove volesse andare a parare.
"Che ne dici se ci inventassimo un saluto nostro, qualcosa che non implichi necessariamente contatto fisico?" chiese il menta, pensando a un'alternativa carina.
"Potremmo scegliere una parola, o un gesto che per noi due conta..." continuò, era determinato a far capire a Jimin che per lui contava, pur non spiegandoselo.
A quel punto Yoongi parve avere un'illuminazione, e si toccò la fronte con l'indice. "Perpendicolare al mio dito, ma dentro il mio cranio, c'è l'ippocampo. È la zona del cervello dedita ai ricordi, alle memorie." si spiegò.
"Quindi, toccandoci qui, faremo capire che ci siamo pensando, che siamo nella testa dell'altro." concluse, spostando il dito dalla nuca. Assurdo, il ragazzo freddo e riservato stava cercando di creare un saluto segreto per un altro ragazzo che appena conosceva.
"Ho capito." sorrise lievemente Jimin, colpito dalla premura dell'altro. E, anche se con movimenti insicuri, portò l'indice al capo, a sua volta.
A quel punto i due si salutarono, col petto che quasi scoppiava... entrambi, seppur inconsapevolmente, stavano cadendo preda di una delle più pericolose sensazioni al mondo.
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diciassette occhiatacce
General FictionJimin contava involontariamente le volte in cui faceva contatto visivo con gli altri, Yoongi odiava guardare la gente negli occhi. I fatti narrati sono totalmente scollegati dalla realtà, si trattano temi delicati. Buona lettura :)