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Oltre le stelle

"La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha."
Oscar Wilde

Passò un mese dalla morte di mia madre, in questo lasso di tempo la vidi e ci parlai, come se fosse una cosa naturale.
Mio padre naturalmente non mi credette, anzi, mi prese per pazza, mi disse che avrebbe voluto portarmi da uno psicologo bravo, in grado di curarmi.
Perché prendermi per pazza?
Non era un problema mio se io la vedevo in continuazione.
Nonostante la gente mi continuasse a dire che non mi avrebbe abbandonata, lei lo fece.
Mi fece compagnia nei momenti bui; dove mi asciugò le lacrime e mi consolò.
Nei pochi momenti di felicità; dove si ritrovò a gioire nel vedere ciò che aveva coltivato con tutte le sue forze, ovvero me. Lei vi era, e continuò ad esserci sempre.
Non importava la figura, poiché non fosse realmente presente, ma la sua anima mi fu sempre accanto.
La sentii e le accarezzai sempre il velo in faccia.
Papà, in un mese non perse tempo a trovarsi una compagna.
Lui disse che la mamma era indimenticabile e insostituibile, infatti vidi i risultati, così se ne sbarazzò subito e se ne dimenticò.
La sua nuova compagna si chiamava Evelin, una signora sulla trentina, bionda, in forma.
Diede l'occhio di essere insopportabile, presuntuosa e possessiva, ma fu tutta apparenza, io la conobbi così, ma con il passare del tempo si rivelò totalmente un'altra persona.
Aveva un figlio, Jonathan, nonostante avesse un carattere parecchio contorto, ne fui sicura che fosse frutto del suo passato, infatti non lo biasimai.
E ahimè dovrò sopportarlo per il resto della mia vita, o fin quando mio padre e sua madre non si lasceranno.
Già, dovrò vivere con lui per il resto della mia vita.
Per quanto potesse essere gentile quella donna, conoscendola, pensai che mio padre fece un passo troppo affrettato, può darsi per sua volontà o per volontà della donna, ma fatto sta che mi fece parecchio male.
Come fece a sostituire una donna che amò per parecchi anni?
Arrivai al punto di pensare che per papà non fosse amore vero, e non riuscii a capire per quale motivo lui ci stesse ancora.
Per me?
Be', poteva benissimo lasciare mamma, così moriva con la consapevolezza che l'uomo della sua vita non l'amasse come credeva. Fossi stata io avrei sofferto lo stesso, in un modo o nell'altro.
Papà avrebbe dovuto sentirsi in colpa per tutto ciò, mi ritrovai a credere che a lui non interessasse più di tanto, si vide dal fatto che non perse tempo a cercare Evelin.
Mi chiesi se stesse con lei mentre c'era ancora mammaMi
sorse questo grande dubbio perché nell'arco di un solo
mese mi sembrava inverosimile che una coppia facesse
già progetti a lungo termine come un matrimonio e che
vivesse già insieme.
Fatto sta che mi ritrovai a dover sistemare le valigie con dentro la mia roba, per andare a vivere in un altro paese, dentro una casa dove abitava una donna che conoscevo a malapena, un moccioso viziato e infine colui che mi spezzò il cuore ovvero mio padre, un vero e proprio traditore ai miei occhi.
Mi ritrovai a dover lasciare la mia infanzia, tutta la vita di mamma e infine i miei amici, per la felicità di un uomo che non pensò minimamente alla mia.
Finalmente finii di sistemare la roba dentro la valigia, mi distesi per l'ultima volta sul mio letto dove passai la mia intera vita a scrivere decine di diari.
In un batter d'occhio mi ritrovai fra le braccia di Morfeo, dove ritrovai anche la mia mamma, sempre più bella e solare.
La vidi vestita con un vestitino di seta bianco, un paio di scarpe a schiava e infine i suoi particolari più belli; i suoi capelli biondi con i riflessi ramati al vento che diedero un segno di libertà e i suoi occhi ghiaccio, talmente profondi da perdercisi.
Dopo qualche ora, mi svegliai con il suono della sveglia del mio orologio che segnò il cambio dell'ora.
Si fecero le diciannove. Ormai era questione di pochi minuti
prima di intraprendere il viaggio per trasferirci da Evelin.
«Allora sei pronta?» mi disse l'uomo.
«Sì»
«La puoi smettere di essere così fredda? La mamma non vorrebbe»
Come si permise di nominare mia madre? Andai su tutte le furie.
«Non ti permettere mai più di nominare mia madre. La mamma non vorrebbe neanche vedermi stare così male per colpa tua, papà!»
Presi la mia valigia e la portai giù per le scale e arrivai alla porta.
Caricammo le valigie in macchina e partimmo verso quella che sarà la mia nuova casa. Durante tutto il tragitto non proferimmo nemmeno una parola.
Dopo due ore abbondanti arrivammo dinanzi un'enorme villa.
Mimai un "wow" con la bocca poiché era così bella ma altrettanto triste, d'altronde i soldi non fanno la felicità.
Per quanto bella potesse essere quella villa e per quanto potesse essere ricca quella donna, nessuno avrebbe potuto riportami indietro la felicità.
Entrammo all'interno del cancello elettrico.
«Ciao tesoro» mi disse Evelin.
Mi abbracciò, e io educatamente ricambiai l'abbraccio.
La donna salutò anche mio padre con un bacio a stampo sulle labbra, quest'immagine fu come un colpo al cuore, ma sorvolai. Mi sarei dovuta abituare.
Alzai lo sguardo e vidi alla finestra Jonathan, che non si degnò nemmeno di salutarmi, ma non mi interessò più di tanto.
La donna ci fece accomodare all'interno della casa.
«Questa adesso è casa tua»
Io annuii sorridendole.
«Vieni ti accompagno nella tua stanza così potrai metterti comoda»
«Grazie»
«Di niente»
Arrivammo al piano di sopra e la donna aprì la porta di un'enorme stanza tutta rosa e bianca.
«Eccola, spero di aver azzeccato i tuoi gusti»
«Hai fatto tutto questo per me?»
«Certo, se no per chi?»
Rimasi basita, lì dentro era davvero tutto come avevo sempre desiderato.
Al suo interno trovai un'enorme cabina armadio, una scrivania enorme e un comodissimo letto matrimoniale.
Posai la valigia sul letto.
«Luna qui c'è la stanza di Jonathan, se avrai bisogno di qualcosa, potrai chiedere a lui»
Per fortuna non avrò mai bisogno di lui. Pensai.
«Ok va bene» la ringraziai.
«Comunque puoi scendere, è pronto da mangiare» mi disse concludendo la donna.
Annuii.
Mangiammo della pasta al forno e della carne.
Io lasciai quasi tutto, come un mese a questa parte.
«Scusatemi, sono stanca, io vado a dormire»
«Certo cara, se hai bisogno di qualcosa chiedi. Ah Luna, domani andrai pure tu a scuola con Jonathan»
Non avevo pensato alla scuola sinceramente, ma mi vennero subito le paranoie.
Salii in camera mia spostai la valigia sul pavimento, non ebbi voglia di mettermi il pigiama e mi addormentai velocemente vestita.
Dopo qualche minuto mi vennero in mente le immagini che ormai mi accompagnavano le notti: mia madre felice.

A parte te nulla di specialeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora