1.Lo schifo

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Eijiro Kirishima's POV

Che schifo.

Tanta, troppa gente.

Perché mi avevano invitato? Non mi odiavano?

Perché non mi hanno semplicemente continuato ad odiare?

Erano tutti decisamente troppo estroversi per i miei gusti.

«Lo so che la vuoi un po' di torta! Dai! Assaggia!»

No Mina, non la voglio la torta, mi fa schifo la torta, oltretutto sono allergico al kiwi, mi vuoi uccidere?

Rifiutai educatamente, il mio pensiero era solo uno.

Che diavolo ci faceva lui lì?

Sembrava più... composto. Era calmo, parlava poco e si sistemava spesso gli occhiali per il nervosismo.

Quanti anni erano passati? Uno? Due? Come caspita aveva fatto a cambiare così radicalmente?

Ma certo.

Era stato lui.

Il mio bellissimo e fantastico lui.

Riusciva a cambiare le persone con un non nulla, a lui bastava un sorriso o una parola gentile.

Mi mancava, mi mancava molto.

«Amico! Dovresti tingere di nuovo i capelli! Il nero non ti dona!» come faceva Sero a non aver paura di me? Insomma, bastava guardarmi. Trasandato com'ero potevano scambiarmi per un senzatetto, che in parte ero, ma non era questo il punto.

Come glielo dicevo che i soldi e la voglia non li potevo trovare?

Oltretutto tingerli di rosso sarebbe stato un atto di ubris. Quindi che colore potevo fare?

Eccolo che cercava di catturare il mio sguardo. I suoi occhi rossi erano gli unici che mi dicevano la schifosa verità in faccia, io non gli piacevo.

Mi aveva notato altre volte, specialmente quando ammiravo lui da lontano. Del resto c'era sempre anche lui.

«Kirishima, lo so che forse sei un po' scombussolato dagli eventi di quest'anno, ma da parte di tutta la classe dico e penso che adesso sei migliore» Iida non la voleva smettere con quelle moine sul fatto che fossi venuto alla loro stupida cena di classe, attirando continuamente l'attenzione di tutti e facendo partire applausi a sproposito.

Mi alzai da tavola.

«Vado in bagno» era una traduzione per dirgli che me ne andavo, non era del tutto falso però quello che avevo detto, sarei uscito dalla finestra del bagno, ci mancava solo che coi pochi soldi che avevo dovessi pagare.

Stavo cercando di scassinare la finestra che sfiga ha voluto fosse chiusa a chiave. Qualcuno però entrò in bagno e io dovetti fare il disinvolto.

«Ti vedo, tu lo segui sempre, la devi smettere» era Bakugo, proprio lui doveva entrare in bagno?
«Non so cosa intendi» sbuffai e ritornai al mio processo di scassinamento, tanto lui non mi avrebbe fermato.
«Segui sempre il mio ragazzo, sai cosa intendo» disse infastidito.
«Non seguo il tuo ragazzo, capita soltanto che passiamo per la stessa strada qualche volta» come avrei voluto urlargli che non era il suo ragazzo ma il mio.
«Non puoi soltanto andare avanti?» sapeva che stavo mentendo. Fu lì che persi le staffe.
«Mi hai preso tutto, la casa, la famiglia e il ragazzo. Come pensi che possa anche solo riuscire ad andare avanti?» fermai il mio processo di scassinaggio.

Mi girai verso di lui aveva un sorrisetto beffardo.

«Sei come i bambini. Non ti ho rubato un bel niente, ti ricordo che era Deku che mi ha voluto come suo ragazzo» incrociò le braccia.
«Bakugo, non voglio parlare di questo, fammi solo scassinare questa finestra e uscire» ritornai a scassinare riuscii finalmente ad aprire la finestra.
«Lascia in pace Deku» non lo ascoltai e uscii dalla finestra.

Ed eccomi di nuovo lì, c'eravamo solo io, me stesso e medesimo. I soldi che mi aveva dato Shigaraki non mi erano serviti a niente.

Realizzai, se Bakugo era alla festa, allora Deku doveva essere alla base solo.

Potevo sfruttarlo a mio vantaggio.

Mi guardai, di certo non potevo andarci vestito in quel modo.

Rubare non era una cosa che facevo spesso, non era nel mio stile, ma in quel momento era necesario.

In poco tempo riuscii a procurarmi una felpa e un jeans carino, anche un po' di profumo, né troppo formale né troppo trasandato.

Sapevo esattamente quale fosse la finestra della camera di Deku. Mi sorpresi però quando sentii dei singhiozzi.

Mi affacciai alla finestra, Deku stava piangendo. Mi decisi che dovevo tirargli su il morale. Entrai dalla finestra e mi avvicinai cautamente a Deku, il quale era seduto sul letto e aveva la testa tra le ginocchia.

Mi sedetti di fianco a lui e subito mi abbracciò.

«Kacchan, certe volte le cose sono così difficili...» mormorò affondando il viso sul mio petto, non doveva aver capito che non ero Bakugo. Sembrò però accorgersene subito dopo. Mi spintonò e mi mise una mano alla gola munita di un quirk che rendeva le sue unghie affilate.
«Che ci fai tu qui?» lo disse in un modo così minaccioso da far paura, aveva ancora delle lacrime all'angolo degli occhi. Con il pollice le asciugai.
«Stavi piangendo e volevo consolarti» non c'era nulla di mortale in quello. Deku si calmò e allontanò la mano dalla mia gola.

Sospirò.

«Kirishima, non so se l'hai capito, ma io e te non stiamo più insieme, non puoi entrare nella mia stanza così. Aspetta. Ma da dove sei entrato?» mi guardò terrorizzato, forse pensava che avessi le chiavi.
«Dalla finestra» risposi. Il suo sguardo si fece ancora più terrorizzato, effettivamente sapere che chiunque potesse entrare in camera sua dalla finestra non era una cosa così rassicurante.
«Se ti può consolare è stato un po' difficile passare per di lì» questo rese il viso di Deku solo più sconcertato. Si mise le mani sul viso.

«Non farlo mai più, ti prego» sentii poco di quello che aveva detto perché le mani attutivano il suono, ma il concetto mi era arrivato forte e chiaro.

Ad un certo punto Deku si girò di scatto verso la porta di camera sua.

«È tornato Kacchan, esci subito di qui!»

Vi avevo promesso il sequel di "Come Delle Petunie" e infatti eccolo qui! Vi sta piacendo? Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Al prossimo capitolo!

<Come Dei Fiori Di Mandorlo>Where stories live. Discover now