In Bloom

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Alvin M.
Echi di Squarciagola
Proprietà letteraria riservata
L'opera è frutto dell'ingegno dell'autore
© 2015 AnarkyEditore
Via Marinotti, 40
09039 Villacidro
Seconda Edizione
Copertina T. H. Pinterest-04567871

Questa è la mia prima storia, se così merita di essere chiamata. Ero piccolo, non sapevo un cazzo di grammatica (non che ora ne sappia tanto di più), usavo il punto in modo spropositato e la punteggiatura  alla cazzo di cane. Caratterizzavo poco i personaggi, frammentavo troppo la narrazione, vaneggiavo alla grande e mettevo un dialogo ogni tremila anni. Eppure questa storia piacque: ai miei amici, ai miei compagni di scuola, ai miei compaesani, persino ai miei professori. Piace anche a me, mi ricorda i miei primi passi nel mondo della letteratura. Come dico sempre, non sono uno scrittore, solo un ragazzo a cui piace raccontare storie. Questa storia avrebbe bisogno di una revisione grammaticale e stilistica, di un buon editing insomma. Ma probabilmente perderebbe quel suo essere sbarazzina, proviancialotta, stupida e scritta di getto, senza pensare troppo. E non mi sento di privarla di queste cose, perchè mi ricordano me, intento a cominciare. A buttarmi in questa passione da cui non ci ho mai ricavato uno spicciolo, solo piccole soddisfazioni di tutti i giorni, come un: “Bravo! L'ho trovata davvero carina, continua a scrivere”. Quindi ecco a voi -Echi di squarciagola- esattamente com'è nata, come un flusso veloce, velocissimo di ricordi: Adolescenziali, sgrammaticati, frammentati, a volte confusionari e a volta carini e sinceri. Perché il punto di forza di questa storia è la sua semplicità, la sua sincerità, il suo essere eternamente giovane, il suo essere scritta da un ragazzino di diciotto anni, che faceva schifo a scuola e che per abbandonare le medie... Aveva avuto bisogno di cinque anni. Così come mio fratello, è una specie di tradizione di famiglia. Quando lasciaì la scuola il professore mi disse, che a me e a mio fratello, nella mitica scuola media Antioco Loru... avrebbero dovuto ergere una statua... dieci anni in due passati alle medie, stronzi come noi nessuno mai! Anche mia madre negli anni sessanta era stata bocciata due volte alle medie, il numero due è la maledizione di famiglia. Perdonatemi se questa storia non è granché, ma sono sicuro che vi entrerà nel cuore così com'è, come tutte le altre mie storie, provincialotta, dalla grammatica dimerda e completamente folle.
Vi aguro una piacevole lettura e vi voglio bene.                           Alvin M.
...
La prima volta che andai a casa sua, mi divertii come non mai. Eravamo nella camera vicino al garage, io stavo seduta sul divano scassato, invece lui era in piedi che suonava la sua chitarra elettrica. Aveva l'amplificatore al massimo e si muoveva in modo assurdo, come un pazzo furioso, come una canzone che sta sul punto di esplodere in riff distorti, brutali e lancinanti. Si agitava così tanto che la tastiera gli sbattè in faccia, procurandogli un taglietto sullo zigomo. Elena, la sua ragazza, lo guardava come se fosse un eroe. Alla fine, gli venne uno dei suoi soliti momenti di follia. Scagliò violentemente la chitarra sull'armadio e tirò un calcio all'amplificatore, si gettò a terra e si stracciò tutta la camicia.
Fece così tanto rumore da svegliare tutto il vicinato. "Sei un folle!" gli dissi, ridendo. Lui mi guardò con aria beffarda. Sua madre dal piano di sopra gli gettò un urlo: "Cos'è successo, Thomas? Hai rotto la chitarra?"
Le strillò di non dire cazzate. L'amplificatore era ancora acceso. Ne fuoriusciva un fischio assordante. Andai in bagno con lui e lo aiutai a disinfettarsi la ferita. Invece di usare l'alcol verde che non brucia, usai quello rosso, che brucia tantissimo. Lui gridò dal dolore, ancora e poi ancora una volta. Alla fine si stancò.
"Sei una puttana!" mi disse, dopo aver capito che l'avevo fatto apposta.
Ogni volta che volevo picchiarlo, faceva sempre un espressione dolce. Era la sua arma segreta. Credeva che così non l'avrei toccato. In effetti, certe volte non ci riuscivo, ma questa volta andò diversamente. Gli tirai un pugno proprio sotto il mento, e lui crollò a terra. Non era stato facile. Lui era il ragazzino più bello del mondo, e quando lo guardavi dritto in faccia, ti ipnotizzava. Sembrava uno di quegli angioletti che stanno sui quadri. Aveva dei lunghi e lisci capelli biondi, dei meravigliosi occhi verdi e un visetto così grazioso che ti faceva venire la voglia di mangiarlo, dai piedini alla testa.
"Perchè mi hai compito?" mi domandò, con una faccia che era una via di mezzo fra l'essere adirato e l'essere spaventato. "Te lo sei meritato!" gli risposi, furiosa.
...
Devi andare e diventare pazzo. Jimi Hendrix una volta disse così, e Thomas pare lo prese alla lettera, nella sua vita. A scuola litigò con il professore di matematica. Quest'ultimo lo rimproverò perchè stava ascoltando il walkman durante la lezione. Addirittura, fra i due ci fu una zuffa. Thomas gli tirò un violento pugno in faccia, buttò a terra un paio di banchi e poi cercò di buttarsi dalla finestra. Per fortuna il signor Vitale, il bidello, riuscì ad afferrarlo per la camicia e a farlo cadere sul pavimento. Se non fosse stato per lui, quel piccolo pazzo sarebbe morto. Ci fu una confusione allucinante. Per tenerlo fermo, dovettero prenderlo in quattro. E aveva solo tredici anni.
Il preside avvertì immediatamente la madre. I professori erano tutti scioccati. Se ne stavano nell'andito a parlare, a cercare un motivo valido che riuscisse a spiegare un comportamento così assurdo, un motivo che piegasse il perchè di tutta quella rabbia, di tanto disprezzo per una cosa importantissima come la sua vita. Era evidente che il ragazzino avesse dei gravi problemi.
Anche noi alunni eravamo rimasti abbastanza spaventati. Tutti conoscevano Thomas, e tutti sapevano un sacco di cose sul suo conto. Non era la prima volta che perdeva il controllo, e nemmeno la prima che cercava di farsi del male.
Al parco non andava a genio a molti, anzi, lo picchiavano tutti quanti, lo picchiavano per il suo modo di vestire, solo perchè era diverso da loro. Purtroppo la gente ignorante è dappertutto, e perciò sei costretto a conviverci. Tutti ne faremmo volentieri a meno, ma è la maggior parte della popolazione ad essere così: Le cosidette "pecore".
Le pecore hanno il cervello in comune. Pensano tutti le stesse cose, vestono tutti alla stessa maniera e ascoltano tutti la stessa musica. Sono incapaci di ragionare, monotoni, banali. Sono solo maledette pecore. Tornando a prima, Thomas la notte era stato visto un paio di volte anche entrare nel cimitero insieme ad Elena. In quanto sua amica, ero già al corrente di questo. Loro ci andavano a saltare sulle tombe e a rincorrersi l'un l'altra. A volte ci entravano tutti, tutto il nostro gruppo di amici, e cercavano di farsi paura a vicenda.
Era una delle tante cose che gli piaceva fare, come sedersi su un tetto a pensare se buttarsi di sotto, alterare la propria coscienza per paura di ragionare, fissare il muro per ore ed ore. Elena era talmente cotta di lui, che si faceva trascinare in ogni pazzia. Manifestava il suo carattere in un sacco di magici posti, che ora sono sempre più tristi. Ricordo di tante estati al fiume, all'anfiteatro dietro il cimitero, sul ponte in cui ognuno di noi ha inciso il suo nome: Elena, Andrea, Mauro, Hemil, Roberto, Celeste, Giulia, Desiree, Jemi, Daniele, le gemelline Filia, Marta, Giue, Picchio e Thomas.
Sotto il ponte si è prodotta una falla nella copertura, e tutti gli animali che ho intrappolato sono diventati i miei beniamini, e sto vivendo sfruttando l'erba e quel che piove del soffitto. Ma va bene mangiare pesci, perchè non hanno nessun sentimento.
Qualcosa nella strada mmh
qualcosa nella strada, si mmh.
Ci incidemmo anche questo testo di Kurt Cobain. Fu Thomas a farlo, e in suo onore chiamammo il nostro piccolo ponte "North Aberdeen Bridge", che era il nome del ponte in cui il leader dei Nirvana andava a dormire quando fuggiva di casa, quello che collega Tacoma ad Aberdeen negli stati uniti. Ma non erano le sole scritte che c'erano. Ne ricordo altre, come: Green River, Melvins, Screaming Trees, Soundgarden, Mudhoney, hello hello hello how low? Polly wants a cracker, come on over and to the twist, Floyd the barber, Afraid to grade, Rehab Doll, Come on Down.
Che riportavano nomi di gruppi rock, di canzoni, di album e spezzoni di testi. E poi ce n'era un altra che diceva: "Cobain è stato il più dodato autore di canzoni della sua generazione, è per questo che bisogna continuare a celebrarlo e non per una vita infelice ed una morte stupida". E se ci pensate un po' su, vi accorgerete che è la cosa più vera che abbiate mai sentito, la più vera.
...
Pasticciava la spalliera del letto. "Nirvana!" gridava. Rubava le sigarette alla madre e andava a fumarle dentro la piccola tettoia, in cortile. Mio fratellino l'ammirava molto. Un giorno, lo portai a casa sua. Chiedemmo a sua madre se era in casa. Come spensi il motorino, sentimmo il suo Marshall che pompava al massimo.
Lei mi guardò, e disse: "Per te c'è!"
Uscì a petto nudo, con un paio di jeans tutti macchiati di varecchina.
"Ciao" disse.
"Ciao Thomas" risposi. "Cosa stai facendo?"
"...Suono. Vieni dentro. C'è tutta la cricca".
Sarei voluta entrare, ma mio fratello si vergognava.
"Lo conosci, a lui?" gli domandai, gettando uno sguardo su mio fratellino.
"Sì, è un ragazzino coglione che studia alle medie" rispose. Mio fratello non se la prese. Anzi, sorrise divertito. Lo salutai e ce ne andammo. Nicola, così si chiamava mio fratello, era una delle poche persone che lo rispettava. Invece di chiamarlo "Satana" come facevano in molti, lui lo chiamava semplicemente Thomas.
Satana era un soprannome che la gente del paese, perlopiù i nostri coetanei, gli aveva messo.
La professoressa a scuola ci chiese il perchè di questo nomignolo. Una delle mie compagne disse che era per via della musica che ascoltava. Ma non c'entrava un cazzo. La maggior parte dei gruppi che ascoltava Thomas non erano satanici, fatta eccezione per i Black Sabbath e qualche altro. E comunque, tutto il rock è sempre andato più sul demonio. Era un nomignolo stupido e senza senso. L'ho sempre ritenuto uno scoppiato, un ragazzo vero. Non come quei coglioni che si vestivano trasandati solo per farsi fighi. Lui di musica se ne intendava sul serio. Non era un poser.
...
"Chi suona non può morire" questo mi disse.
"Tu sei una di noi".
Vedi che Thomas diceva tutto quello che gli passava per la testa? Sembrava uscito da un libro di James Matthew Barrie. Il tempo non esisteva per lui, né per Peter Pan, né per Mary Rose. Barrie fugge dal tempo e dalla realtà, si rifugia nell'eternità dei giovani sogni.
Mi piaceva leggere i testi di quel piccolo tredicenne. Parlavano di tante cose. Malinconici sensi del passato e della solitudine,confini imprecisabili tra il reale e l'irreale, denunce per un disagio giovanile. E le gridava, quando suonava con gli altri nello scantinato di Zac. E buttava a terra gli scaffali, e si accucciava mettendosi le mani sul viso. Tante volte gli ho chiesto di dirmi se era pazzo, ma se ne andava senza rispondermi. A volte gli piaceva sparire. Se ne andava all'anfiteatro da solo, a leggere Dylan Dog. Poi veniva al parco, nella zona sud, dove ci riunivamo tutti quanti.
Mio fratello qualche volta passava con i suoi amichetti e sbirciava nella nostra direzione, sentiva le nostre urla, le chitarre, e io so che un po' gli dava fastidio, perchè lui aveva sempre desiderato uscire con noi, aveva sempre desiderato essere amico di Thomas, e voleva saperne quanto ne sapeva lui in fatto di musica, voleva avere i cd che aveva lui e fare le cavolate che faceva lui. Lo invidiava, era geloso della sua immagine: Satana, il ragazzino bruciato, scoppiato, debosciato, pazzo, grunge, secondo quello che diceva la gente.
La maggior parte dei cd che noi avevamo, me li ero fatti prestare da lui e li avevo fatti masterizzare dal ragazzo di sua sorella. Ma quale Satana! Se lo sapevi prendere, era quasi un angioletto!
...
comunque, a volte lui e mio fratello parlavano.
"Come te lo sei rotto quel dente?" chiese un giorno a Nicola.
Mio fratello gli rispose che aveva fatto un pompino a Goku, e fu felice di averlo fatto ridere. Gran parte della cricca rise. Fu un mese prima del concerto dei Sonic Youth. Camminava suonando l'armonica al centro del piccolo spazio, o forse ci stava solo soffiando dentro. In quel momento, lo sguardo di Nicola apparve rapito. Cosa c'era, in quel ragazzino, che ci colpiva tanto? Perchè ogni cosa che faceva lui ci affascinava? Non era una cosa che succedeva solo a me o a Nicola, ma a chiunque gli stesse vicino.
"Ti piacciono le mie scarpette?" ghignò, rivolgendosi a me. Mi accorsi che ne aveva una rossa e una nera.
"Niente male!" esclamai. Poi arrivò Elena. Doveva andare all'anfiteatro con lei, si sarebbe portato dietro pure la sua chitarra classica. Un signore anziano gettò una sigaretta non ancora finita a terra. Thomas si chinò e la raccolse.
"Sei un coglione!" gridò Jemi, mezzo ubriaco. Jemi era un ragazzino che abitava nelle palazzine popolari, passava per uno dei migliori amici del biondino. E fra una risata generale, compresa la sua, fece un tiro e riprese la strada.
Fumare le cicche trovate a terra era davvero una cosa schifosa.
Il parco era molto bello, pieno di foglie morte intorno alle panchine. Praticamente, un tappeto d'oro e bronzo. Alberi altissimi, anche loro, qui oro e qui bronzo, con un po' di verde. Spesso era nuvoloso, ma era il tempo che io preferivo sia per l'atmosfera che si creava, tono di leggenda, sia perchè mi metteva di buon umore.
Pioveva quel giono di tanto tempo fa, ma si suonava lo stesso, perche se suoni non puoi morire e neanche i tuoni ti possono colpire. Che rima di merda.
...
la chitarra nera della sorella giaceva sotto l'albero, in cortile. Era l'estate del millenovecentonovantaquattro. Thomas la spaccò sul muro mentre suonava, accompagnato da un pezzo dei Nirvana alla stereo. Con sua sorella ci litigò parecchio, per questo. Anche a lui dispiacque, perchè nell'album dei ricordi c'erano parecchie foto sue mentra la suonava. Rimase a guardarla a lungo prima di raccoglierla. Quando stava ancora muovendo i primi passi nel mondo degli accordi ed era riuscito a fare qualcosa di buono gridava sempre: "Sono il re del mondo!"
E lei era sempre stata li con lui, all'anfiteatro con Jemi, al parco suonando Cotton Fields. Un giorno me la fece vedere.
"Ora è brutta, ma una volta, cazzo, era bella!" mi raccontò. Il suo modo di parlare era schietto e sincero, e poi il tono della sua voce lo faceva sembrare un esaltato. Ti faceva capire tutta la sua passione maniacale per la musica.
La seppellì nuovamente e si sedette sulla poltrona rossa che c'era dentro la piccola tettoia in cortile. Alle sue spalle c'era un piccolo poster di Kurt Cobain. Non una novità, visto che la sua camera ne era piena. Li di solito fumava le sigarette che rubava alla madre.
Era tutto fracassato perchè la sera prima, tornando dall'anfiteatro con Hemil e il suo motorino, Donald, sbattè addosso ad un fuoristrada. "Fanculo!" strillava, perchè gli faceva male. Se fosse stato sobrio, non sarebbe accaduto, ma la storia non si fa con i "se". In un modo o nell'altro si faceva del male. In camera accese l'amplificatore e fece un pezzo dei Vaselines, "Son Of A Gun". Diceva: "Il sole splende in camera da letto mentre giochiamo, comincia sempre a piovere quando vai via".
...
Ascoltavamo tantissimi gruppi, ma uno in particolare: era l'era dei Nirvana. Eravamo praticamente stregati da loro. Segnarono un momento bellissimo della nostra adolescenza. I primi ad ascoltarli furono proprio Mauro e Thomas. Mauro era un goffo ragazzino con i capelli lunghi scuri e gli occhiali neri dalle lenti un po' spesse. Il biondino un giorno era nella sua solita cameretta al piano terra. All'epoca aveva nove anni.
Sua sorella Desirée era al piano superiore che li ascoltava. Rimase affascinato da quella musica e così salì. La canzone era "Drain You". Come aprì la porta sua sorella gli disse: "Vattene via, questa non è roba per te".
Da quel giorno cominciò ad interessarsi a quella band comprando giornali, poster in edicola e prendendo di nascosto gli album a Desirée. E li ascoltava per molto tempo, e ancora, con il suo stereo scassato, che per farlo funzionare aveva bisogno sempre di qualche schiaffo. E seguiva con la chitarra quei pezzi rabbiosi e spesso malinconici. All'epoca era quella color legno, con un adesivo dei formaggini Susanna sopra. Era la sua prima chitarra elettrica. Era stato suo padre a fargli vedere qualcosa. Quando aveva solo sei anni, gli fece vedere i primi due accordi, e lui andò avanti da solo. Da perfetto autodidatta.
Qualche tempo dopo conobbe Jemi e, ormai un piccolo genio, insegnò a suonare a lui nelle tante giornate passate in quel posto pieno di scritte, dietro il cimitero. E grande fu lo stupore di Desirée, una sera. Sentirlo suonare "Polly", "Rape Me" e altri pezzi della band di Seattle, o più precisamente di Aberdeen, le fece capire che doveva aver ascoltato i suoi cd; ma non ne fu adirata, anzi era così bello vederlo suonare, che fu orgogliosa di lui. Anche Mauro sapeva suonare quei pezzi, anche a lui piacevano da pazzi. Loro due contaggiarono a poco a poco: Andrea, Roberto, Elena, Giue, Hemil e il cerchio andò sempre più allargandosi, anche con altri due ragazzini, Massimo e Giovanni, che più avanti comunque avrebbero tradito quella musica, quello stile di vita. I tempi delle medie erano pieni di inizio. Inizio di non so cosa, magari di un affascinante storia. Fu li che Zac arrivò, una sera, e non andò più via, come quei sogni che fai d'estate.
...
Io conobbi Thomas grazie a mio fratellino. Un giorno, si aggregò a due suoi compagni di scuola, e scesero tutti a casa sua. Credo che il fatto che ci affascinava tanto di lui, fosse che aveva una sola faccia, mentre molti ne hanno più di una. Ne hanno una che usano nella vita privata e un altra che usano quando sono in mezzo alla gente. Lui non era così, era sincero.
Giocarono a ping pong e rischiarono di far crollare la moto del signor Jr, due volte.
Tirava la solita atmosfera strana. Io la chiamavo dei bei momenti, di eterni ricordi. E come quando sei contento per qualcosa e vedi tutto magico e divertente, oppure quella che si crea quando ascolti grunge: è una sensazione così debole che un niente riuscirebbe a spazzarla via. Per la prima volta si trovavano in quella casa di periferia, dove in futuro avrei passato i più bei momenti della mia vita. Ad un certo punto il tredicenne si girò verso Nicola e disse:
"Ehi ragazzino! Vieni con me che mettiamo un po' di musica".
È la frase che ancora oggi Nicola ripete sempre. Lo ricorda come se fosse accaduto ieri. Tutti quei cd, quei poster, riviste, cartoline...
"Ti sei davvero rincoglionito con i Nirvana!" esclamò.
"Minchia!" rispose Thomas, come per dire sì.
"Anche noi abbiamo tanti poster, però non li appendiamo".
"E che te ne fai se non li appendi?"gli domadò il biondino.
"Giusto!" annuì Nicola, era una buona domanda. Non ricorda che cd mise. Però la serata, dopo, continuò in cortile. Era sempre nuvoloso e si sentiva la fantastica aria di pioggia che respiravi fino infondo, nell'anima, e il vento fresco ti accarezzava il viso e squoteva forte le chiome degli alberi. Ti riportava indietro.
Niente aveva più senso, solo rimanere li con lui, a parlare di musica in eterno, o per sempre.
"Ti piace questa canzone?" domandò Francesco, il compagno di scuola di mio fratello, a Thomas. La cosa divertente che fece ridere tutti, era che la canzona a cui si riferiva, era una scoreggia che aveva appena mollato. E fu una risata incredibile. È li che il tempo avrebbe dovuto fermarsi: sulla felicità di quel lontano millenovecentonovantasei; perchè se il tempo va avanti, diventi triste. Preferiamo un po' tutti ridere e scherzare lontano dai brutti momenti, dal triste passato e dai pesanti doveri. La fine arrivò poco dopo. Si mise a suonare la chitarra seduto sul letto, e tutti ascoltavano in silenzio. Nicola doveva tornare a casa, però prima di andarsene tornò indietro per ben due volte per chiedere a Thomas: "Questa è Smells, vero? E poi Polly?"
Thomas annuì tutt'e due le volte. Capì così che anche lui ascoltava i Nirvana. Nicola prese la bici e corse a casa a tutta birra, contento come non mai. Solo una sonata di pianoforte poteva descrivere quel momento. Mio padre andava pazzo per Beethoven. Diceva che quando ascoltavi la sua arte potevi arrivare a perderti, tutte le emozioni si raggruppavano nella tua testa. Spettrale, debole, irraggiungibile, meravigliosa musica.
Come arrivai a casa, ecco mio fretellino lanciarsi contro di me. Parlava talmente veloce che non si capiva niente.
"Ho conosciuto Thomas Jr!" urlava. "Ero a casa sua. Dovevi vedere quei cd! Il muro, completamente ricoperto di poster e poi suona davvero forte! Ne sa troppo di musica, ne sa troppo di musica!"
...
Che altro dovrei essere?
Tutte scuse
che altro dovrei dire?
Tutti siamo gay
che altro potrei srivere?
Non ne ho il diritto
Che altro dovrei essere?
Tutte scuse
nel sole, nel sole mi sento unico. Nel sole, nel sole sposato, sepolto
Vorrei essere come te che ti diverti con poco
Trovo il mio nido di sale
Ho sbagliato tutto
Mi assumerò ogni colpa
Acquatica vergogna di schiuma marina, Scottatura solare con scottatura glaciale
Sto soffocando le ceneri dei nemici di lei
Dopotutto questo è ciò che tutti siamo
Nel sole, nel sole mi sento unico
Nel sole, nel sole
Sposato, sposato, sposato, sepolto
Sì, sì, sì
Dopotutto questo è ciò che tutti siamo
Dopotutto questo è ciò che tutti...
Dopotutto questo è ciò che tutti siamo
All Apologies (Nirvana, In Utero,1993)

Dopotutto questo è ciò che tutti siamoAll Apologies (Nirvana, In Utero,1993)

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